Filosofia della tecnica. L'autoparlante

Filosofia della tecnica. L'autoparlante
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L'auto è per molti proprietari un oggetto sacro, considerata come se fosse viva. Ma nel cinema lo è stata e ha superato prove impossibili da affrontare nella realtà
2 ottobre 2014

Conosciamo sicuramente tutti degli automobilisti che fanno dell’auto un oggetto molto importante della loro vita, fino a provare un vero e proprio affetto, come per una persona cara.

Una storia vecchia come il mondo

Come è già avvenuto per il cavallo fin dai tempi di Omero, anche la vettura, oltre che oggetto, diventa spesso soggetto di immagini e racconti, pur non trattandosi di un essere animato.

Certo gli psicologi hanno molto da dire e da spiegare in proposito, ma il mondo del cinema e quello televisivo sono stati determinanti per sviluppare questa tendenza a caratterizzare l’auto come dotata di vita propria. Una per tutte: c’è stata una serie televisiva, “Supercar” (e non è un cartone animato), dove l’auto ragiona e prende delle decisioni autonome, come fosse il cane Rin Tin Tin o il cavallo Furia.

K.I.T.T.: vienimi a prendere!

L’attore, il “bello” David Hasselhoff (poi superbagnino in “Baywatch”), praticamente in simbiosi con la vettura, dà prova di grandi capacità interpretative; riesce a recitare stando serio, come se fossero avventure plausibili e se la sbriga egregiamente nel mondo dell’inverosimile. Certo, c’è una buona dose di trucchi, ma è sempre stato così nel mondo della pellicola o del DVD.

Gli attori che recitano a bordo di un’auto (o mezza auto) ferma o sballottata con dei pistoni, col paesaggio che scorre dietro, sono soggetti molto comuni. In passato, per far capire che stavano guidando, muovevano in continuazione il volante, a destra e a sinistra anche in rettilineo. Nella realtà si sarebbero scentrati in pochi metri, ma il pubblico non notava il paradosso.

Oggi lo noterebbe, e allora i volanti stanno fermi o girano solo per simulare una curva, ma ci sono tanti altri sistemi per far sembrare le scene verosimilmente in movimento. Ad esempio, in una sequenza di inseguimento, i pneumatici stridono sempre, anche nelle curve dove il fondo è di terra battuta, e durano all’inverosimile, laddove si consumerebbero in pochi chilometri.

Gli attori che recitano a bordo di un’auto ferma o sballottata con dei pistoni, col paesaggio che scorre dietro, sono soggetti molto comuni. In passato, per far capire che stavano guidando, muovevano in continuazione il volante

Incidenti senza conseguenze?

Non c’è un incidente che sia uno dove le auto non si incendino disastrosamente: immaginiamoci cosa sarebbe se fosse così anche nella realtà. Le automobili fanno salti terribili scavalcando dossi e siepi ma atterrano sempre efficienti o almeno in grado di proseguire. Questo sarebbe plausile se il film fosse, come spesso accade, di genere umoristico, come “The Blues Brothers” o “Questo pazzo pazzo mondo”; ma invece vale anche per i film “seri” e quelli “drammatici”.

Auto e cinema si incrociano nella finzione e nella realtà, come ci hanno insegnato numerosi e tragici incidenti che hanno posto fine a promettenti carriere o a consolidate professioni. Alcuni attori, Steve McQueen, Paul Newman e Patrick Dempsey, per citarne tre, hanno avuto ed hanno anche una discreta carriera nel mondo delle corse, che indubbiamente è servita loro per interpretare personalmente scene dove, di solito, si usano controfigure.

L’auto di lusso oggi, tramite i comandi vocali, è già capace di ascoltare ed eseguire di conseguenza, e anche di parlare (cosa che, del resto, fanno i “navigatori”): la vedremo vivere di vita autonoma, diventare parlamentare e frequentare il Senato? Ci vorrebbe un nuovo Caligola, che fece o minacciò di fare senatore il suo cavallo, ma avvenne circa 2000 anni fa.

Carlo Sidoli

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