Tecnica: lubrificare sì, ma con giudizio!

Tecnica: lubrificare sì, ma con giudizio!
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Talvolta il rapporto tra olio e motore è assai più complesso di quanto si possa pensare
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
1 agosto 2016

In qualunque motore, è di importanza vitale fare arrivare ai vari organi meccanici una quantità di olio adeguata alle esigenze, cioè tale da assicurare una corretta lubrificazione delle superfici di strisciamento accompagnata, ove necessario, da una cospicua asportazione di calore. Il sempre più diffuso ricorso a getti di olio per migliorare il raffreddamento dei pistoni, ha reso necessario un aumento della mandata. Un incremento di quest’ultima però determina un maggiore assorbimento di potenza: ci vogliono più cavalli per azionare la pompa, e vengono sottratti a quelli prodotti all’interno dei cilindri. Questo significa che il rendimento meccanico del motore peggiora. Alla trasmissione arriva una potenza leggermente minore, per una stessa quantità di carburante bruciato. Ciò significa che, se per far procedere il veicolo si “utilizza” lo stesso numero di cavalli, si consuma più benzina (o gasolio, o GPL…).

Negli ultimi anni, in campo auto, l’esigenza di limitare le emissioni di CO2 è diventato vitale, e siccome la quantità di tale gas prodotta dal motore è direttamente legata alla quantità di carburante bruciato all’interno dei cilindri, la riduzione dei consumi è diventata un obiettivo primario. I tecnici hanno lavorato intensamente su più fronti per migliorare la situazione, e alcuni loro interventi hanno interessato anche la lubrificazione del motore. Per quanto riguarda gli oli, sono stati sviluppate nuove formulazioni con viscosità più bassa e sono stati messi a punto additivi che migliorano la “scivolosità”, ovvero riducono l’attrito (low-friction). In quanto ai sistemi di lubrificazione, si è lavorato sulle pompe, sviluppandone alcune a portata variabile (che hanno già una discreta diffusione in campo auto), e ci si è adoperati per ridurre le perdite di carico nel circuito.

Basamento di tipo open-deck in lega di alluminio di un moderno motore BMW a quattro cilindri; si possono osservare le intercapedini per l’acqua attorno alle canne e due grandi passaggi esterni per il ritorno dell’olio alla coppa
Basamento di tipo open-deck in lega di alluminio di un moderno motore BMW a quattro cilindri; si possono osservare le intercapedini per l’acqua attorno alle canne e due grandi passaggi esterni per il ritorno dell’olio alla coppa

Perdite per sbattimento: cosa sono

Quanto detto vale anche per i motori di altissima potenza specifica, per una ragione però differente. Un miglior rendimento meccanico è fondamentale in questo caso, non tanto per ridurre i consumi, quanto per ottenere prestazioni più elevate. Diminuire il numero di cavalli che vengono perduti lungo il percorso che dalle camere di combustione porta alla uscita del motore, però, non è tanto facile, quando i regimi di rotazione sono molto elevati. Di grande importanza è riuscire a ridurre le perdite per “sbattimento”, che come noto sono dovute all'azione frenante che l’olio esercita nei confronti delle parti mobili. Non si tratta delle perdite dovute all’attrito interno dell’olio, che si hanno nelle bronzine e tra pistone e cilindro, determinate dalla resistenza allo scorrimento opposta dallo strato di lubrificante che separa le superfici fisse da quelle mobili (perni dell’albero, mantello dei pistoni, segmenti). Lo sbattimento si verifica quando i componenti mobili sono costretti a “fendere” una fitta nebbia d’olio, se non addirittura una pioggia. Tipicamente, è il caso delle bielle, dei contrappesi e dei bracci di manovella dell’albero a gomiti. È anche per questa ragione che i motori da corsa sono dotati di un circuito di lubrificazione a carter secco.

