Filosofia della tecnica. La dura Lex della bici Tax

Filosofia della tecnica. La dura Lex della bici Tax
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  • di Carlo Sidoli
Una recente proposta di legge ha fatto temere che si dovessero targare le biciclette e pagare la tassa di possesso come avviene per auto e moto. Grazie, vado a piedi, se non mi targate le scarpe
  • di Carlo Sidoli
4 marzo 2016

Una recente proposta di legge del senatore Marco Filippi (un emendamento al nuovo Codice della Strada) ha fatto temere che si dovessero targare le biciclette e che, di conseguenza, i possessori di velocipedi dovessero pagare una tassa annuale di possesso, esattamente come avviene per auto e moto. Facciamo attenzione; si tratta dei “possessori”, perciò non solo di chi usa la bicicletta ma anche, per fare un esempio, di chi ha in cantina la bici del nonno.
Cioè, in pratica, la tassa riguarderebbe la maggior parte degli italiani. Alla levata di scudi, con raccolta di firme, che ne è subito conseguita, ha fatto seguito il solito “iter” che prevede una serie di smentite le quali hanno come denominatore comune il classico ritornello dell’onorevole colto in fallo: “sono stato frainteso”.

Raramente qualcuno (i più umili) arrivano persino ad ammettere un “mi sono sbagliato”, molto rischioso sul piano della rielezione; no, no, meglio dire “la gente non mi ha capito”, così si fa anche la figura di quello che spazia in orizzonti troppo superiori perché il popolino lo comprenda. Il passo successivo prevede la “riformulazione” della proposta di legge, in termini che siano alla portata di tutti. Non il “ritiro” della proposta che, come altri hanno fatto notare, sarebbe troppo “disonorevole”, bensì la riformulazione; che diamine, se la proposta è stata presentata (seppure incompresa) significa che il problema c’è e lo si risolve con una nuova scrittura.

Nel caso specifico si apprende che il senatore intendeva regolamentare l’attività dei “risciò”, che evidentemente secondo lui rappresentano un problema, un po’ come succede a Calcutta. Gran parte, della responsabilità di queste incresciose situazioni viene fatta risalire ai “media”, specialmente se sono orientati verso la parte politica opposta. Sono sempre lì, a cercare il pelo nell’uovo, a suscitare scandali anche quando non c’è fondamento, a dare interpretazioni maligne.

Nel caso specifico si apprende che il senatore intendeva regolamentare l’attività dei “risciò”, che evidentemente secondo lui rappresentano un problema, un po’ come succede a Calcutta

Ciò può essere vero, ma non in questo caso, perché c’è un precedente che dimostra che certe “frasette” sono infilate nelle leggi a bella posta. Infatti è difficile pensare che un parlamentare sia così sprovveduto da “sbagliarsi”, da offrire il fianco a delle critiche che lo rendono impopolare quando, se ha un dovere, è quello di essere chiaro; oltretutto egli è ben retribuito affinché si avvalga di tutta una squadra di esperti che vagliano e soppesano le sue proposte prima di renderle pubbliche. Il “precedente”, molto importante per le conseguenze che ne sono derivate, è quello che ha trasformato quella che era la “tassa di circolazione” dei veicoli in “tassa di possesso”.

In parole povere se, fino al 1982 il “bollo” si pagava solo se il veicolo era in circolazione, dal 1° gennaio 1983 in poi lo si paga anche se lo si tiene fermo, se non funziona, insomma se non è stato demolito e non si sono restituite le targhe. Oppure se non si dimostra che è andato completamente distrutto o è irreperibile. E tutto questo per una frasetta, contenuta in una legge (“legge di conversione, con modificazioni”), che parlava di veicoli e autoscafi e che faceva riferimento all’iscrizione di un bene in un Pubblico Registro. A ben vedere nell’emendamento del senatore Filippi c’è ben di più e di più chiaro, dato che non v’è alcuno che non comprenda (anche se forse si sperava il contrario) che “modalità di identificazione” vuol dire targa e “idonea tariffa” vuol dire bollo. Adesso, nel susseguirsi delle smentite e precisazioni intese a recuperare popolarità, lo staff del senatore si affanna a introdurre nuovi concetti che parlano di un uso commerciale dei mezzi a pedali; il che è servito a sdrammatizzare il caso, almeno dal punto di vista della maggioranza di chi usa la bici.

Qualche affanno, in attesa della nuova proposta, affligge chi fa le consegne a domicilio, anche se una legge in proposito avrebbe più che altro l’aria di una barzelletta. E se fosse obbligatorio il bollo e uno facesse un “leasing” per la bici? Beh allora “per gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria si prevede l’assoggettamento all’imposizione attraverso la congiunzione disgiuntiva….”. Grazie, vado a piedi, se non mi targate le scarpe.

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