F1, Daniil Kvyat: «Ho imparato molto dal mio periodo di crisi»

F1, Daniil Kvyat: «Ho imparato molto dal mio periodo di crisi»
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Paolo Ciccarone
Kvyat è reduce da un periodo decisamente non facile; il pilota della Toro Rosso ci ha raccontato come ha reagito e ci ha svelato quali sono i suoi obiettivi per il futuro
23 settembre 2016

Il pilota della Toro Rosso, Daniil Kvyat, è reduce da un periodo decisamente difficile: dopo aver iniziato il mondiale con la Red Bull, scuderia con cui ha colto due podi, uno nel 2015 e uno nel 2016, Kvyat è stato protagonista dello scambio con Verstappen, ritornando in seno alla scuderia di Faenza, in cui aveva militato per due stagioni. Quando lo incontriamo, la prima domanda sorge spontanea.

Quest’anno eri partito benissimo; con Red Bull hai fatto grandi cose. Ad un certo punto ti lasciano a piedi. È il Gran Premio di Spagna, e il tuo sostituto va a vincere. Da quel momento cosa è scattato nella testa di Daniil Kvyat?

Daniil Kvyat: Prima di tutto non penso che mi abbiano lasciato a piedi, perché ho avuto un posto in Toro Rosso, quindi sono rimasto comunque in Formula 1 con un buon team, in cui mi trovo bene. È successo quello che è successo, non vorrei tornare troppo indietro e parlare di queste cose abbastanza negative per me. Per quanto mi riguarda è un capitolo chiuso. Ho imparato tante cose grazie a quello che è successo; ho compreso che non sempre i risultati in pista ti regaleranno il successo. Adesso sono in Toro Rosso e mi godo ogni giorno della mia vita e il mio tempo in Formula 1. Darò il mio meglio per il mio team e per le persone come Franz (Tost, team manager della Toro Rosso, ndr), il mio ingegnere e gli sponsor che mi hanno supportato e a cui sono molto grato.

C’è stato un momento in cui dal punto di vista psicologico sembravi distrutto; ci hai messo qualche gara a riprenderti. Come hai fatto a ritrovare il filo, il ritmo, la grinta, la capacità di rinascere?

È abbastanza semplice capire che non è stato facile per me, ma anche questo serve a liberarsi dal passato. Ci è voluto un po’ di tempo, ma adesso mi sento abbastanza libero. Per questo non vorrei toccare troppo questo argomento.

Qualcuno ti ha dato una mano in quei momenti difficili?

Come dicevo prima, ci sono tante persone intorno a me che mi hanno supportato. Durante l’estate ho fatto altre conoscenze, che mi hanno sostenuto molto. La mia vita mi piace.

Però è stato un momento in cui hai capito che il tuo futuro potrebbe assumere varie forme. Tu vuoi correre perché sei un appassionato, quindi il tuo avvenire lo immagini ancora in Formula 1. Probabilmente in quel periodo di difficoltà hai cominciato a costruire materialmente il prosieguo della tua carriera…

La mia dedizione è stata decisamente messa alla prova: questo momento mi ha fatto capire che quello che faccio è la mia passione, nonostante tutto quello che è successo. Io vivo nel presente; ho imparato dal passato, e il futuro è oggi.

La mia carriera non è mai stata facile, ma ho sempre lottato e continuerò a farlo. Il cambio generazionale non mi interessa. Per quanto mi riguarda, ci sono solo io e basta

In Formula 1 sta avvenendo un cambio di generazione. Massa si ritira, Button anche, e l’anno prossimo potrebbe essere il turno di Alonso e Raikkonen. Tocca a voi giovani; cosa può servire per imporsi in una fase di transizione come questa?

Solo il lavoro e la passione in pista. La mia carriera non è mai stata facile, ma ho sempre lottato e continuerò a farlo. Il cambio generazionale non mi interessa. Per quanto mi riguarda, ci sono solo io e basta.

Il cambio di generazione, però, fa sì che si liberino dei posti nei top team. Si aprono quindi nuove possibilità di carriera. Tra tutti questi grandi campioni, che tu vivi da vicino, hai imparato qualcosa? Per quanto riguarda la guida devono insegnarti poco, ma per l’atteggiamento fuori dalla pista, il rapporto con gli ingegneri e la stampa, invece?

Certo, è normale guardarsi intorno, vedere come si comportano gli altri. Ogni pilota vuole essere visto in un certo modo, e l’atteggiamento dipende anche da quello. Non puoi imitare gli altri; io sono me stesso, è facile dirlo ma difficile farlo.

La cosa più bella e quella più brutta che hai fatto finora in Formula 1?

Sia le cose belle che quelle brutte fanno parte della vita…

Ma ci sarà un ricordo particolarmente bello…

Sì, ho colto due podi finora, con due macchine non particolarmente competitive. Ho corso tante gare molto belle, ma ho anche commesso tanti errori. Fa tutto parte della vita, però. Non ho rimpianti.

Magari però il rimpianto di essere andato via da Roma, dove hai abitato a lungo, ce l’hai…

Chiaramente Roma è sempre nel mio cuore, così come l’Italia, un paese che mi ha dato molto, forse più di altri. Ora vivo a Monaco.

A proposito di Monaco, mi dicono che a Fontvieille (quartiere di Monaco, ndr) non te la cavi molto bene con il carrello; ogni tanto vai a sbattere contro le vecchiette…

(Ride) Sì, c’è un supermercato piuttosto grande, e mi perdo. È una specie di labirinto.

Visto che in quel supermercato ci sono tutti i piloti di Formula 1, cosa fate, le gare con i carrelli?

No, ci salutiamo e ci chiediamo “Perché mi hai rotto l’alettone?”.

La mia dedizione è stata decisamente messa alla prova: questo momento mi ha fatto capire che quello che faccio è la mia passione, nonostante tutto quello che è successo

Ma cucini tu a casa?

Quando ho tempo sì.

Cosa cucini?

Riso, pasta, carne, pesce; un po’ di tutto.

Cucina italiana?

Diciamo europea. Tutti quelli che assaggiano i miei piatti mi dicono che cucino bene...

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