Filosofia della tecnica. Centenario di un errore

Filosofia della tecnica. Centenario di un errore
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  • di Carlo Sidoli
In meccanica tutte le “macchine” funzionano grazie ai movimenti sincronizzati; gli orologi con i loro ingranaggi, fino a poco fa comuni anche nella versione da portare al polso, sono autentici capolavori di precisione
  • di Carlo Sidoli
19 febbraio 2016

La sincronizzazione è una delle conquiste più qualificanti dell’umanità. Lo si osserva particolarmente durante lo sviluppo del bambino e del cucciolo in generale. Molte situazioni di comicità involontaria derivano proprio dai tentativi, dapprima scoordinati e via via più efficaci di mettere in sequenza un certo numero di azioni per conquistare, ad esempio, la facoltà di rimanere in piedi e di camminare. Il nuoto e tutti gli sport in generale sono degli ottimi esempi di perfezionamento nella sincronizzazione dei movimenti. In meccanica tutte le “macchine” funzionano grazie ai movimenti sincronizzati; gli orologi con i loro ingranaggi, fino a poco fa comuni anche nella versione da portare al polso, sono autentici capolavori di precisione.

 

Il motore a scoppio che muove le nostre automobili prevede, nella versione più diffusa, una sequenza di valvole che si aprono e si chiudono in corrispondenza delle fasi in cui l’energia chimica si trasforma in energia meccanica, da avviare alle ruote motrici

Il motore a scoppio che muove le nostre automobili prevede, nella versione più diffusa, una sequenza di valvole che si aprono e si chiudono in corrispondenza delle fasi in cui l’energia chimica si trasforma in energia meccanica, da avviare alle ruote motrici. Poiché questo stesso tipo di motore, dotato di opportuna sincronizzazione, venne montato sui primi aeroplani dall’epoca dei fratelli Wright in poi, desta stupore quanto avvenne, per un breve periodo 100 anni fa, all’epoca della Grande Guerra, dopo che da un impiego di ricognizione i velivoli assunsero anche la funzione di partecipare direttamente alle battaglie. La conquista della superiorità aerea divenne determinante e da qui nacquero i famosi duelli dei primi superpiloti chiamati ufficialmente “Assi”.

Il “Barone Rosso” (il tedesco Manfred von Richthofen), l’”Olandese Volante” (l’olandese-americano Anthony Fokker), ma anche il celebre francese Roland Garros (proprio quello dell’Aeroporto e del Torneo di tennis parigino, il più prestigioso al mondo sulla terra rossa) e il nostro indimenticato Francesco Baracca hanno guadagnato la loro fama in memorabili duelli, in tutto paragonabili a quelli dei cavalieri dei tornei medievali (eccetto Fokker, che preferì soprattutto progettare e costruire e così campò fino al 1939). Ed infatti, da veri ufficiali di Cavalleria, essi vivevano in un mondo a sé, estremamente lontano dalla misera vita di trincea, sottratti alle regole disumane degli Stati Maggiori che gestivano la fanteria come “carne da macello”.

E’ noto che la salma del Barone Rosso, colpito a morte da una fucilata e precipitato in territorio nemico, ebbe in campo avversario esequie con gli “onori militari” in memoria del suo valore riconosciuto su tutti fronti. Bene, quei temerari per prima cosa cercarono di danneggiarsi a vicenda prendendosi a rivoltellate, ovviamente con scarsissimo successo. Il passo successivo e definitivo fu l’installazione della mitragliatrice, che però doveva risultare compatibile con la massima agilità dell’aereo.

 

invece di utilizzare i sistemi meccanici di sincronizzazione dei motori si sia pensato, in un primo momento, semplicemente di proteggere le pale rinforzandole con deflettori metallici

Quindi ci voleva un solo uomo a bordo, che doveva guidare, mirare e sparare, mentre il motore con l’elica era sistemato davanti a lui. Naturalmente prima furono fatti dei tentativi con l’elica dietro (spingente) e la mitragliatrice fu piazzata sopra, sotto, di fianco ma risultarono tutti inefficaci ai fini pratici. Nella versione definitiva motore, arma e pilota si trovavano in linea e c’era, ovviamente, la necessità che i proiettili non danneggiassero le pale dell’elica che girava davanti alla canna. E’ stupefacente – come dicevamo – che invece di utilizzare i sistemi meccanici di sincronizzazione dei motori si sia pensato, in un primo momento, semplicemente di proteggere le pale rinforzandole con deflettori metallici in modo che i proiettili che le colpivano venissero deviati anziché penetrarvi e romperle: le eliche risultavano appesantite e dovevano essere sostituite di frequente.

Questa soluzione assurda (ma realizzata subito, di corsa, pur di ammazzare qualcuno in più) dove la mitragliatrice sparava colpendo ogni tanto l’elica (una roba da Luna Park), fu risolta molto presto dal Fokker, grazie alla sincronizzazione meccanica del movimento del motore con quello dell’emissione delle pallottole. Da allora in poi i proiettili vennero sparati solo nello spazio lasciato libero tra un passaggio dell’elica e l’altro.

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