Didier Pironi, traditore di Villeneuve o grande campione Ferrari?

Didier Pironi, traditore di Villeneuve o grande campione Ferrari?
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Paolo Ciccarone
La storia di Didier Pironi, pilota Ferrari con una vita già segnata dall'inizio. L'amicizia con Villeneuve in Ferrari, poi la rottura gli incedenti in F1 e una fine tragica
11 gennaio 2016

E’ stato un pilota che ha diviso il tifo, da un lato chi lo considera un traditore di Gilles Villeneuve, dall’altra un pilota che non poteva fare diversamente. Quando si parla di Didier Pironi qualcuno storce la bocca, aveva tutto, all’inizio, per entrare nel cuore dei ferraristi, poi ha perso quel qualcosa di sano e intoccabile perché la morte di Villeneuve, in Belgio nel 1982, è stata una conseguenza del modo di intendere le corse di Pironi. Una risposta eccessiva a un tradimento. Il tempo per chiarirsi non c’è mai stato e questo ha segnato la percezione di Pironi negli occhi dei tifosi. E anche gli incidenti successivi, tre mesi dopo, sembravano quasi un segno del destino. In Germania Pironi ebbe troncata la carriera in F.1 per essere decollato sulla Renault di Prost. Solo che a differenza di Gilles, morto in circostanze analoghe, la sua Ferrari resse abbastanza da consentire la sopravvivenza di Didier. E qualche anno dopo, con il decollo tragico e fatale in una gara di off shore, è sembrato quasi che il destino si fosse compiuto. Una sorta di strada già segnata che ha reso quel 1982 un anno unico nel panorama mondiale, un anno che dovrebbe essere raccontato in un film degno di Rush. Tutto cominciò con un comunicato della rossa: “La Ferrari ha ingaggiato per la stagione 1981 il pilota italo-francese Didier Pironi che affiancherà Gilles Villeneuve”. Poche righe, a fine 1980, per dire che a Maranello si cambia.

Pironi, il pilota italiano a Maranello

E lo si fa sottolineando quel particolare sulla nazionalità del nuovo arrivato: italo-francese. Un vezzo che mai, in precedenza, era stato riservato ad alcun pilota della Ferrari, neanche a Mario Andretti che col Grande Vecchio aveva un rapporto molto profondo. E questo sottolineare la nazionalità di Pironi arriva proprio quando da più parti si chiede a gran voce un pilota italiano a Maranello. Nell’arte della comunicazione Enzo Ferrari è ancora un mago, è saldamente al comando delle operazioni e giocando sull’origine friulana del pilota francese, lo mette nero su bianco. In modo da evitare inutili e sterili polemiche sulla nazionalità dei piloti della rossa. Quel 1981 è un anno molto importante: la Ferrari ha deciso di seguire la tendenza generale e ha lasciato da parte il classico motore 12 cilindri boxer, che ha vinto l’ultimo mondiale nel 1979. Il nuovo motore turbo compresso della 126 C è stato messo in pista durante le qualifiche del GP d’Italia, corso a settembre del 1980 a Imola nelle mani di Gilles Villeneuve, ma la stagione che parte deve far dimenticare i problemi dell’anno prima. Enzo Ferrari vuole una coppia di attacco e Didier Pironi è certamente un pilota d’attacco, come ha dimostrato proprio in quel 1980 al volante della modesta Ligier Ford, con la quale ha vinto il suo primo GP in Belgio. E poi c’è Gilles Villeneuve, una garanzia in fatto di spettacolo, un po’ meno nella messa a punto, arte invece che sembra esaltare le caratteristiche di Pironi. A Maranello, intanto, l’ingegner Mauro Forghieri, progettista della 126 C turbo, confida a Enzo Ferrari i propri dubbi e le proprie certezze: “Avremo momenti belli, ma sicuramente ne avremo altri molto meno belli e difficili di fronte a questo nuovo regolamento”.

Fatto sta che si imbocca la nuova strada, si affronta la sfida con gli inglesi, in fatto di effetto suolo e telai, ma anche con i francesi della Renault che hanno aperto la nuova strada. La 126 C ha infatti un motore turbo e non più aspirato a 12 cilindri, in questo modo si può progettare una vettura con lo spazio nei fianchi della monoposto per sfruttare al massimo l’effetto suolo creato dai tubi Venturi, che si vengono a formare nelle fiancate. Ma in quella stagione c’è un regolamento che vieta le minigonne mobili, divieto aggirato dalle squadre con dei correttori di assetto, per cui ai box la monoposto rispetta le regole, salvo poi abbassarsi quando in pista le fiancate strisciano per terra e ripristinano l’effetto suolo. In Argentina la prima ad adottarlo è la Brabham di Nelson Piquet. La Ferrari si adegua in attesa che la federazione faccia chiarezza sulle norme. Intanto Didier Pironi comincia il lavoro di sviluppo ma incontra delle difficoltà di comprensione. Mentre Gilles Villeneuve parte a razzo giocando col pedale del freno e dell’acceleratore, Pironi rimane spesso ingolfato al via. Il ritardo del turbo porta Gilles a giocare col piede sinistro sul freno e col destro sull’acceleratore, Pironi guida in maniera tradizionale e il ritardo di risposta del motore si paga in termini di tempo sul giro. Gilles capisce le difficoltà del collega, che ritiene un amico, e si confida. Pironi gli passa delle dritte sulle regolazioni dell’assetto. La coppia sembra funzionare bene ma, mentre Villeneuve vince a Montecarlo in maniera rocambolesca e in Spagna in maniera autoritaria, Pironi parte stentando. Al primo GP della stagione 81, a Long Beach, finisce soltanto decimo. Villeneuve si ritira, ma con quella partenza a razzo fa sognare i tifosi che rivogliono una Ferrari competitiva.

