I motori auto raffreddati ad aria (VI parte). Dalla Chevrolet Corvair alla Citroen GS

I motori auto raffreddati ad aria (VI parte). Dalla Chevrolet Corvair alla Citroen GS
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Negli anni Sessanta anche la General Motors ha detto la sua in questo campo. E la Honda ha realizzato auto con motori quasi motociclistici… |<i> M. Clarke</i>
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  • di Massimo Clarke
24 luglio 2014

Quando i costruttori americani si sono resi conto che occorrevano anche vetture con motori più piccoli dei loro classici V8, sul finire degli anni Cinquanta, hanno varato un piano per sviluppare le loro “compact cars”. Sono così nate la Ford Falcon, la Chrysler Valiant e la rivoluzionaria Chevrolet Corvair, un’automobile che rompeva decisamente con la tradizione precedente, tanto sotto l’aspetto tecnico quanto a livello estetico. Aveva il motore posteriore, a sei cilindri orizzontali contrapposti e con raffreddamento ad aria, e uno styling innovativo al punto da influenzare alcune realizzazioni europee che sarebbero apparse di lì a poco e che avrebbero avuto un grande successo.

Il caso della Corvair

Entrata in produzione nel 1960, la Corvair non ha avuto una vita lunga come altre vetture della grande Casa americana; è infatti rimasta in listino fino al 1969, ma occorre dire che i numeri di vendita degli ultimi tre anni sono stati quasi ridicoli; in pratica la sua storia è finita nel 1966. In precedenza però questa vettura era riuscita a ottenere una discreta popolarità. In tutto ne sono stati costruiti circa un milione e ottocentomila esemplari.

Il motore aveva la distribuzione ad aste e bilancieri, con albero a camme collocato nella parte inferiore del basamento. Gli eccentrici agivano su punterie idrauliche. Le valvole erano quasi parallele (pochi gradi di inclinazione reciproca) e venivano azionate da bilancieri in lamiera stampata montati su fulcri sferici, secondo uno schema assai comune all’epoca negli USA. Ogni bancata era costituita da una testa in lega leggera e da tre cilindri individuali, in ghisa. L’albero a gomiti poggiava su quattro supporti e lavorava interamente su bronzine; i perni di banco avevano un diametro di 45,7 mm e quelli di biella di 53,3 mm. Il basamento era costituito da due parti simmetriche che si univano secondo un piano verticale.

Con un alesaggio di 85,7 mm e una corsa di 66 mm, la prima versione di questo motore aveva una cilindrata di 2,3 litri ed erogava 80 cavalli a 4400 giri/min. In seguito sono apparse versioni di 2,4 litri (87,3 x 66 mm) e di 2,7 litri (87,3 x 74,7 mm). Quest’ultima è stata prodotta a partire dal 1964 ed erogava 95 cavalli, che salivano a 110 nella variante più sportiva.

1  corvair pianta
Nel motore Chevrolet a sei cilindri contrapposti la ventola era posta superiormente e veniva azionata da una cinghia. Si noti come le valvole non siano perfettamente parallele tra loro

Il sei cilindri boxer Chevrolet: il primo con turbocompressore

Il sei cilindri boxer della Chevrolet è passato alla storia per essere stato il primo motore automobilistico di serie a venire dotato di turbocompressore. Questo è accaduto nel 1962 con la versione montata sulla Corvair Spyder, da 150 cavalli, la cui entrata in produzione ha preceduto di qualche mese soltanto quella della Oldsmobile Jetfire F-85 Turbo-rocket, essa pure sovralimentata con un analogo dispositivo. In seguito è apparsa la Corvair Monza da 180 CV, potenza ottenuta grazie a una pressione di sovralimentazione di 0,65 bar, anche lei munita di turbocompressore. Tra il 1962 e il 1966 la Chevrolet ha prodotto circa 50.000 vetture a sei cilindri contrapposti dotate di questo tipo di sovralimentazione.

L'ingresso in punta di piedi della Honda

La Honda era famosa per le sue eccellenti moto, tanto di serie quanto da competizione, quando ha deciso di entrare nel settore automobilistico, cosa che ha fatto per la verità un poco in sordina. Ha cominciato infatti nel 1963 producendo modelli di cilindrata molto ridotta, inizialmente a due cilindri, destinati al mercato interno. Erano delle specie di piccoli pickup, denominati T 360 e T 500, dai quali però sono poi state ricavate delle piccole vetture utilitarie. Il motore era raffreddato ad aria e aveva la distribuzione monoalbero con comando a catena.

