Formula 1, la vera storia di Jody Scheckter - II Parte

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Paolo Ciccarone
La seconda parte della vera storia di Jody Scheckter, Campione del Mondo nel 1979 con la Ferrari
10 febbraio 2016

Ci eravamo lasciato con l'arrivo, nel 1979, di Jody Schekter in Ferrari, al fianco dell'Aviatore, Gilles Villeneuve. I due sembrano molto diversi, la fama di Jody non è delle migliori in pista. E tanto per non smentirsi, nel primo GP di quella stagione, il GP d’Argentina, comincia subito con un incidente terribile, in cui viene coinvolto anche Nelson Piquet. La Brabham del brasiliano centra in pieno la Ferrari del sudafricano e si accorcia di 60 centimetri. Si teme per Piquet, invece Nelson ne esce indenne anche se dolorante.

In Belgio Scheckter firma la sua prima vittoria con la Ferrari, due settimane dopo a Montecarlo bissa e sfruttando la rottura del semiasse della vettura gemella di Villeneuve, si porta al comando del mondiale

Le Ligier volano, Laffite vince le prime due gare della stagione. La Ferrari in Brasile si difende con un quinto posto di Villeneuve e il sesto di Scheckter. Primo punto al volante di una Ferrari. La 312 T4 non è un mostro di efficienza rispetto alle rivali, ma ha tre grossi pregi: è guidabile, affidabile e potente. L’ideale per i piloti che possono utilizzarla al meglio, trovando subito i migliori compromessi e in Sudafrica e Long Beach la musica cambia decisamente. Villeneuve vince entrambe le gare davanti a Scheckter. La doppietta delle rosse fa spostare l’ago della bilancia. Scheckter sfrutta la sua esperienza e cogliendo una serie di piazzamenti porta a casa dei punti, anche se il regolamento di quella stagione prevede che si possano accumulare e contare per il mondiale i migliori 4 piazzamenti di ogni blocco di sette e otto gran premi.

In Belgio Scheckter firma la sua prima vittoria con la Ferrari, due settimane dopo a Montecarlo bissa e sfruttando la rottura del semiasse della vettura gemella di Villeneuve, si porta al comando del mondiale incrementando il vantaggio sul canadese. Unica battuta a vuoto, in quella fase del mondiale, arriva in Francia, con un settimo posto, ma poi Jody riprende la marcia trionfale: un 5 a Silverstone, due quarti in Germania e Austria, un secondo in Olanda, vigilia della gara decisiva di Monza. Nel GP d’Italia la Ferrari può chiudere il discorso mondiale. Enzo Ferrari ci terrebbe tantissimo, ma ci sono da fare i conti con le Renault turbo che, dopo aver vinto la prima gara a Digione, si stanno dimostrando sempre più veloci. Occorre che la squadra lavori all’unisono. Chi a inizio anno aveva scommesso sul rapporti fra Scheckter e Villeneuve, ha perso da tempo la somma puntata.

I due vanno d’accordo, si scambiano opinioni, fanno comunella insieme, specialmente quando da Montecarlo devono andare a Fiorano a provare le novità tecniche. Quando guidano Gilles e Jody, la polizia stradale dell’Autostrada dei Fiori se ne accorge, viste le sfide che i due inscenano ad ogni occasione. A Monza, però, serve un sacrificio: Gilles Villeneuve, in teoria, potrebbe ancora vincere il mondiale, ma come chiedere al canadese di rinunciare a favore del compagno di squadra? Non ce ne è bisogno: Villeneuve parla con Scheckter, si confida con la squadra e si dichiara d’accordo. A Monza la Ferrari lotterà per portare a casa il titolo mondiale. Dapprima giocando sul ruolo di attaccante di Villeneuve contro le Renault, e poi al momento opportuno sul sacrificio di Gilles. Il campione conosciuto fino a quella stagione, il Jody Scheckter orso, irascibile, scontroso, non c’è più. A Fiorano è stato conquistato dall’ambiente, dai tifosi della rossa, dal calore del pubblico italiano. Jody scherza e parla italiano, è disponibile, è uno dei tifosi.

I due vanno d’accordo, si scambiano opinioni, fanno comunella insieme, specialmente quando da Montecarlo devono andare a Fiorano a provare le novità tecniche. Quando guidano Gilles e Jody, la polizia stradale dell’Autostrada dei Fiori se ne accorge, viste le sfide che i due inscenano ad ogni occasione

Quando parte il GP a Monza le due Renault scattano davanti, ma l’avvio di Gilles Villeneuve fa tremare i polsi ai tifosi in tribuna. Lo show dura fino a quando la prima Renault, quella di Arnoux, si ferma per rottura del turbo. Tocca poi a Jabouille mollare e finire nelle retrovie, le Ligier non sono vicine, le due Ferrari giocano in casa e Scheckter arriva al traguardo scortato come un’ombra dalla vettura di Gilles Villeneuve. Vittoria nel GP di casa, doppietta e titolo mondiale piloti e titolo costruttori! È una esaltazione generale che a Monza non si vedeva dal 1975, quando il titolo lo vinse Niki Lauda, la gara invece Ragazzoni, ma stavolta è diverso perché c’è l’eroe dei tifosi, Villeneuve, che col suo gesto ha regalato alla squadra un titolo incredibile, e c’è Jody Scheckter che finalmente corona il sogno di una vita. Qualcosa scatta però nella mente del pilota sudafricano. Dopo aver corso al limite per anni, aver rischiato tutto il rischiabile, adesso che ha coronato quel sogno comincia a pensare. E dal suo ufficio di Maranello comincia a pensare anche Enzo Ferrari…

