Superbollo: sei anni di una tassa demagogica e dannosa

Superbollo: sei anni di una tassa demagogica e dannosa
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Nessun vantaggio per l’erario, ma solo danni per il segmento delle vetture premium: imputato il Superbollo, che colpisce i veicoli da 185 kW
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
21 aprile 2017

Forse gli studenti di Economia dei prossimi anni si troveranno a studiare la pratica del Superbollo come la classica formula capace di far più danni che arrecare vantaggi.

Nasceva per generare un maggior gettito fiscale, colpendo i ricchi che in un momento di crisi gravissima ancora si ostinavano a guidare supercar e modelli sportivi: ma, così come per analoghi provvedimenti presi per il mondo della nautica, alla fine si è rivelato un flop.

Non solo il Superbollo non ha sfiorato gli obiettivi prefissati, ma ha prodotto danni.

Ricordiamo di cosa si tratta: il Superbollo in vigore è un provvedimento deciso dal Governo Monti, che a partire dal primo gennaio 2012 inaspriva quello precedente del Ministro Tremonti: nasceva con l’obiettivo di generare un maggiore gettito fiscale di 168 milioni di euro all’anno, imponendo il pagamento di 10 euro per ogni kW per le vetture con potenza maggiore di 185 kW, sull’intero parco circolante a scalare per fasce d’età di 5 anni; giusto per la memoria, il provvedimento di Tremonti del luglio 2011 e retroattivo sullo stesso anno riguardava i veicoli a partire da 225 kW.

In termini politici, sembra di parlare di un’era geologica remota e lontana, con quei protagonisti risucchiati dal vortice della storia: eppure il Superbollo è ancora tra noi.

A distanza di sei anni dalla sua entrata in vigore, si può affermare che i danni arrecati all’intero comparto automotive ed all’economia dello stato in generale sono stati ben maggiori dei (pochi) vantaggi ottenuti: con il Superbollo abbiamo perso fatturato, gettito fiscale, un’area dell’eccellenza motoristica tipicamente italiana, competenze commerciali e tecniche difficilmente rinnovabili con sofferenza per tutta la filiera.

Per dare qualche numero, il parco circolante dei veicoli oltre 185 kW in Italia è passato dalle 217.000 unità del 2011 alle 183.00 di oggi, con una perdita di oltre il 16% del totale, cui è corrisposto un incremento delle pratiche di esportazione, più che raddoppiate nelle stagioni immediatamente successive all’entrata in vigore della norma fiscale.

Un po’ quello che è accaduto con la nautica, dove il Superbollo sugli yacht provocò l’esodo in massa verso approdi meno esosi, come Croazia, Grecia ed altre nazioni che si affacciano sul Mediterraneo. Altro che maggior gettito: a farne le spese sono stati gli operatori portuali italiani, oppure il personale delle concessionarie e delle officine d’auto specializzate in veicoli di alta gamma.

Ora, sommessamente, il mondo dell’auto inizia a chiedere che il provvedimento venga ripensato, anzi abolito: alla luce dei numeri, la sua eliminazione, grazie attraverso maggiori vendite ed al recupero dell’immatricolato del segmento, in crescita nel 2016 del 3,8%, genererebbe maggior gettito fiscale.

I relatori della tavola rotonda sul Superbollo, organizzata alla presentazione della terza edizione del Salone dell'Auto di Torino
I relatori della tavola rotonda sul Superbollo, organizzata alla presentazione della terza edizione del Salone dell'Auto di Torino

L’argomento Superbollo è stato al centro della tavola rotonda svoltasi in occasione della presentazione della 3ª edizione del Salone dell’Auto Parco Valentino. Vi proponiamo un sunto degli interventi più rappresentativi

