Emissioni, blocchi del traffico, centri urbani, Prof. Battaglia: "Meno allarmismi, più scienza"

Emissioni, blocchi del traffico, centri urbani, Prof. Battaglia: "Meno allarmismi, più scienza"
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Enrico De Vita
  • di Enrico De Vita
Per fare chiarezza sull’inquinamento ambientale abbiamo intervistato il Professor Franco Battaglia, docente di Chimica Fisica presso l’Università di Modena
  • Enrico De Vita
  • di Enrico De Vita
20 marzo 2018

Per rispondere alle notizie a volte solo allarmistiche, altre addirittura scorrette sull’inquinamento ambientale diffuse in queste ultime settimane abbiamo deciso di intervistare il Professor Franco Battaglia, docente di Chimica Fisica presso l’Università di Modena da sempre impegnato contro la disinformazione riguardo all’inquinamento e alle sue cause.

Professor Battaglia, fino alla fine degli anni Ottanta il termine “inquinamento” non era usato per caratterizzare l’aria delle nostre città. Oggi è al primo posto fra i problemi degli amministratori. Ma quanto è grave il pericolo causato dai gas che fuoriescono dai tubi di scarico?

Franco Battaglia: «Che agenti quali l'ossido di carbonio, il particolato, gli ossidi d'azoto – solo per citare alcuni dei principali che qui ci interessano – siano degli inquinanti e possono indurre azioni avverse, è fuori discussione. Purtroppo, però, la questione dell'inquinamento dell'aria nelle nostre città è viziata da considerazioni politiche e di mercato che poco hanno a che vedere con la scienza».

La questione dell'inquinamento dell'aria nelle nostre città è viziata da considerazioni politiche e di mercato che poco hanno a che vedere con la scienza

«Che la questione sia politico-commerciale e non sanitaria, lo fanno comprendere alcuni aspetti. Prendiamo il particolato PM2.5 che, a differenza del PM10, raggiunge i polmoni (le particelle di PM10 sono troppo grosse). Orbene, di quello presente nell'atmosfera delle nostre città, solo il 25% è dovuto al traffico dei veicoli, mentre il restante 75% ha altre origini. Eppure, le misure tese a ridurre questo inquinante sono esclusivamente quelle volte a ridurre il contributo dalle auto (ad esempio domeniche a piedi, targhe alterne, blocchi periodici del traffico, etc.). Appare evidente che codeste misure non solo non risolvono il problema (ammesso che vi sia un problema), ma neanche lo affrontano: il blocco totale – 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tutto l'anno – ridurrebbe il particolato solo del 25%, lasciando il restante 75% ad inquinare. Misure meno draconiane del blocco totale, hanno un'incidenza irrisoria. Ad esempio, se tutte le domeniche dell'anno, ma proprio tutte, fossero "a piedi", la riduzione del particolato sarebbe 1/7 del 25%, cioè del 3% circa. O meglio, ancora meno perché il traffico della domenica non è come quello dei giorni feriali. Se poi si bloccano solo certe categorie di veicoli – solo le auto, ad esempio o, ancora peggio, solo le diesel (e magari anche quelle dotate di filtro antiparticolato) – scopriamo che queste domeniche "ecologiche" non hanno proprio nulla di ecologico».

Come mai, a suo avviso, il diesel è oggetto di aggressioni proprio dai media europei?

«La risposta è che, secondo un Rapporto dell'Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Iarc), le emissioni dai motori diesel sono state inserite nella classe 1 dei cancerogeni (cancerogeni certi, quindi). Ma è questa una ragione sufficiente per bloccare la circolazione o, addirittura la produzione, di auto diesel? La risposta è no. Vediamo perché».

«Bisogna intanto sapere che la Iarc ha inserito in classe 1 anche altri agenti. Ad esempio, vino, stoccafisso e baccalà, pillola anticoncezionale, esposizione al sole. E anche il mestiere del falegname: le polveri di legno, se inspirate in modo intenso e continuativo, possono indurre tumori alle vie aeree superiori. Ma l'umanità non ha scelto di smettere di fabbricare mobili, quanto, piuttosto, di dotare i falegnami di apposite mascherine. Così il problema è stato risolto».