La stagione 1980 comincia sotto il segno della rivoluzione tecnica. La Renault ha aperto una nuova strada con i motori turbo, le wing car diventano sempre più estreme. Per sfruttare al massimo l’effetto suolo, gli abitacoli vengono spostati sempre più avanti. La Ferrari mette in pista l’erede della vettura campione del mondo, la 312 T5. Se la T4 aveva il pregio della facilità di messa a punto, questa non ne vuole sapere. È un inizio in affanno che manda in crisi del tutto la mente di Scheckter. Ad aiutare questo processo sono anche i numerosi incidenti che si verificano in quella stagione. In Sudafrica, terza gara del mondiale, Alain Prost si rompe il polso e salta due GP, Marc Surer si rompe le gambe e salta 4 GP. A Long Beach è la volta di Regazzoni, che finisce contro il muro per la rottura del pedale del freno, restando paralizzato per il resto della sua vita. In quella gara, dopo tre ritiri consecutivi, Scheckter segna gli unici due punti della stagione grazie al quinto posto finale. In Belgio ci sarà ancora il traguardo, ottavo, poi ancora un ritiro, un decimo posto in Gran Bretagna, due tredicesimi posti in Germania e Austria. Un decimo in Olanda e un ottavo a Monza. Jody Scheckter decide che è arrivato il momento di dire basta, di ritirarsi dalla F.1.

Enzo Ferrari, dal suo eremo di Maranello, espone la teoria della parabola del campione per giustificare le scarse prestazioni di Scheckter. Ovvero, quando un uomo ha raggiunto il successo e ha tutto nella vita, deve trovare nuove motivazioni. Scheckter ha vinto, ha tutto e non ha più le motivazioni necessarie per dare il massimo, non ha più voglia di rischiare.

L’orso non c’è più, al suo posto un campione affermato, soddisfatto di quanto raggiunto nella vita sportiva, attratto da altri interessi. Enzo Ferrari, dal suo eremo di Maranello, espone la teoria della parabola del campione per giustificare le scarse prestazioni di Scheckter. Ovvero, quando un uomo ha raggiunto il successo e ha tutto nella vita, deve trovare nuove motivazioni. Scheckter ha vinto, ha tutto e non ha più le motivazioni necessarie per dare il massimo, non ha più voglia di rischiare. È questa la sintesi della teoria di Enzo Ferrari, che di piloti se ne intende e che ha visto negli occhi di Scheckter, prima che il pilota stesso lo capisse, cosa era successo e cosa stava per accadere. Intanto, se a Scheckter va male in pista, a Villeneuve non va meglio: colleziona ritiri e uscite di strada, ma almeno ci prova grazie al suo temperamento che lo porta sempre a cercare il limite. In Canada, penultima gara dell’anno, la Ferrari tocca il punto più basso della stagione e, a guardare le statistiche, di tutti i tempi. Gilles Villeneuve parte in penultima fila, Jody Scheckter addirittura non si qualifica. Nel palmares del campione sudafricano, su 112 GP è l’unica mancata qualifica.

Ma Jody non se ne ha a male, anche perché la serie di incidenti di quella stagione, culminate nella morte di Patrick Depailler durante i test per il GP di Germania, continua. Stavolta tocca a Jean Pierre Jabouille che, per un guasto ai freni, finisce fuori pista e si frattura in più punti una gamba. Impiegheranno 25 minuti per estrarlo dalla vettura e Jody capisce di aver giocato con la morte troppo a lungo. Quando si arriva a Watkins Glen per l’ultima corsa della stagione e della sua carriera in F.1, Jody Scheckter mantiene fede al suo contratto con la Ferrari: Gilles si ritira, Jody finisce 11 e staccatissimo dal vincitore Alan Jones. Anche se lontano dalla zona punti e anche se non ha vinto, Jody Scheckter ha voluto onorare il lavoro della squadra, quella squadra che gli ha fatto vincere un titolo mondiale grazie anche all’aiuto del più giovane compagno di squadra Gilles Villeneuve. Avrebbe potuto ritirarsi, inventarsi una scusa per evitare il supplizio di quegli ultimi giri in cui il guard rail era sempre pericolosamente troppo vicino alla sua Ferrari numero 1. Invece no, Jody ha voluto finire la gara, rivedere quella bandiera a scacchi che per anni lo ha incoronato il migliore fra tutti, il vincitore assoluto, anche quando da doppiato, invece che farsi da parte, preferiva finire fuori pista pur di non subire l’onta di un sorpasso.

Dell’orso a Maranello non c’è più traccia, c’è invece il professionista, appassionato di armi, esperto di tiro al piattello, sport dove ha trovato una seconda vita e nuove motivazioni. Quelle motoristiche ha provato a trasferirle al figlio Thomas, che però non è riuscito a seguire le orme del padre mancando l’arrivo in F.1, anche se per un po’ di tempo è stato collaudatore della Jaguar di F.1. Il titolo mondiale 1979 resterà per 21 anni l’ultimo vinto dalla Ferrari, fino a quando non è toccato a Michael Schumacher riportare l’alloro iridato a Maranello.

Come dire che Jody Scheckter, suo malgrado, ha rappresentato lo spartiacque fra la Ferrari degli anni eroici e quella dei tempi moderni. Scheckter, l’ultimo campione. Scheckter, quello della parabola del campione. Che sorpresa, oggi, vederlo parlare di cibi bio, di natura e mozzarelle di bufala, scoperte fra l’altro in Italia, durante le vacanze a Capri e da qui ha portato in Sud Africa un mastro casaro che gli ha svelato i segreti delle mozzarelle. È proprio il caso di dirlo: si nasce incendiari, si finisce pompieri. Scheckter non ha fatto eccezione alla regola.

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