Eugenio Blasetti (press relations manager Mercedes-Benz)
«C’erano una volta in Italia le auto potenti. Rosse, Argento, Blu e Nere. Le vedevi, le sognavi, le compravi usate di seconda, terza o quarta mano, perché la passione ti divorava.
E c'erano i meccanici che sembravano maghi, come quello di una concessionaria di Roma che aveva il camice bianco. Era burbero e severo ma umano e quando la mia auto vecchia ma potente ebbe un problema serio, me lo risolse prendendo il costosissimo pezzo da un'auto incidentata.
Una figura così oggi è sparita, almeno in Italia. Perché le auto potenti nuove qui da noi se ne vendono poche. Quelle irraggiungibili, da collezione, e spesso dopo il primo proprietario, dopo quattro anni, se ne vanno all'estero. E i maghi hanno cessato l'attività o si dedicano alle utilitarie. Perché pochissimi possono permettersi di mantenerle.
E questo ha un responsabile: il superbollo del 2011 del Professor Monti. Pur avendo quest'ultimo ammesso di averlo introdotto per motivi simbolici e oggi anacronistici, è ancora qui. Ma, direte, oltre ad aver ucciso le auto potenti e massacrato l'indotto e l'artigianato che ci gravitava attorno, il Superbollo ha finanziato le disastrate casse italiane, tassando maggiormente quelli con la maggior capacità contributiva, come prevede dice la nostra bella Costituzione.
E invece no. Ha portato meno soldi all'erario, i ricchi hanno pagato meno tasse e sperperato valore italiano svenduto all'estero. Quindi, l'appello che lancio ai politici è questo: “Fate pagare più tasse ai ricchi, e un po' anche agli appassionati. Sostituite il Superbollo con un’imposta di immatricolazione pari al 3-5% del suo valore, in modo che il secondo proprietario ne paghi la metà ed il terzo un quarto, secondo la logica del valore residuo. E se il flusso di cassa non è sufficiente, aumentate questo valore per i primi anni per poi ridurlo. Tornerete così a far sognare gli italiani, orgogliosi di vivere nel paese di Ferrari, Maserati, Lamborghini e Alfa Romeo. E riaccenderete le discussioni a scuola e nei bar o nei circoli sportivi su chi fa meglio le auto tra Modena e Stoccarda"»
.

Lidia Dainelli (direttore comunicazione Jaguar - Land Rover)
«Rappresento due brand premium che naturalmente hanno risentito più di altri l'introduzione del superbollo. La forma con la quale la tassa è stata concepita ha di fatto distrutto in Italia un segmento che rappresenta il fiore all'occhiello dell'automotive e ha generato un danno per tutto il comparto automobilistico. Tale danno ha un duplice aspetto, direi pratico e "filosofico".
Il superbollo per le auto più potenti è stato e continua a essere improduttivo per lo Stato: ha generato una serie di fenomeni a catena, tra cui un calo verticale delle vendite sopra i 185KW, l'aumento delle esportazioni di auto usate, mentre quella parte alta del segmento avrebbe potuto generare un importante gettito fiscale per lo Stato e quindi un impulso positivo all'economia.
L'altro aspetto è più di cuore: in Italia vige ancora l'emozione data da una bella vettura prestazionale, il desiderio, la passione nell'acquistarla e guidarla. L’auto è un po' l'immagine, l'identità dell'acquirente. Questa sovrattassa che voleva colpire i super ricchi ha invece danneggiato lo slancio del possesso di un oggetto desiderato. Potete immaginare come può colpire a livello emozionale Jaguar che ha come DNA di brand the Art of Performance!».

Romano Valente (direttore generale UNRAE)
«I dati che abbiamo raccontano meglio di ogni considerazione quello che ha significato il Superbollo, ovvero la perdita di fatturato, gettito fiscale, sofferenza di un’area dell’eccellenza tipicamente italiana, e abbiamo anche messo in difficoltà competenze commerciali e tecniche difficilmente rinnovabili. Se si eliminasse il Superbollo ci sarebbe un maggior gettito fiscale».

Andrea Levy (presidente Parco Valentino)
«Da appassionato di automobili sportive, rilevo come i riflessi di questa tassa portino perdite per le casse dello Stato, dimostrate dai dati oggettivi, ma non parlano di quanto abbiano influito su una passione che si spegne. Perché il Superbollo ha evidentemente ridotto la possibilità per i giovani di acquistare un’auto sportiva usata, considerando che nel giro di pochi anni i costi di gestione della vettura eguaglierebbero o supererebbero il valore dell’auto stessa».

 

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