Nel 1964 la Casa di Tokyo ha messo in produzione la vetturetta sportiveggiante S 600, realizzata come sviluppo della S 500 che era apparsa pochi mesi prima; questa simpatica spider è stata seguita dopo poco più di un anno dalla S 800 da 70 cavalli di potenza. In questo caso i motori erano però a quattro cilindri in linea, avevano la distribuzione bialbero ed erano raffreddati ad acqua. In omaggio alla scuola motociclistica, non solo l’albero a gomiti era composito e lavorava su cuscinetti volventi, ma addirittura la trasmissione finale era a catena!

La Honda era famosa per le sue eccellenti moto, tanto di serie quanto da competizione, quando ha deciso di entrare nel settore automobilistico, cosa che ha fatto per la verità un poco in sordina


Nell’autunno del 1966 la Honda ha presentato la piccola e versatile N 360, con motore bicilindrico raffreddato ad aria e con distribuzione monoalbero, analogo a quello del modello T 360. L’albero a gomiti composito poggiava su quattro cuscinetti di banco a rotolamento e il basamento si apriva secondo un piano orizzontale. Con un alesaggio di 62,5 mm e una corsa di 57,8 mm, questo motore di 354 cm3 erogava 27 CV a 8000 giri/min, ben presto portati a 31. La trasmissione primaria era a catena. Per l’esportazione veniva prodotta la N 600, con cilindrata di 599 cm3 (alesaggio e corsa passavano a 74 x 69,6 mm) e con una potenza di 42 CV a 6600 giri/min, in seguito cresciuta a 45. Questi due modelli nel 1970 si sono evoluti nella Z 360 e nella Z 600, rimaste in produzione rispettivamente fino al 1972 e fino al 1973.

Verso la fine del 1968 è stata presentata la Honda 1300, commercializzata dal 1969 al 1973; ad azionarla provvedeva un quadricilindrico in linea raffreddato ad aria. La distribuzione anche in questo caso era monoalbero con due valvole inclinate per ogni cilindro, ma nella parte inferiore del motore si avevano notevoli differenze rispetto agli schemi precedentemente impiegati dalla casa. L’albero a gomiti, che poggiava su cinque supporti, era infatti monolitico e lavorava interamente su bronzine. Spiccava anche la lubrificazione a carter secco. Questo quadricilindrico è stato costruito in due versioni, che erogavano rispettivamente 100 CV a 7200 giri/min e 115 a 7500.

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L’albero a camme della Corvair, collocato nella parte inferiore del basamento, era comandato da una coppia di ingranaggi e agiva su punterie idrauliche

La "terra di mezzo": Citroen

Nella seconda metà degli anni Sessanta la Citroen ha varato un programma per la realizzazione di una vettura in grado di colmare il vuoto esistente tra i modelli con motore bicilindrico boxer raffreddati ad aria e quelli dotati dei grossi quadricilindrici in linea raffreddati ad acqua (DS, ID). Il risultato dell’impegno dei suoi tecnici ha portato alla entrata in produzione, nel 1970, della GS, capostipite di una fortunata serie di modelli costruiti fino al 1986 in un totale di oltre 2.400.000 esemplari. Ad azionarla provvedeva un motore a quattro cilindri orizzontali contrapposti raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero.

La cilindrata di 1015 cm3 era ottenuta abbinando un alesaggio di 75 mm con una corsa di 59 mm. In questo quadricilindrico boxer, che disponeva di 55 CV a 6500 giri/min, ogni bancata era costituita da due cilindri individuali, in ghisa, e una testa unica, in lega di alluminio. Il basamento era formato da due semicarter simmetrici che si univano secondo un piano mediano verticale. Per comandare la distribuzione si impiegavano due cinghie dentate (una per ogni testa), collocate anteriormente. Le due valvole di ciascun cilindro erano inclinate tra loro e venivano azionate per mezzo di bilancieri a due bracci. L’albero a gomiti, che poggiava su tre supporti di banco, era formato da cinque parti unite per forzamento alla pressa e lavorava su bronzine.

Nel 1973 è entrata in produzione una nuova versione di 1220 cm3 di questo motore. L’aumento di cilindrata era stato ottenuto mediante un allungamento della corsa, passata da 59 a 65,6 mm. Alla fine del 1977 il quadricilindrico di 1015 cm3 è stato sostituito da un nuovo modello di 1129 cm3, di identica architettura. Un ulteriore aumento di cilindrata si è avuto con la versione di 1299 cm3, apparsa nel settembre del 1978, e con quella di 1301, presentata nel 1979; per entrambe la potenza era di 65 cavalli a 5500 giri/min.

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