Dai box viene esposto il cartello “slow” rallentare, come dire che non vale la pena correre il rischio di ritirarsi per cedimenti meccanici

La guerra tra le squadre

Per Pironi ci saranno altri due ritiri in Brasile e Argentina. I primi punti con la Ferrari li marca nel GP di San Marino, concludendo al quinto posto. Non è molto, ma dopo tre gare a secco è importante per il morale. A Montecarlo, mentre Gilles vince con la rossa, prima vittoria di un motore turbo nelle stradine del principato, Pironi conclude al quarto posto. In F.1 si capisce che è cominciata l’era del motore turbo, perché la vittoria di Villeneuve e il piazzamento di Pironi convincono tutti che si tratti ormai del motore del futuro. Per Didier la stagione prosegue senza grossi acuti: alla fine ci saranno ancora due quinti posti in Francia e a Monza. La Ferrari ha chiuso la stagione con due vittorie di Villeneuve, che va sul podio anche in Canada in una corsa spettacolare e incredibile. La Ferrari ha imboccato la strada per tornare al vertice e lo staff tecnico prepara per la stagione 1982 la 126 C2, evoluzione della 126 con una veste aerodinamica rivista, minigonne e condotti Venturi efficienti, motore ancora più potente. Il 1982 si annuncia come l’anno del ritorno al mondiale della Ferrari. Didier Pironi capisce che qualcosa è cambiato e non ha nessuna voglia di fare il gregario, come gli è accaduto suo malgrado nella stagione 81. L’anno, però, comincia nel modo sbagliato per via della guerra che vede contrapposti da una parte la federazione, che vuole introdurre un cartellino per i piloti e questi ultimi che non ne vogliono sapere. A Kyalami, per la prima corsa della stagione, ci sarà uno sciopero generale che rientra dopo le promesse del presidente Jean Marie Balestre che, subito dopo il GP, sospende tutti i piloti! E’ una guerra che coinvolge anche le squadre, che appena pochi mesi prima hanno raggiunto un accordo sulla spartizione dei premi (grazie alla mediazione di Enzo Ferrari) che ha fatto stilare il famoso patto della Concordia.

Le acque però sono agitate, qualcuno cerca di fare il furbo. Dopo un avvio disastroso in Sudafrica, in Brasile Pironi conquista i primi punti dell’anno col sesto posto, ma al traguardo, dopo le verifiche tecniche, si scopre che il vincitore Piquet con la Brabham e Rosberg con la Williams, usano dei serbatoi illegali per riportare le macchine in peso. Il regolamento prevede che si possano rabboccare i liquidi persi durante la gara e le due squadre (con la Tyrrell) a fine corsa rabboccano dai 20 ai 30 kg di acqua, ufficialmente per compensare quella persa per il raffreddamento dei freni, mentre in realtà è un sistema per riportare nel peso minimo una monoposto che ha corso sotto peso per tutta la gara. La Ferrari decide di provocare una reazione e a Long Beach, terza gara della stagione, schiera le 126 C2 di Villeneuve e Pironi con un doppio alettone posteriore. Mentre il canadese finisce al terzo posto e viene poi squalificato, Pironi è costretto alla resa. Le lotte politiche sono al massimo storico, nonostante gli accordi raggiunti sulla carta, in realtà fra le squadre inglesi e quelle cosiddette legaliste è battaglia aperta. A Imola c’è il GP il 25 aprile, ma al via ci sono solo le scuderie legaliste, con l’eccezione della Tyrrell che ha uno sponsor italiano e decide di partecipare schierando lo stesso Michele Alboreto.

