Nicky Hayden, cosa può insegnarci la sua morte

Nicky Hayden, cosa può insegnarci la sua morte
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Daniele Pizzo
La dinamica dell'incidente del pilota non è ancora stata del tutto chiarita, ma l'uso dell'iPod potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale nella scomparsa dell'amato campione americano
23 maggio 2017

Nicky Hayden ci ha lasciato alle 19:09 di lunedì 22 maggio. E' partito per l'ultimo viaggio nel suo letto dell’ospedale “Maurizio Bufalini” di Cesena dove cinque giorni prima era entrato in condizioni gravissime. Il suo incidente ha avuto un'eco grandissima in tutto il mondo, perché “Kentucky Kid” piaceva davvero a tutti.

Ce lo ricordiamo come pilota veloce e corretto. Relativamente pochi e poco gravi sono stati gli infortuni subiti nel corso della sua carriera, segno che a dispetto del suo stile spettacolare imparato sulle piste di flat track, dove si era distinto nei primi anni nelle corse, era quello che si dice un pilota con la testa sulle spalle.

La dinamica esatta dell'incidente fatale avvenuto in quell'incrocio con la statale Riccione-Tavoleto in cui in sella alla sua bicicletta è stato travolto da un'automobile è ancora da stabilire, ma ci sono già due elementi che possono aiutarci a capire il come e il perché tutto ciò sia successo e da cui possiamo imparare tutti.

Il primo è che Nicky ha trovato la morte ad un incrocio, e gli incroci sono sempre e tutti, indistintamente, potenzialmente pericolosi. Dunque, bisogna sempre rallentare e prepararsi ad un'eventuale frenata d'emergenza. Non sappiamo se Nicky, come ipotizzano le cronache, si sia distratto al punto di non aver visto lo stop. Molto probabilmente non l'ha fatto neanche il ragazzo che l'ha investito, che ha dichiarato di averlo visto sbucare all'improvviso. 

Qualcuno potrebbe obiettare: perché l'auto doveva rallentare se aveva il diritto di precedenza? Intanto perché lo dice il Codice della Strada e lo ha ripetuto una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha ribadito un principio talmente ovvio che sembra assurdo debba essere ulteriormente chiarito: se esiste anche una minima possibilità di collisione, bisogna usare prudenza, che al volante significa innanzitutto rallentare. Non importa se il semaforo è verde o se sono gli altri ad avere lo stop.

E poi perché non sappiamo cosa sta accadendo dietro l'angolo. Ce lo possono suggerire i nostri sensi, in questo caso l'udito. Il secondo elemento che raccontano le cronache è che sul luogo dell'impatto è stato trovato un iPod acceso. Potrebbe essere quello di Hayden. Una possibilità è che stesse guardando lo schermo del dispositivo, oppure che stesse ascoltando della musica con gli auricolari mentre pedalava. 

Pare ci sia un video registrato da una videocamera installata in prossimità del luogo dell'incidente che chiarirà forse ogni dubbio, ma in ogni caso usare cuffie e auricolari, in auto, in moto, in bici o anche da pedoni è un malcostume pericolosissimo, perché priva della capacità di percepire, prima ancora di vedere, se si rischia di essere investiti da qualche altro veicolo. Tant'è vero che esiste una norma specifica nell'articolo 173 del Codice della Strada che vieta «al conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici ovvero di usare cuffie sonore», a prescindere dal mezzo che sta guidando, sia esso una bicicletta o un tir.

Se non bastasse la legge, ci sono decine di studi e statistiche a supporto di questo divieto che serve a prevenire quella che gli studiosi chiamano “cecità dell'attenzione”, ovvero l'impossibilità di essere messi in guardia da un pericolo imminente attraverso i suoni, come il fischio delle gomme, lo stridere di una frenata, il suono di un motore, un clacson o anche la sirena di un mezzo di soccorso. 

Non sappiamo ancora se è davvero andata così. Purtroppo Nicky non c'è più, ma rimarranno nella memoria di tutti le immagini di un ragazzo simpatico e vincente e due insegnamenti molto importanti che possiamo ricavare dalla sua scomparsa: prima degli incroci si deve sempre rallentare e la musica preferita è meglio ascoltarla a casa, non per strada.

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