De Meo, Audi: «Avvicineremo il Motorsport alle concessionarie partendo da RS»

De Meo, Audi: «Avvicineremo il Motorsport alle concessionarie partendo da RS»
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Emiliano Perucca Orfei
Luca De Meo, Responsabile globale per vendite e marketing e membro del board Audi, ci ha spiegato come la Casa dei Quattro Anelli sia impegnata ad avvicinare sempre più il motorsport alla distribuzione, puntando su customer racing, merchandising e gamma RS
16 giugno 2014

Le Mans - A margine della 24 Ore di Le Mans, dove anche quest'anno, contro ogni aspettativa, si è imposta con forza ancora una volta la Casa dei Quattro Anelli, abbiamo avuto modo di parlare con Luca De Meo, Responsabile globale per vendite e marketing e membro del board Audi.

 

Ancora una volta avete dato una prova di forza incredibile nel motorsport con una doppietta indimenticabile a Le Mans. Avete pensato a come sfruttare questo vantaggio anche sul mercato?

«Oltre ai concetti Audi quattro, Audi ultra e Audi e-tron vogliamo sviluppare molto il mondo Audi Sport. L'idea è quella di collegare il motorsport alla distribuzione in maniera molto più diretta rispetto al passato. Prima di tutto vogliamo puntare con più forza sul customer racing, ma anche sul merchandising e poi vogliamo portare una parte della nostra rete di concessionari a specializzarsi sul mondo sportivo. Soltanto questi dealer saranno quelli che venderanno la R8 e tutta la gamma RS, in modo da interfacciarsi meglio con questo tipo di clientela. Una clientela molto particolare e preparata».

audi rs6 avant(44)
L'idea di De Meo è quella di dare alla gamma RS un posto di assoluto rilievo in alcune concessionarie selezionate

 

L'idea sembra proprio quella di dare vita a concessionarie dedicate alla gamma RS. Avete già incominciato? E in Italia?

«Abbiamo avviato il primo progetto pilota in Inghilterra. In Italia non abbiamo ancora incominciato, ma in ogni caso non vogliamo escludere nessuno. Il nostro obiettivo rimane sempre quello di far guadagnare e crescere le nostre concessionarie e di metterle nella condizione di fare profitti».

 

Avete creato molti sub-brand Audi su cui sembrate credere molto, soprattutto a livello di comunicazione. I clienti non rischiano però di essere disorientati?

« I nostri brand - Audi ultra, Audi quattro, Audi Sport, Audi e-tron ecc. - non fanno parte di una strategia di marketing, nuda e cruda, fine a se stessa, ma nascondono dietro un mondo vero, fatto di persone che ogni giorno studiano e sviluppano nuovi sistemi e tecnologie all'avanguardia. Per questo motivo riusciamo ad essere veramente credibili, perché i nostri clienti capiscono che i marchi della famiglia Audi sono sinonimo di vere realtà di eccellenza, e non mosse pubblicitarie. Quando diventi un marchio che produce 1 milione e mezzo di pezzi assumi una dimensione industriale nuova. Audi è come se fosse diventata un diamante con diverse facce, che brilla di luce diversa in qualunque posizione la si guardi».

I nostri sub-brand non fanno parte di una strategia di marketing nuda e cruda, fine a se stessa, ma nascondono dietro un mondo vero, fatto di persone che ogni giorno studiano e sviluppano nuovi sistemi e tecnologie all'avanguardia

 

Quali sono i sub-brand più forti oggi e quanto contano realmente?

«Per creare l'immagine di un marchio, o anche di sottomarchi, servono 30 anni. Oggi per esempio, parlando del mondo Audi, tutti conoscono quattro e TDI mentre per far crescere gli altri nostri brand dovremo aspettare. Sono certamente importanti i sub-brand e danno una grossa mano, ma è chiaro che il centro rimane Audi, i clienti ci conoscono e ci scelgono per il marchio dei Quattro Anelli».

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La rivalità tra Audi e Porsche nell'endurance non può che portare vantaggi ad entrambi i marchi del Gruppo VW

 

Il marchio Audi ultra è ancora concentrato sullo sviluppo di tencologie lightweight?

«Audi ultra non rappresenta solo il mondo delle tecnologie lightweight. Era così in passato ora è sinonimo di tutte le nostre più recenti tecnologie, a 360°».

 

Winterkorn, CEO del Gruppo VW, ha detto che i modelli si evolveranno con molta più velocità rispetto al passato. Come si traduce questo concetto in casa Audi?