Il cartello slow e il tradimento

La tensione è altissima, di macchine competitive oltre alle due Ferrari e alle due Renault turbo non ce ne sono. Nei box si raggiunge un accordo: per metà gara si cercherà di dare spettacolo, sorpassandosi e poi ridando la posizione iniziale, in modo da tenere desta l’attenzione degli appassionati davanti alla TV. Al via e per i primi giri tutto fila liscio, poi le due Renault di Arnoux e Prost si ritirano. In testa rimangono le due Ferrari di Villeneuve e Pironi. Dai box viene esposto il cartello “slow” rallentare, come dire che non vale la pena correre il rischio di ritirarsi per cedimenti meccanici. Villeneuve obbedisce, Pironi invece continua con le schermaglie: infila il canadese alla Tosa, Gilles pensa allo spettacolo e si riprende la posizione. Invece è un duello vero e proprio e Villeneuve lo capisce negli ultimi giri quando Pironi gli chiude la porta in tutte le curve e gli impedisce di passare. Gilles capisce che se forza la mano, le due Ferrari rischiano di uscire di pista. Quello che era un amico, un compagno di lavoro, diventa a un tratto un traditore per Villeneuve. La Ferrari fa la doppietta, Alboreto sale sul podio, ma il viso di Gilles non fa presagire nulla di buono e i rapporti si rompono. Due settimane dopo, in Belgio, Villeneuve muore durante le qualifiche, la Ferrari ritira la monoposto di Pironi che torna in gara a Montecarlo. La pressione su Didier è enorme, perché una parte dei tifosi lo ritiene responsabile della morte di Villeneuve, di averlo tradito. Sui pelouse il tifo si spacca e a chi applaude il pilota francese che entra ai box, altri fischiano.

Paletti non riesce a evitare l’ostacolo fermo e tampona con violenza la Ferrari di Pironi. E’ un attimo e la tragedia è vista in mondovisione

La tensione è alta, ma la corsa è una vera lotteria. A pochi giri dalla fine Alain Prost, che è al comando, va a sbattere alla chicane. Prende la testa Riccardo Patrese, ma va in testacoda. Gli subentra De Cesaris, ma il romano resta senza benzina sotto al tunnel e deve rallentare di colpo lasciando il comando a Pironi con la Ferrari, ma anche il francese ha un mancamento sul finire e Patrese si riporta al comando vincendo la gara davanti alla Ferrari e a De Cesaris! Il piazzamento però consente a Pironi di portarsi in testa al mondiale, posizione consolidata poi nel GP Usa Est a Detroit con un terzo posto. Si arriva a Montreal, gara di casa di Gilles Villeneuve e l’opinione pubblica è divisa come i tifosi della Ferrari sulla responsabilità morale di Pironi. Il ferrarista segna la pole position, ma al momento del via, le tensioni si scaricano in una mancata partenza. Il gruppo sfila quasi compatto dietro alla Ferrari ferma in griglia, solo la Osella di Riccardo Paletti, che partiva in ultima fila, non riesce a evitare l’ostacolo fermo e tampona con violenza la Ferrari. E’ un attimo e la tragedia è vista in mondovisione: dal muretto dei box la mamma di Paletti vuole gettarsi in pista, viene fermata da una amica che le impedisce di correre e togliere il figlio dalle fiamme. Pironi esce illeso dalla sua Ferrari ma è scosso.

Come Villeneuve, ma si salva

Paletti viene trasportato in ospedale a Montreal, ma morirà poco dopo, la corsa riprende e la doppietta delle Brabham di Piquet e Patrese non importa a nessuno. Due settimane dopo la Ferrari decide di completare i ranghi e chiama Patrick Tambay al fianco di Didier Pironi, che a Zandvoort ritrova il bandolo della matassa e vince la gara. Il mondiale appare sempre più vicino, la Ferrari continua a mantenere un ritmo che i rivali, Williams e Brabham, non riescono. Fino a quando si arriva a Hockenheim per il GP di Germania. Didier segna la pole position ma l’ultima sessione è caratterizzata dalla pioggia. Sul lungo rettilineo che porta al motodrom la Ferrari del francese decolla sulla Renault di Alain Prost, che procedeva lentamente nel giro di rientro ai box. E’ una nemesi: l’8 maggio Villeneuve è morto a Zolder in uno stesso tipo di incidente. Il 7 agosto tocca a Didier Pironi, che però si salva la vita anche se ha subito delle gravi fratture alle gambe. Didier ci metterà del tempo per far rimarginare quelle ferite.

Una vita già segnata

La sua carriera di pilota di F.1 è finita, ma Pironi scopre le gare off shore e vi si dedica con lo stesso impegno profuso al volante della sua Ferrari. Ma il 23 agosto del 1987, cinque anni dopo il drammatico incidente con la rossa a Hockenheim, decolla ancora una volta con la sua barca: ricade a terra di traverso e muore sul colpo. Finisce così la vita di Didier Pironi, tre vittorie in F.1, 4 pole e un titolo mondiale sfumato nella stagione più incredibile del mondiale F.1 dei tempi moderni. Dal debutto con la Tyrrell Ford nel 1978 all’ultimo GP, sono state 70 le gare che lo hanno visto al via. Ma la sua sfida alla morte è continuata anche dopo, senza però riuscire a vincerla. Quando si rilegge il passato con occhio distratto, sorprende vedere che per qualcuno la strada fosse già scritta. E oggi, di Cicciobello, come veniva chiamato Pironi all’epoca per il suo aspetto paffuto, in pochi si ricordano e se lo fanno, rimuovono il pensiero ricordando Gilles Villeneuve e quel GP di Imola 1982, con un podio fatto di ricordi e di amarezza per chi non c’è più.

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