Le Mercedes da corsa: bentornate Frecce d'Argento!

Le Mercedes da corsa: bentornate Frecce d'Argento!
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Nel 2014 la Mercedes ha ripetuto i successi delle sue mitiche monoposto degli anni Trenta e del 1954-55. Ecco come erano fatti i loro motori
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
17 dicembre 2014

La stagione agonistica appena conclusa non è stata la prima che ha visto trionfare le vetture da Gran Premio della Casa di Stoccarda. In passato ci sono state già annate dominate dalle sue straordinarie realizzazioni. Vale quindi la pena di descrivere con un adeguato dettaglio i loro motori e le avanzatissime soluzioni tecniche adottate.

Daimler e Benz: ossessionati dalle corse

Già prima della loro fusione, avvenuta nel 1926, la Benz e la Daimler, produttrice delle auto e dei motori che venivano commercializzati con il marchio Mercedes, avevano realizzato vetture che si erano imposte nelle competizioni più importanti. In una categoria a sé stante rientra la celebre Blitzen Benz del 1909, azionata da un motore a quattro cilindri avente una cilindrata di 21,5 litri che erogava 200 cavalli a 1600 giri/min. Quest’auto apparsa nel 1909 ha stabilito tre volte il record mondiale di velocità, raggiungendo nell’ultima occasione (1911) ben 228 km/h. Il motore aveva un alesaggio di 185 mm e una corsa di 200 mm. 

 

Dal canto suo la Daimler nel 1908 si è imposta nella gara più importante, il Gran Premio di Francia, con la Mercedes GP, dotata di un motore a quattro cilindri della cilindrata di 13,6 litri che erogava 135 CV a 1400 giri/min. E ha ripetuto l’impresa nel 1914, conquistando addirittura i primi tre posti, con la sua nuova vettura da competizione azionata da un motore a quattro cilindri con distribuzione monoalbero e quattro valvole per cilindro. La cilindrata era di 4,5 litri e la potenza di 115 cavalli a 3200 giri/min. I cilindri, singoli, erano in acciaio e venivano realizzati in blocco con le teste; per ricavare le intercapedini di passaggio dell’acqua, tutto attorno al corpo principale veniva saldato un lamierino. Tale schema costruttivo è stato a lungo tipico dei motori aeronautici fabbricati dalla casa tedesca ed è stato ripreso anche da importanti case tanto inglesi quanto italiane. Una di queste vetture è andata a gareggiare negli USA dove si è imposta a Indianapolis nel 1915.    

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La diabolica Blitzen Benz del 1909, in un'immagine fin troppo eloquente dell'epoca

Il ritorno ai Gran Premi negli anni '30

Dopo diversi anni nei quali si era concentrata principalmente sulle vetture di serie e sugli autocarri, oltre che sui motori d’aviazione, la Daimler-Benz è tornata in grande stile ai Gran Premi nel 1934 con una monoposto azionata da un motore a otto cilindri in linea di 3360 cm3, sovralimentato da un compressore Roots, che inizialmente erogava 354 cavalli. La distribuzione era bialbero con quattro valvole per cilindro. Ben presto la cilindrata di questo motore (contraddistinto dalla sigla M 25) è stata portata a 4,0 litri, quindi a 4,3 e, nel 1936, a 4,75 litri. Quest’ultima versione del motore aveva un alesaggio di 86 mm e una corsa di 102 mm ed erogava 494 cavalli. Nel 1937 questo otto cilindri ha subito una totale rivisitazione, che ha portato alla realizzazione dello M 125 di 5,66 litri (alesaggio x corsa = 94 x 102 mm), con angolo tra le valvole portato a 70°.

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Sezione trasversale del motore M 163 di fine anni Trenta. Questo V12 con distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro aveva una cilindrata di 3000 cm3 ed è arrivato ad erogare circa 480 cavalli

 

Le teste anche in questo caso erano integrali con i cilindri e, unitamente ad essi, formavano due “blocchi” di quattro cilindri ciascuno. Pure qui, come nello M 25, il materiale impiegato era l’acciaio (con mantello esterno formato da lamierino che veniva saldato al corpo principale); il basamento invece era in lega di alluminio ad elevato tenore di silicio. L’albero a gomiti era in un sol pezzo e tanto i cuscinetti di biella quanto quelli di banco erano a rotolamento. Con una pressione di sovralimentazione di 0,86 bar, questo motore è arrivato ad erogare, nella versione destinata alla monoposto da Gran Premio, 575 cavalli a 5500 giri/min.

Il passaggio dall'8 cilindri al V12 dei miracoli

Per il 1938 è stato necessario realizzare un motore completamente nuovo, dato che il nuovo regolamento prevedeva una cilindrata massima di 3 litri per i sovralimentati. È nato così lo straordinario M 154, rapidamente evolutosi nello M 163, con dodici cilindri a V di 60°. La distribuzione era sempre bialbero, con l’angolo tra le valvole che tornava a 60° e con gli eccentrici che agivano su bilancieri a dito. Le quattro valvole di ogni cilindro avevano tutte lo stesso diametro (30 mm). I cilindri in acciaio erano individuali e venivano realizzati di pezzo con le teste; mediante saldatura si provvedeva poi a riunirli in gruppi di tre.