«Accorciare i cicli di vita dei prodotti non mi sembra una soluzione fattibile per il nostro marchio, che opera spesso in mercati maturi come l'Europa. Ci avevano già provato diversi anni fa alcuni marchi giapponesi, che avevano accorciato il ciclo di vita a quattro anni, ma loro puntavano a mercati di conquista e comunque quell'esperienza non diede i frutti sperati. Secondo me il vero tema è come rinnovare il prodotto all'interno del ciclo di vita, separando sempre più l'hardware dal software. Un discorso che diventa ancora più interessante per lo sviluppo del mercato usato. Dopo 8 anni per esempio un sistema multimediale è diventato veramente obsoleto, sarebbe bello poter intervenire su alcuni aspetti dando ai clienti la possibilità di aggiornarli nel tempo».

Il ritorno di Porsche non può che giovare ad Audi perché in questo modo si parla sempre di più di questo campionato e guadagniamo tutti in visibilità

 

Come considera la rivalità nell'endurance tra i cugini di Audi e Porsche?

«Prima di tutto il ritorno di Porsche non può che giovare ad Audi perché in questo modo si parla sempre di più di questo campionato e guadagniamo tutti in visibilità. Paragono questa situazione a quella dei club e della Nazionale di calcio. I giocatori possono cambiare casacca e andare a giocare per l'una o per l'altra squadra, ma alla fine quando sono ai Mondiali giocano tutti per la stessa causa. E Porsche e Audi cambattono in maniera leale, ma alla fine fanno il gioco dello stesso Gruppo».

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Molti hanno criticato Audi per uno stile fin troppo conservativo. Ma De Meo assicura: "Siamo pronti per un grande salto in termine di design, senza perdere l'identità"

 

Audi ultimamente ha ricevuto diverse critiche per un stile considerato troppo conservativo. Come considera queste obiezioni?

«Ultimamamente siamo stati molto criticati a livello di design, perché hanno accusato Audi di evolversi troppo lentamente e di presentare sempre modelli troppo uguali alla generazione precedente. Io rispondo che bisogna guardare i numeri. Nel 2009, solo cinque anni fa, Audi produceva meno di 1 milione di auto, oggi invece il traguardo del milione lo abbiamo abbondantemente superato. È vero, ci siamo imposti in Cina, ma vendere auto ai cinesi non è facile, anzi. La Repubblica Popolare è forse il mercato dove è più difficile vendere ed affermarsi».

 

Dobbiamo aspettarci qualcosa di nuovo in futuro in termine di design?

«Come spiega sempre Walter De Silva Mercedes ha avuto la Stella a tre punte, BMW il doppio rene. Audi aveva bisogno di due generazioni di prodotti per creare una forte identità. Bene, ora che ci siamo riusciti siamo pronti per un grande salto in termini di stile, che vedremo già sui modelli di prossima generazione, anche se è chiaro che manterremo sempre una forte identità».

Il nostro obiettivo è di arrivare a vendere negli Stati Uniti 200.000 macchine nel 2020

 

Il Gruppo VW cresce in maniera esponenziale e continua a macinare record di vendite. Come mai non riesce ad imporsi con una prova di forza anche negli Stati Uniti?

«La situazione di Audi in America è molto cambiata negli ultimi anni, perché è cambiata la percezione del brand. Abbiamo creato delle basi solide, fondamentali per garantirci una grande crescita. Non facciamo salti epocali, ma continuiamo a crescere in maniera costante, quest'anno, fino ad ora, abbiamo fatto registrare negli Usa un +10%. Il nostro obiettivo è di arrivare a vendere negli Stati Uniti 200.000 macchine nel 2020 (157.000 unità nel 2013), un obiettivo lontano da quello che fanno Mercedes e BMW, ma quello che conta è che anche noi arriveremo a quei risultati, col tempo».

lamborghini ducati andrea dovizioso (28)
Audi, con l'acquisto di Ducati, ha dimostrato ancora una volta di saper rispettare l'identità del singolo marchio

 

Come sta andando l'esperienza con Ducati?

«Anche questa volta abbiamo dimostrato in maniera concreta che un nuovo marchio che entra a far parte della nostra famiglia non deve temere una perdita di identità, ma nemmeno del suo management e della sua cultura. Certo ora Ducati fa parte di una grande famiglia e sono cambiate alcune cose, per esempio c'è molta più attenzione alla qualità ed al dettaglio. Lavorano in autonomia, ma è chiaro che c'è un contatto costante e diretto con Ingolstadt». 

 

 

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