La magia della 24 Ore del Ring: cosa spinge 205.000 persone alla Nordschleife

La magia della 24 Ore del Ring: cosa spinge 205.000 persone alla Nordschleife
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Matteo Valenti
  • di Matteo Valenti
Alla 24 Ore del Nürburgring sono accorsi 205.000 spettatori, una cifra stratosferica che necessita di spiegazioni. Perché folle oceaniche seguono le gare endurance? E perché invece in Italia oggi non se ne parla praticamente più?
  • Matteo Valenti
  • di Matteo Valenti
23 giugno 2014

Nürburgring - 205.000. Basta questo singolo dato per iniziare a parlare di tutto quel magico mondo che ruota intorno alla 24 Ore del Nürburgring. È  il numero di spettatori – comunicato non senza un minimo di orgoglio dagli stessi organizzatori - accorsi alla Nordschleife quest’anno per assistere alla celebre gara di durata.

I numeri parlano chiaro

Per avere un’idea di cosa significhi questa cifra sarà sufficiente ricordare che alla 24 Ore di Le Mans, pochi giorni fa, erano in circa 250.000. Ma stiamo parlando di un evento di portata globale, tappa cardine del Mondiale Fia WEC, con una copertura mediatica internazionale, con costruttori automobilistici che vi partecipano in maniera diretta e che può vantare più di 90 anni di storia gloriosa alle spalle. A Monza poi, per il tradizionale Gran Premio di Formula 1, a settembre 2012 sono arrivati circa 144.000 spettatori ma suddivisi sulle quattro giornate che compongono il weekend di gara, mentre lo scorso anno al GP brianzolo sono arrivati dai 130 ai 160.000 spettatori nel fine settimana. E anche in questo caso stiamo parlando di una tappa mondiale e per di più di quella che viene considerata la massima categoria del motorsport!


Snocciolati i numeri, a questo punto si pone una questione. Cosa spinge una folla così oceanica a radunarsi per un weekend sui saliscendi dell’Eifel, assiepati ai bordi di quella striscia d’asfalto micidiale e allo stesso tempo così affascinante che chiamano Nurburgring-Nordschleife? Semplice. È la magia indecifrabile di una 24 Ore unita al magnetismo di un luogo unico al mondo, oserei dire quasi sacro per tutti gli appassionati, come il Ring.

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Il vero fascino della 24 Ore del Ring emerge in tutta la sua potenza durante la notte

La magia della 24 Ore, unita al magnetismo di un circuito leggendario

Durante una gara di 24 Ore del resto si sviluppa una chimica tutta particolare e, una volta che la si respira a pieni polmoni, difficilmente se ne può fare meno in seguito. L’emozione non è soltanto guardare la corsa, ma viverla fino in fondo, immedesimandosi in prima persona con i suoi protagonisti e le loro sovraumane fatiche. 

 

Un meccanismo emotivo che entra in funzione a pieno regime durante la notte, quando pubblico e piloti entrano in una nuova dimensione dimensione, dominata dall’oscurità. Fermarsi a guardare, magari in compagnia degli amici - fondamentali per condividere un’emozione così forte – bolidi che continuano a squarciare le tenebre con urla inferocite a e correre senza sosta come schegge impazziete fa vivere un’emozione indescrivibile.

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Lungo il circuito prende forma un enorme campeggio multiforme e colorato. 


È vero, al Ring non corrono i sofisticatissimi prototipi come avviene a Le Mans, ma soltanto GT, auto da competizione derivate, chi più, chi meno, dalla serie. Ma non pensate che sia per questo meno spettacolare. Il resto infatti, lo fa il circuito, rimasto praticamente immutato dal 1927 ad oggi: lungo, stretto, insidioso e sempre imprevedibile. Lo dimostrano le prime ore di gara, che sono un susseguirsi di incidenti, capaci di mettere fuori uso – per il resto della gara o temporaneamente – decine di auto in corsa.

24 Ore del Ring: una sorta di TT delle quattro ruote

Insomma la 24 Ore del Nurburing è rimasta una delle poche competizioni automobilistiche attuali, che non ha sacrificato completamente sull’altare della sicurezza il suo fascino e la sua integrità. Ci piace definirla una sorta di TT delle quattro ruote, anche se non si svolge propriamente su un circuito cittadino. La stessa Le Mans, introducendo due chicane sul temibile e leggendario rettilineo dell'Hunaudières nel 1990 ha perso qualcosa  del suo fascino rispetto al passato, senza poi raggiungere quali risultati in termini di sicurezza. Un veterano della Sarthe dichiarò alcuni anni fa: «Ora [dopo l'introduzione delle chicane] i prototipi invece che a 400, sull’Hunaudières vanno a 350 km/h. Qualsiasi padre di famiglia conosce le differenze tra un incidente a 400 e uno a 350 km/h».