Di grande importanza è riuscire a ridurre le perdite per “sbattimento”, che sono dovute alla azione frenante che l’olio esercita nei confronti delle parti mobili

Nel corso dell'evoluzione della tecnica motoristica l’importanza di evitare che l’olio della coppa potesse interferire con gli organi del manovellismo è divenuta sempre più chiara. Per questo motivo per i modelli di serie, pressoché universalmente dotati di circuiti a carter umido, sono state realizzate coppe che in genere sono piuttosto profonde. Risultati ancora migliori, per quanto riguarda la riduzione delle perdite per sbattimento, sono stati ottenuti utilizzando paratie interne accuratamente studiate e disposte. Nelle brusche frenate e nelle accelerazioni brucianti l’olio nella coppa si sposta in avanti o all’indietro. E non si deve dimenticare che nelle auto, allorché si percorrono le curve, la forza centrifuga agisce in modo da spostare l’olio tutto da un lato (o dall’altro). Nei modelli dalle prestazioni molto elevate, la zona inferiore della coppa, dove si trova la succhieruola, viene conformata in modo da far sì che, anche in tali condizioni critiche, la pompa possa continuare ad aspirare olio. Grazie alle paratie è possibile limitare gli spostamenti dell’olio stesso, evitando così che quello contenuto nella coppa possa entrare in contatto con le parti mobili, cosa che causerebbe cospicue perdite per sbattimento.

In questa coppa di un motore automobilistico di serie di alte prestazioni è ben visibile la paratia in lamiera, fissata mediante viti, che separa l’olio in essa contenuto dalla camera di manovella
In questa coppa di un motore automobilistico di serie di alte prestazioni è ben visibile la paratia in lamiera, fissata mediante viti, che separa l’olio in essa contenuto dalla camera di manovella

Spiando nei motori...

Fino agli anni Sessanta, diverse cose evidentemente non erano tanto chiare per quanto riguarda il comportamento dell’olio all’interno della camera di manovella dei motori molto veloci. Per questa ragione, alla Moto Morini il tecnico Biavati praticò un'apertura, sul dorso del carter del famoso monocilindrico 250 da Gran Premio, che chiuse con una lastra di plexiglass. Questo gli permise di osservare che l’olio tendeva ad “avvolgere” l’albero, un poco come gli spaghetti attorno a una forchetta. L’ing. Forghieri racconta che anche alla Ferrari vennero compiute esperienze di questo genere (senza usare il plexiglass, ma semplicemente sollevando leggermente la coppetta, in modo da poter guardare dentro (la cosa rese necessario l’impiego di occhialoni e impermeabili da pescatore). Il progettista Bossù ricorda che alla Abarth si stupirono perché in una gara su un circuito tedesco la loro vettura era molto più veloce di una certa auto inglese in rettilineo, ma prendeva la paga nelle accelerazioni che si effettuavano verso l’uscita dei curvoni; solo dopo accurate sperimentazioni si resero conto che ciò accadeva a causa dello spostamento dell’olio causato dalla forza centrifuga, che andava a frenare la rotazione dell’albero a gomiti.

Anche le Moto3 e le MotoGP adottano circuiti di lubrificazione a carter secco

Alla BMW sul finire degli anni Sessanta sono state effettuate diverse prove con coppe aventi varie conformazioni. Al banco la differenza in termini di potenza tra la più bassa e la più profonda era impressionante…Esperienze di questo genere hanno portato alla realizzazione di paratie a “effetto raschiante”, che addirittura sfiorano le bielle e i contrappesi dell’albero, asportando una gran quantità di olio. In campo motociclistico, i velocissimi quadricilindrici di alte prestazioni hanno la coppa dell’olio lontana e ben separata dalla camera di manovella. In alcuni recenti motori, tanto auto quanto motociclistici, per il ritorno dell’olio dalla testa si utilizzano canalizzazioni che non fanno passare il lubrificante nella camera di manovella, ma lo conducono direttamente alla coppa. Come avviene per le auto da corsa (che hanno a che fare con accelerazioni trasversali e longitudinali impressionanti, e per le quali la riduzione dell’ingombro verticale del motore è importante), anche le Moto3 e le MotoGP adottano circuiti di lubrificazione a carter secco, con il serbatoio che, per ragioni di compattezza, è costituito da una profonda coppa posta sotto l’alloggiamento del cambio.

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