OiLibya Rally Marocco. Il “quarto uomo”

OiLibya Rally Marocco. Il “quarto uomo”
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Parlavamo di “connessione”, ma non è finita. Grazie alla rete le strategie di gara dei Rally-Raid si affinano, alimentando allo stesso tempo lo scetticismo. Nasce l’uomo nuovo, il “Mapping Man” | <i>P. Batini</i>
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
9 ottobre 2014

Zagora, 7 Ottobre - Dicevamo dei “danni” provocati dalla connessione, dalla rete, dalla possibilità di essere costantemente connessi diventata quasi una necessità, o sentita come tale. Ce n’è un altro, che lima un altro strato della patina di mistero e di incertezza che “minaccia” l’avventura del Rally-Raid. Si tratta del sistema di “lettura” virtuale del percorso, che consente di gettare un’occhio sullo sviluppo della tappa che verrà. Nasce così l’uomo della mappa, il “Map Man”, e nasce un nuovo modo di affrontare la strategia di gara, o di implementarne alcuni aspetti non secondari.

Gli strumenti del "Map Man"

Come funziona? Intanto grazie alla connessione, poi grazie a Google Earth, il sistema di visione virtuale del pianeta inventato da Google per controllare che non si stendano ad sciugare le mutande sulle terrazze dei centri storici. La banca dati di immagini da satellite copre l’intero pianeta, e dunque anche le aree attraversate dal Rally. In questo modo è possibile, intanto, avere un’idea precisa della geografia del percorso, del genere di piste e di morfologia del territorio. Anche ad occhio è quindi possibile stabilire una prima classificazione per tipologia di suolo: sabbia, tratti di duro, montagna, roccia, letti di fiumi, eccetera. Per attingere a questo genere di informazioni al pilota bravo ed esperto basta far ricorso alla memoria. Ma ecco l’idea geniale che associa i mezzi a disposizione e la strategia di gara: associare il road book al sistema di visione.

Ecco fatto. Adesso bisogna organizzare la “logistica”. Una questione di esperienza, di fiducia e di tempo, di connessione. La successione degli eventi. Il pilota passa in rassegna il suo road book, è un’operazione normale, che fa tutti i giorni per marcare le note chiave del percorso, mettendo in rilievo con una passata di pennarello fluo quelle che ritiene utili. I cambi di direzione, i punti pericolosi, quelli in cui è necessario prestare la massima attenzione, i cambi di terreno, i punti cospicui inequivocabili, i segnali di attenzione, di velocità, gli attraversamenti di centri abitati, persino una catena di note simili che vengono “ridote” a una sola strisciata. Tutto è fatto per velocizzare la lettura del road book e dedicare la massima attenzione alla guida. Un modo per accelerare i riflessi. Ogni pilota ha il suo metodo, anche se quello utilizzato dei “big” fa inevitabilmente tendenza. Il road book di una campione è un capolavoro. A questo punto entra in scena il Map Man. Il pilota gli ha passato il road book, il computer acceso, connessione internet, Google Earth. Pronti.

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Google Earth, Maps, GPS e quant'altro. tanta la tecnologia oggi al servizio degli avventurieri del Rally Raid

Ma qualcosa manca

Quello che manca sul road book sono le coordinate geografiche, ma non è difficile individuare a vista, e registrarlo, un punto cospicuo come la partenza di una Prova Speciale. A quel punto le immagini dal satellite e il road book sono sincronizzati, e per il Map Man inizia un gioco molto simile al vecchio flight simulator. Poiché sul programma sono disponibili una serie di tools e di indicazioni, geografiche e chilometriche, al “giocatore” non è difficile seguire il road book e percorrere virtualmente l’intera tapa.

