Istanbul Autoshow 2015, il Salone tra Oriente e Occidente

Istanbul Autoshow 2015, il Salone tra Oriente e Occidente
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Daniele Pizzo
La Turchia è un paese sempre più centrale per il mondo dell'auto: ponte tra Oriente e Occidente, oggi è il primo esportatore verso l'Unione Europea e un “eldorado” per i costruttori occidentali che vogliono espandere la loro presenza nei mercati asiatici
27 maggio 2015

Punti chiave

Tra Oriente ed Occidente, tra tradizione e modernità, a metà strada tra Europa ed Asia, Istanbul conferma la sua vocazione di ponte tra continenti anche in occasione dell'Istanbul International Autoshow 2015, che fino al 31 maggio accoglierà al TÜYAP Fair and Congress Center oltre 600.000 visitatori. 

 

Nonostante sia un Salone secondario rispetto agli eventi europei di Ginevra, Francoforte e Parigi, quello di Istanbul edizione 2015 è un Salone centrale per molti costruttori che in Turchia sono presenti con i loro siti produttivi che consentono di abbinare qualità europea a costi di gestione da paese emergente. Il Governo di Ankara lo sa bene e vuole tenerseli stretti: «Dimostreremo che siamo pronti a indirizzare tutti i nostri sforzi per l'industria dell'auto turca affinché assuma un ruolo da leader. Stiamo supportando soprattutto i centri R&D attraverso una nuova legge che è da poco entrata in vigore. Adesso i centri R&D in Turchia sono 184, ma siamo pronti a favorire sia la produzione che le vendite nazionali supportando la produzione domestica», ha annunciato il Ministro dell'Industria Fikri Işık in occasione dell'apertura. 

Un paese che punta sulle esportazioni

Più che il mercato turco, dunque, che si attesta su 900.000 unità annue (ben poche se si pensa che quello italiano nel 2014 ha chiuso a quota 1.400.000 immatricolazioni in un momento tutt'altro che roseo) i costruttori guardano alla Turchia come testa di ponte verso i mercati dell'area del Mediterraneo. La Turchia ha infatti accresciuto la produzione di veicoli da 374.000 unità nel 2002 a oltre 1.125.534 unità nel 2013, di cui però ben il 70% sono destinate all'esportazione. Per ogni 77 auto vendute in tutto il mondo, infatti, oggi almeno una di queste è costruita in Turchia. La Turchia è oggi il primo esportatore di automobili verso l’Unione Europea, grazie soprattutto alla presenza dei gruppi occidentali e di accordi doganali molto favorevoli. 

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La Fiat Aegea è una delle novità più importanti del Salone di Istanbul. Da questa berlina prodotta in Turchia deriveranno una 5 porte ed una wagon destinate anche al mercato europeo

Le anteprime mondiali

Le radici più profonde sono soprattutto quelle di Fiat, che grazie alla joint venture Fiat-Tofas avviata nel 1968 è oggi leader del mercato turco con una quota dell'11,6% tra auto e veicoli commerciali. Un successo che si nota aggirandosi tra le caotiche strade di Istanbul, dove le Fiat Albea (non più prodotta dal 2013) e la Linea sono di gran lunga i modelli più comuni. E proprio per questo motivo il marchio italiano ha scelto il Salone di Istanbul per presentare la Fiat Aegea, ovvero l'erede della Linea, che dallo stabilimento di Bursa dove i primi esemplari usciranno nel mese di novembre, raggiungerà progressivamente oltre 40 Paesi dell'area EMEA.

 

L'altra anteprima mondiale del Salone di Istanbul è quella del Volkswagen Caravelle di sesta generazione. E' un veicolo commerciale, una tipologia di veicoli in cui la Turchia eccelle, tanto che ne è il maggiore produttore dell'area europea.

 

Degli oltre 500 modelli di 37 marchi presenti all'edizione 2015 dell'Istanbul International Auto Show, oltre 60 sono delle anteprime nazionali che, sperano gli organizzatori, possano stimolare le vendite in un paese che ha un tasso di motorizzazione ancora bassissimo: 165 automobili per 1.000 persone, cioè ben al di sotto della media europea di 500 auto. Intanto, però, c'è da risolvere il nodo delle proteste dei lavoratori del comparto per il miglioramento delle condizioni di lavoro che si sono scatenate a partire dalla scorsa settimana nelle fabbriche Oyak-Renault, Fiat-Tofas e Otosan-Ford che si sono estese anche agli stabilimenti di alcuni fornitori, costrette ad interrompere la produzione. Uno scotto obbligato verso la modernizzazione di un paese sempre più vicino all'Europa, anche nella mentalità. 

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