Per il 1938 è stato necessario realizzare un motore completamente nuovo, dato che il nuovo regolamento prevedeva una cilindrata massima di 3 litri per i sovralimentati. È nato così lo straordinario M 154

 

Pure in questo caso l’albero a gomiti, che poggiava su sette supporti di banco, era forgiato in un sol pezzo e lavorava interamente su cuscinetti a rullini. Le bielle erano forgiate in acciaio da cementazione e avevano il cappello fissato per mezzo di due viti passanti. Questo motore aveva un alesaggio di 67 mm e una corsa di 70 mm ed erogava oltre 450 cavalli a un regime di 8000 giri/min. Nel 1939 è arrivata la sovralimentazione a doppio stadio e la potenza è salita a circa 480 cavalli. Solo lo scoppio della seconda guerra mondiale ha interrotto lo sviluppo di questo formidabile e plurivittorioso V12.

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La 300 SLR del Mondiale Sport era spinta da un otto cilindri derivato direttamente da quello di F1

Il ritorno ai Gran Premi: un livello tecnico impressionante

Il ritorno ai Gran Premi della casa di Stoccarda è avvenuto in maniera trionfale nel 1954, con delle monoposto di eccezionale livello tecnico che, nei due anni nei quali hanno gareggiato, hanno in pratica vinto tutto, conquistando due titoli mondiali di Formula Uno. Queste vetture erano azionate da un motore a otto cilindri in linea di 2500 cm3 realizzato facendo ricorso a soluzioni di straordinario interesse. Tanto per cominciare, l’alimentazione non era a carburatori ma a iniezione diretta. Inoltre, la presa di moto non era alla estremità posteriore dell’albero a gomiti, ma in posizione centrale. La distribuzione era bialbero, con due valvole per ogni cilindro, di grande diametro (50 mm alla aspirazione e 43 mm allo scarico) e fortemente inclinate tra loro (88°), che venivano richiamate non da molle ma meccanicamente, con un sistema desmodromico. Per ognuna di esse l’albero a camme aveva due eccentrici, uno dei quali provvedeva alla apertura, agendo su di una punteria, e l’altro alla chiusura, tramite un bilanciere a due bracci disposto in posizione “rovesciata” rispetto a quella usuale.

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L’immagine, che consente di osservare come era fatta la distribuzione desmodromica, si riferisce a un gruppo teste-cilindri della vettura Sport 300 SLR, in lega di alluminio. Si noti il condotto di aspirazione “downdraft”


Le distribuzioni desmodromiche non erano certo una novità, ma in precedenza erano state impiegate solo in un paio di occasioni, negli anni Dieci. Di proposte ne erano state avanzate tante, ma erano praticamente rimaste tutte sulla carta. Alla Daimler-Benz va quindi il merito di avere per prima realizzato un sistema “desmo” efficace e affidabile, e di averlo impiegato con grande successo, dimostrando la validità di questa soluzione tecnica. I cilindri e le teste, che come nei motori da corsa d’anteguerra erano in acciaio, erano raggruppati a formare due blocchi di quattro cilindri ciascuno, che venivano montati sul basamento in lega di alluminio. I condotti di aspirazione non erano disposti lateralmente, ma passavano tra i due alberi a camme. È interessante osservare che il motore della 300 SLR, che ha vinto il mondiale per vetture Sport nel 1955, era realizzato con uno schema analogo, ma aveva i due gruppi teste-cilindri in lega di alluminio, un angolo tra le valvole leggermente diverso e una differente disposizione dei bilancieri di richiamo delle valvole di aspirazione.

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Hakkinenen nel 1998 sotto la pioggia di Monza con la McLaren Mercedes MP4/13


L’albero a gomiti era un autentico capolavoro. Lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento ed era formato da più parti unite con il raffinato sistema Hirth. I supporti di banco erano dieci e le bielle erano in un sol pezzo (il loro impiego era reso possibile dalla adozione di un albero composito). Per fare arrivare l’olio ai cuscinetti di biella si impiegavano dei convogliatori centrifughi, ricavati nelle “spalle” dell’albero, che raccoglievano il lubrificante che usciva dai cuscinetti di banco. Questo straordinario motore, che aveva un alesaggio di 76 mm e una corsa di 68,8 mm, nel 1954 ha esordito con una potenza di 257 cavalli, saliti a circa 290 (a 8500 giri/min) verso il termine della stagione successiva. La concorrenza era ben distante…

Mercedes: eccellenza motoristica anche nella F1 di oggi

A partire dagli anni Novanta la Daimler-Benz ha prodotto e sviluppato una serie di eccellenti motori di Formula Uno. Gli FO 110 di 3000 cm3, sono apparsi nel 1995 e sono stati prodotti a lungo, in versioni via via più evolute e potenti, lasciando un segno profondo nella storia del motorismo agonistico. Con due di essi, installati su vetture McLaren, Hakkinen ha vinto il mondiale nel 1998 e nel 1999. Si è trattato di successi importanti, ma il sapore del titolo 2014, ottenuto con una propria vettura e con una superiorità addirittura schiacciante, ha un sapore diverso…

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