Due chilometri dritto, svolta a destra, entra nel letto del fiume e percorrilo per cinque, lascia la pista principale, segui la falesia, sali lungo la frana, segui la pista sul crinale per cinquecento metri e quindi prendi una rotta a 35° bussola, attraversa la strada asfaltata, eccetera. Tutti queste situazioni, e molte altre, sono perfettamente rilevabili sul monitor, e avanzare virtualmente lungo la pista digitale seguendo le note del road book non è troppo difficile. È, naturalmente, una questione di tempo, il tempo dipende dalla velocità della connessione e del “giocatore”, e uno bravo può esserlo quanto lo sarà il pilota dal vero. Io non potrei esserlo perché con una vecchia versione di flight simulator, sono partito dall’aeroporto Kennedy e mi sono schiantato sulle torri gemelle. Il giocatore dovrà essere bravo a navigare, proprio come il pilota e non dovrà commettere errori, proprio come il pilota, e a quel punto sarà un vero e proprio pilota virtuale.

Spogliato di ogni fisicità e della qualità tecnica del gesto atletico, il giocatore potrà anche, ed ecco il punto cruciale, essere più bravo del pilota, perché potrà disporre di un vantaggio significativo rispetto al pilota, il colpo d’occhio globale, la visione a volo d’uccello. Potrà giudicare utile passare da una parte piuttosto che dall’altra per aggirare una piccola montagna, un cordone di dune, un ostacolo importante. Rispetto al pilota che vede solo davanti a se su un piano orizzontale, il giocatore avrà il vantaggio, ecco il punto ancor più cruciale, di una visione “3D” che gli consentirà di “tagliare”, di accorciare le distanze.

Tra giocatore e pilota

Fase tre. I risultati ottenuti dal giocatore nella tappa virtuale tornano al pilota, e giocatore e pilota si confrontano. La prima info è la validazione del road book, la sua precisione. In caso di errore di una nota, il pilota saprà come correggerla. Nel caso della montagna e del cordone di dune, potrà essere consigliato sulla direzione da preferire. Il resto del potenziale lo potete immaginare.

Quando inventarono il GPS i primi furbi se lo mettevano in tasca, si pensò di vietarlo perché cancellava lo spirito della navigazione fatta con i mezzi dell’istinto, dell’intuito e dell’esperienza


Sbagliato! Avete pensato male. È tutto legale. Nessun regolamento vieta di utilizzare il sistema e, onestamente, non c’è un motivo perché debba essere criticato se non in ambito “filosofico”. Quando inventarono il GPS i primi furbi se lo mettevano in tasca, si pensò di vietarlo perché cancellava lo spirito della navigazione fatta con i mezzi dell’istinto, dell’intuito e dell’esperienza, ma poi l’uso del sistema fu regolamentato, e così è oggi, perché non ha senso, ed è praticamente impossibile far finta che il progresso non esista, o vietarlo in una sua parte.

Che è il Map Man? Può esserlo il pilota stesso, a patto che sia disponibile a cambiare il tempo del riposo con un nuovo lavoro, può esserlo il navigatore di un equipaggio dell’auto o del camion. E così è stato all’inizio, “artigianalmente”, i navigatori più bravi che si prendevano la briga di passare in rassegna almeno le parti ritenute più importanti del percorso, o qualche manager ingegnoso. E può esserlo una persona diversa, del team o esterno. Il quarto uomo del camion, il terzo dell’auto, il secondo del motociclista. Può essere un navigatore specializzato, o uno specialista che si è dedicato alla materia.

Ed ecco la figura professionale del Map Man. È giusto? È sbagliato? Indicativamente, come al solito, chi fa uso di questa “tecnologia” ne sottolinea gli aspetti di utilità e legati alla sicurezza, e lo approva. Chi non c’è arrivato o lo fa ancora “artigianalmente” dice che non è giusto. Che è contro lo spirito, che allora bisognerebbe consegnare il road book agli equipaggi un’ora prima della partenza anziché il pomeriggio precedente, come accade da sempre. Io dico solo che la questione finirà probabilmente la vaglio degli “esperti” e dei “tecnici” delle federazioni, e allora saranno anni di sbagli e di aggiustamenti. Voi che ne pensate?

 

Immagini Antonio Ammiragli e Paola Picone, ApPhotosport

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