La 24 Ore del Nurburing è rimasta una delle poche competizioni automobilistiche attuali che non ha sacrificato completamente sull’altare della sicurezza il suo fascino e la sua integrità


Tutta quest’atmosfera, intrisa ancora di quel sapore unico che si respirava alle corse di alcune decine di anni fa, si materializza nel multiforme campeggio che sorge quasi ininterrottamente lungo i 25 km della Nordschleife. Un mondo parallelo e colorato dove gli appassionati respirano ininterrottamente tutti i sapori della corsa, con le sue mille sfumatureri. Qui tifosi si ingegnano per costruire accampamenti, addirittura vere e proprie maxi-impalcature in legno o in ferro da cui potersi gustare la gara accompagnati da musica, barbecue e nella maggior parte dei casi da fiumi di birra. Già, nella maggior parte dei casi, perché abbiamo visto anche tante famiglie con bambini al seguito, che vivono la 24 Ore come un’alternativa da brivido rispetto al classico campeggio.

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Il pubblico ha libero accesso nel paddock, ma con un po' di pazienza e fortuna si riesce pure ad entrare ai box

I tifosi si immedesimano nella corsa e nei suoi protagonisti

Ed è bello vedere come tutte queste persone seguano la corsa in maniera tutta personale. C’è chi tifa i big-team, Mercedes, BMW, Audi, McLaren, favoriti per la vittoria assoluta o chi invece si trova aggrappato ad una rete di protezione per sostenere un amico o perché no un parente coinvolto nella corsa. E poi ci sono quelli – e sono davvero tanti – che si identificano con un marchio automobilistico, non importa in quale categoria sia impegnato, e che tifano quello per partito preso, magari perché in garage hanno una Opel, oppure una Mazda o una Volkswagen.

 

E tutto questo è possibile grazie alla vera, grande particolarità della 24 Ore del Ring, dove corrono più di 150 macchine (quest'anno erano 175 al via, ndr) tutte diverse l'una dall'altra, suddivise in una miriade di categorie differenti. E chiunque riesce ad identificarsi nella corsa perché in pista sfrecciano dalla McLaren MP4-12C GT3, alla Opel Manta, passando per le esclusivissime Lexus LFA e Aston Martin V12 Vantage ma anche per le più comuni Ford Fiesta ST, Volkswagen Golf GTI e Mazda MX-5

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La 24 Ore del Ring è una di quelle corse che andrebbe vista almeno una volta nella vita

Paddock (e box) aperti al pubblico

Un’emozione poi tornare a vedere i paddock aperti al pubblico, anche durante la corsa. I tifosi possono incontrare i piloti e fermarsi a parlare con i meccanici, ma chi è più scaltro, specialmente di notte, riesce ad intrufolarsi senza problemi anche all’interno dei box, con la compiacenza dei tecnici impegnati al lavoro. Basta non dare fastidio e non intralciare il loro lavoro per assistere ad un pit stop integrale. È una situazione dove l’essenza del motorsport è a diretto contatto con le persone, senza filtri. Un aspetto prezioso, che manca troppo spesso in ben altre più blasonate discipline…


Abbiamo tessuto le lodi di una corsa che, lo avrete capito, vale la pena di andare a vedere almeno una volta nella vita. Almeno tanto quanto la 24 Ore di Le Mans o la 500 Miglia di Indianapolis. Un difetto? Sì, uno c’è per la verità. Ci è sembrata mancare una dimensione veramente internazionale ad un evento grandioso che, invece, la meriterebbe tutta. Una copertura mediatica, soprattutto a livello televisivo e web, veramente capillare avvicinerebbe questo evento anche a moltissimi appassionati fuori dalla Germania, mentre al di là dei confini tedeschi in pochi ancora oggi la conoscono per quello che realmente è.

Al Ring l’essenza del motorsport è a diretto contatto con le persone, senza filtri. Un aspetto prezioso, che manca troppo spesso in ben altre più blasonate discipline…

E in Italia? Tanto amaro in bocca

Un'ultima nota stonata, per finire. Assistere ad un evento così straordinario, con una partecipazione davvero straripante, ci ha lasciato un bel po’ di amaro in bocca se ripensiamo alla triste fine che hanno fanno le corse endurance in Italia. Una gara unica e gloriosa come la 1.000 km di Monza è scomparsa - giustamente - per mancanza di seguito e partecipazione. Il panorama delle corse di durata rimane ancora oggi troppo distante per troppi appassionati, mentre molti non sanno che costruttori grandiosi, a partire dalla Ferrari, hanno costruito parte della loro storia leggendaria proprio grazie all'endurance.

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Facendo un giro tra il pubblico se ne trovano davvero di tutti i colori

 

Ma perché all’estero ancora oggi riescono ad organizzare gare di durata spettacolari e dai noi, sui nostri meravigliosi circuiti, non c'è verso di vedere una gara che duri più di due ore? È un discorso lungo e complesso ma a volte, siamo convinti che per riavvicinare gli appassionati ad un certo tipo di corse, sia sufficiente cercare di raccontarle. E raccontarle per quello che sono e per quello che sanno comunicare. E' già un primo passo.

 

 

 

Summary Nuerburgring 24 hours race_Audi at the world´s biggest motor race from Audi Sport on Vimeo.

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