Imola, qual è il futuro dell'Autodromo senza F1?

Imola, qual è il futuro dell'Autodromo senza F1?
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Paolo Ciccarone
Il circuito Enzo e Dino Ferrari rappresenta una risorsa nazionale che deve essere sfruttata anche senza F1
9 settembre 2016

Passata l’eccitazione per il rinnovo del contratto fra Monza e la FOM per ospitare il GP di F.1, resta aperto un punto: quale futuro per Imola? Perché al di là della diatriba, dei ricorsi al TAR e delle polemiche, resta il fatto che il circuito Enzo e Dino Ferrari è un impianto di prim’ordine e pensare che finisca ad ammuffire facendo la polvere è semplicemente vergognoso. Oggi avere un futuro come impianto è difficile, basti vedere le condizioni di tutti i grossi autodromi internazionali, di sicuro Imola rappresenta una risorsa nazionale che deve vivere anche senza F.1.

Negli ultimi anni ci hanno provato, hanno speso quando e quanto hanno potuto, si sono inventati il centro guida sicura in collaborazione con Dekra e insieme al comune, in vista di un accordo con la F.1, l’impianto aveva accelerato i tempi dei progetti e delle approvazioni. Quindi, al di là di cosa accadrà in futuro (il destino per il GP d’Italia appare già segnato) in Italia Imola rappresenta quell’impianto che ha storia, cultura, la passione e una tradizione unica, senza dimenticare il tracciato che i piloti del passato chiamavano il piccolo Nurburgring. Eh sì, perché per andare forte a Imola ci vogliono gli attributi, non si scappa.

Se vai forte qui vai forte dappertutto, è una legge non scritta che chi ha corso a Imola conosce molto bene. Purtroppo già 10 anni fa si era visto che con questo tracciato era impossibile superare, nelle ultime due edizioni Alonso e Schumacher ci provarono per giri ma non cambiò la classifica del 2005 e 2006, quando poi fu abolita la variante bassa fecero quell’obbrobrio di rettilineo con la curva in mezzo e il muretto dei box che si incurva a metà, togliendo visuale. Gli incidenti nelle gare GT e prototipi degli ultimi tempi (senza dimenticare quelli mortali con le moto durante le prove libere) stanno a dimostrare che per inseguire le manie di Tilke si è messo mano in malo modo a un impianto che era già una palestra di vita per conto suo.

Il problema di base però resta, come fare a far sopravvivere e a rendere appetibile un impianto simile? Fare un tracciato corto è impensabile, si deve per forza usare quello attuale di circa 5 km. Fare corsi di pilotaggio va bene ma la vera essenza sono le corse e con le GT italiane, una di LMP2 e qualcosina qua e là, non si pareggiano i conti. Ci vorrebbe la F.1, magari con la dicitura GP d’Europa, e allora in questo caso si potrebbe ambire ad avere quel fiore all’occhiello che Imola come impianto e storia merita pienamente. Perché nella bagarre ideologica pre Monza si è perso di vista il fatto che avere eccellenze come questa e poi non farle lavorare (e sarebbe stato valido anche nel caso contrario, sia chiaro) è un peccato. Per cui occorre trovare delle soluzioni per avere la pista sempre in uso.

Nella bagarre ideologica pre Monza si è perso di vista il fatto che avere eccellenze come questa e poi non farle lavorare (e sarebbe stato valido anche nel caso contrario, sia chiaro) è un peccato. Per cui occorre trovare delle soluzioni per avere la pista sempre in uso

In Germania, Hockenheim, mi è capitato di trovare nello stesso giorno la scuola pilotaggio Bridgestone, quella Mercedes, quella dell’ADAC sui neopatentati e quella delle moto, la pista era divisa per settori. Eppure in Germania sono vicini al collasso, e al GP hanno fatto meno spettatori che a Monza, come dire che da noi abbiamo qualcosa in più. E allora, per non far morire l’impianto e dare linfa e continuità a una tradizione e a un tracciato che si chiama Enzo e Dino Ferrari, forse sarebbe il caso di guardare oltre, di inventarsi qualcosa di nuovo (cosa non saprei, non è così facile) e non fossilizzarsi solo sulla F.1, che è una mantide religiosa che nel momento dell’accoppiamento molto spesso uccide il partner come dimostrano gli autodromi mondiali. Ma al momento non si vede altra soluzione. Imola, quale futuro?

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