Filosofia della tecnica. Chi ha ucciso Hayden?

Filosofia della tecnica. Chi ha ucciso Hayden?
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  • di Carlo Sidoli
In meno di un mese tre incidenti mortali sono costati la vita a tre campioni che praticavano ciclismo su strada per allenamento. Michele Scarponi, Julia Viellehner e Nicky Hayden
  • di Carlo Sidoli
30 maggio 2017

In meno di un mese ci hanno rattristato tre incidenti mortali che sono costati la vita a tre atleti, campioni delle due ruote, che praticavano ciclismo su strada per allenamento. Prima il nostro Michele Scarponi e ora la triatleta Julia Viellehner e il motociclista Nicky Hayden. Nel caso dell’atleta tedesca, agganciata in curva dal rimorchio di un Tir e condotta a una fine straziante, non ci possono essere dubbi interpretativi sulla dinamica e sulle responsabilità. Per quanto riguarda il centauro americano, già campione del mondo, le indagini in corso potrebbero condurre a conseguenze assai importanti per la ricerca delle concause, in caso di urto tra automobile e bicicletta (e non solo).

Perché il ridurre sbrigativamente l’accaduto a un “Hayden ha bruciato uno Stop” o l’ipotizzare che “l’auto andava troppo forte” e precisare “non ci sono segni di frenata” vuol dire non aver capito, o voler tenere nascosto, quello che è veramente successo il 17 maggio alle ore 14 a Misano Adriatico, sulla provinciale Riccione-Tavoleto.


La cosa più importante e grave sta proprio nella superficialità della prima affermazione, perché quello Stop in pratica non ha efficacia perché non è visibile a 50 m di distanza, come prevede la legge. Nella prospettiva di Hayden, che percorreva una strada secondaria, il cartello segnaletico è nascosto da un’alta siepe laterale, specialmente se il ciclista sta viaggiando correttamente sul ciglio destro della carreggiata: egli può vederlo solo quando si sta già immettendo perpendicolarmente nella strada principale dove, da sinistra, provenne la vettura investitrice, una Peugeot 308 condotta da un trentenne che andava al lavoro.

Automobilista e ciclista giungono a contatto visivo solo all’ultimo momento perché un’altra siepe alta, sulla sinistra di Hayden e sulla destra del guidatore dell’automobile, rende l’incrocio “cieco”. E la segnaletica orizzontale? E’ del tipo “sbiadito su asfalto rugoso, grigio, con crepe”, praticamente visibile solo da chi la osserva da fermo, con attenzione. A questo punto possiamo dedurre che Nicky Hayden, con una buona dose d’imprudenza, magari distratto dalla musica in auricolare (uno o due?), ha proseguito ignorando o accorgendosi troppo tardi di dover dare la precedenza. Ora c’è da chiedersi: saranno indicate queste circostanze nel rapporto sull’incidente?

In altri termini, la Polizia Locale, accorsa sul luogo dello scontro per i rilevamenti, avrà la coscienza di mettere nella giusta luce le mancanze della segnaletica, che essa stessa avrebbe dovuto da tempo rilevare e denunciare ai responsabili della manutenzione? Forse il caso di Hayden, per l’importanza del personaggio, servirà a mettere in chiaro le cose, questa volta e per tutte quelle a venire. Le altre osservazioni che abbiamo visto o udito riportate da alcuni organi d’informazione sono inconsistenti, a partire dalla mancanza di segni di frenata della Peugeot. Da quando c’è l’ABS, le ruote non bloccano (per ridurre gli spazi d’arresto e lasciare la possibilità di sterzare) ed è difficile trovare dei segni sull’asfalto; inoltre, se vogliamo approfondire l’analisi, di frenata non è proprio il caso di parlare.

Per frenare bisogna vedere con un secondo di anticipo, mentre Hayden è sbucato all’ultimo momento, nell’ordine di pochissimi decimi prima dell’impatto. In pratica, il guidatore non l’ha nemmeno visto arrivare e ha sentito solo il botto dello scontro; e queste sono le sole parole che egli va ripetendo da quel tragico giorno, chiuso, per il resto, in un angoscioso silenzio. La velocità della vettura non è stata rilevata e non è chiaramente deducibile in mancanza della famosa “scatola nera” di cui tanto si parla.

Ciò premesso, il caso in questione (che è di urto a novanta gradi) consiste in una botta tremenda, anche a velocità relativamente basse. Un uomo che cade dal terzo piano e piomba a terra girato su un fianco difficilmente sopravvive, eppure la sua velocità d’impatto è dell’ordine dei 50 km/h. Se la vettura investitrice stesse viaggiando sulla Riccione-Tavoleto a questa andatura, del tutto regolare, avrebbe comunque causato danni fisici enormi, quali quelli patiti dal povero Hayden. E’ certo che le circostanze dell’incidente avrebbero potuto e dovuto essere differenti; col che, molto probabilmente, le conseguenze sarebbero state meno gravi o addirittura assenti.

 

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