«Ora, gli studi analizzati dalla Iarc e che l'hanno indotta a quella classificazione erano stati condotti sulle emissioni di motori diesel di oltre trent'anni fa, mentre i motori diesel odierni hanno emissioni di particolato che è oltre 100 volte inferiore ai motori di allora e solo di poco superiore a quello dei motori a benzina. Inoltre, gli studi furono condotti su popolazioni (lavoratori in miniere o coinvolti nella costruzione di gallerie) esposte a livelli di emissioni anche 50 volte superiori a quelle cui era sottoposta, anche vent'anni fa, la popolazione normale. Insomma, con le mascherine per i falegnami, il problema è stato risolto; col diesel, invece, le cronache ci riportano la volontà di adottare misure che non hanno alcuna base scientifica per essere adottate».

Recenti trasmissioni televisive, hanno diffuso informazioni allarmistiche sul pericolo per la salute umana derivante dagli ossidi di azoto. Come considera la scienza tali sostanze? E’ un allarme giustificato?

«Il traffico veicolare contribuisce solo per il 40% circa degli NOx presenti in atmosfera. Peraltro, una massaia davanti ai fornelli ne respira di più di un pedone in città, perché tutto ciò che brucia in presenza di aria, quindi anche i fornelli, favorisce la formazione degli NOx. Ma la domanda da porsi è: qual è l'effetto sulla salute degli inquinanti da automobili? E, domanda speculare: quale sarebbe l'effetto sulla salute se le automobili non esistessero? Quanto alla prima domanda, secondo l'Agenzia ambientale europea, solo in Italia vi sarebbero 60mila morti premature causate dal particolato. Ma non è chiaro come viene calcolato quel numero. Come si fa a dire che delle morti premature (cioè occorse prima del raggiungimento della speranza di vita) 60mila sono state causate dal particolato? Nessuno lo chiarisce. Così come non chiariscono come facciano a dire che 10mila morti premature sarebbero state causate da esposizione a rumori superiori a 55 decibel».

«Questi calcoli sono effettuati assumendo che l'agente in questione causi un danno che è direttamente proporzionale alla dose, e ciò a qualunque dose, anche minuscola. Il ragionamento è il seguente. Se la caffeina da 200 caffè, ingerita tutta insieme, dà un 50% di sopravvivenza (fatto vero), allora quella da 1 caffè dà lo 0.25% di sopravvivenza (deduzione falsa). Il ragionamento fallace è spinto oltre e prosegue così: se un caffè dà lo 0.25% di sopravvivenza, ne consegue che se 400 individui bevono un caffè, allora 1 è deceduto per intossicazione da caffeina. E ancora: oggi a Milano 400.000 milanesi hanno bevuto un caffè, quindi oggi sono morti 1000 milanesi intossicati da caffeina. Ecco come, con ragionamenti simili sono emersi i 60mila italiani morti prematuramente per colpa delle polveri sottili. La verità è che non è morto nessuno, esattamente come nessuno è morto per intossicazione da caffeina».

L’ossido di carbonio (CO). Il contributo di esso nell'aria delle nostre città è dovuto alle auto per il 90%. Senonché, le auto che maggiormente contribuiscono al CO sono quelle a benzina, per almeno il doppio di quelle diesel

Ci sono altri veleni accertati nei gas di scarico che, tuttavia, non suscitano emozioni o articoli di stampa o trasmissioni TV?

«Si, per esempio l’ossido di carbonio (CO). Il contributo di esso nell'aria delle nostre città è dovuto alle auto per il 90%. Senonché, le auto che maggiormente contribuiscono al CO sono quelle a benzina, per almeno il doppio di quelle diesel. Intendiamoci, nulla di allarmante ma, per qualche misteriosa ragione, è di moda oggigiorno prendersela con le auto diesel».

Cosa ne pensa del Dieselgate?

«Esso nacque non perché le auto diesel esportate in America producono emissioni con danni alla salute, ma perché, nella guerra commerciale tra gli Usa e la Ue, i primi trovarono comodo lamentarsi di un fatto preciso. Ovvero che le auto tedesche erano tarate per emettere al di sotto della soglia stabilita per i controlli effettuati in laboratorio, ma che poi veniva superata nella marcia su strada. La normativa americana prevede limiti da non superare anche per controlli su strada, mentre le auto tedesche li sforavano. Insomma, ottimi argomenti per avviare una guerra commerciale. Storia vecchia, quanto quella del lupo che si lamentava che l'agnello gli inquinava l'acqua».

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