Daihatsu Trevis

Daihatsu Trevis
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Design retrò, praticità contemporanea.
24 settembre 2006

Vaprio d’Adda (MI) – Avvicinandovi a lei si fa davvero fatica a distogliere lo sguardo da quel frontale così retrò, con la griglia – perché di vera e propria griglia si tratta, mica di una calandra stilizzata con un nome in inglese tanto trendy, come su certe vetture della concorrenza - cromata sovradimensionata rispetto alle dimensioni quasi lillipuziane dell’insieme e con quei fari grandi e tondi che sembrano sorriderti. E l’impressione di avere fatto un piccolo salto indietro nel tempo è confermata anche osservando la fiancata, con la linea di cintura piuttosto alta e il padiglione dalla forma molto regolare, che ricorda i taxi inglesi che piacciono tanto ai turisti in visita a Londra.
La nuova Daihatsu Trevis si presenta così, con un abito che pur non nascondendo le citazioni (difficile non pensare alla Mini, quella “vera”, made in England, osservando il frontale, mentre i fari posteriori ci ricordano vagamente la Lancia Ypsilon e una mezza dozzina di altre vetture) riesce a proporsi come qualcosa di assolutamente originale nell’insieme. Originale e accattivante, se ci è consentito esprimere un giudizio personale.

Tanto spazio, con qualche caduta di stile
Se all’esterno la Trevis si fa apprezzare soprattutto per la sua personalità stilistica, che certamente non passa inosservata, una volta a bordo la nostra attenzione è subito catturata dal grande spazio interno, che soprattutto per chi siede dietro è decisamente sopra la media della categoria, al punto che gli eventuali due passeggeri posteriori (la Trevis è omologata per trasportare quattro persone) possono contare su un discreto spazio per le gambe e un più che valido spazio in altezza.
Davanti le cose vanno altrettanto bene, con qualche limite solo in larghezza. Considerando però le dimensioni esterne (è lunga 3.410 mm, larga 1.475 e alta 1.500) non ci si può davvero lamentare.

 

La posizione di guida è piuttosto rialzata, il che consente un’ottima visibilità in tutte le direzioni, grazie anche ai montanti sottili, e agevola la salita e la discesa dalla vettura. Certo l’impressione è un po’ quella di trovarsi a bordo di una monovolume, complice anche il volante piuttosto inclinato, ma questo non dovrebbe essere un difetto per i potenziali clienti della vettura giapponese.

In compenso la strumentazione è ben leggibile e i comando sono disposti in modo ordinato. Buona la dotazione di spazi per riporre eventuali oggetti: gli scomparti sono numerosi, anche se non molto capienti.
Funzionalità dell’abitacolo promossa a pieni voti, quindi, con qualche rammarico solo per lo stile, che pure è uno dei punti di forza della vettura, almeno all’esterno: in effetti si nota l’attenzione ad alcuni dettagli, come la plancia bicolore con design ad ellisse o le maniglie delle porte dall’originale forma ad anello, ma il nostro sorriso si spegne quando gli occhi cadono sulla plancia, dominata visivamente da un grosso “buco” che è stato riempito con un’autoradio after market (per altro di serie), un orologio digitale e un piccolo ripiano aperto. L’atmosfera primi anni Ottanta è assicurata, ma questa volta il tocco retrò non è affatto voluto… Chiediamo spiegazioni: a quanto pare Daihatsu non esporta la Trevis con un’autoradio integrata: un vero peccato perché lo stile accattivante della carrozzeria avrebbe meritato una maggiore attenzione all’atmosfera dell’abitacolo. Altro elemento decisamente stonato è poi il volante a tre razze della Momo: un gran bel oggetto, sia chiaro, ma cosa c’entra un volante così sportivo con una tranquilla “mille” da città?

 

La qualità dei materiali in compenso è in linea con la concorrenza, mentre il bagagliaio merita una bella promozione: è capiente (167 litri, che diventano 420 abbattendo il divano posteriore) e facile da sfruttare grazie alla soglia di carico ampia e bassa e alla forma regolare.

Agile senza pensieri
E’ il momento di iniziare la nostra prova e nel farlo scegliamo un esemplare dotato di cambio manuale (a cinque marce).
Il propulsore è un modernissimo tre cilindri in linea, a benzina, montato trasversalmente, con una cilindrata di 989 cc., testata in lega leggera, quattro valvole per cilindri e fasatura variabile DVVT che agisce sulle valvole di aspirazione per ottimizzare i consumi. La potenza è pari a 58,5 CV a 6.000 giri, con una coppia di 91 Nm a 4.000 giri, mentre i consumi dichiarati sono pari a 6 l/100 km in città, 4,1 nei percorsi extraurbani e 4,8 nel ciclo misto (5,9 con il cambio automatico).
Una volta in moto, il propulsore non fa mai sentire in modo esagerato la propria voce e mostra un’apprezzabile vivacità ai bassi regimi, dove dà decisamente il meglio di sé. Volendo, da bravo benzina, sa anche tirare fino a 6.000 giri, ma impariamo presto che certe “tirate” servono solo ad aumentare la rumorosità mentre l’andatura non varia in modo apprezzabile. Del resto sarebbe ingiusto pretendere di più da una “mille” pensata soprattutto per muoversi con disinvoltura in città.

E proprio nei centri urbani la Trevis dà il meglio di sé, dimostrandosi sempre facile da condurre e molto agile, grazie anche ad un raggio di sterzata davvero contenuto (solo 4,4 metri), garanzia – insieme alle dimensioni esterne contenute – di parcheggi sempre

 

agevoli e della possibilità di “sgusciare” anche tra i passaggi più stretti.

Freni e tenuta di strada sono apparsi nella media della categoria, ovvero adeguati alla potenza limitata a disposizione ma con qualche limite nel momento in cui si forza l’andatura (ma perché qualcuno dovrebbe farlo con una vettura simpatica e mansueta come questa?). Buona, in compenso, la manovrabilità del cambio, così come il comfort complessivo in rapporto alla categoria di appartenenza, grazie anche alle sospensioni che assorbono le asperità senza protestare troppo.

Automatica è meglio
Nella seconda parte del nostro test abbiamo messo alla prova anche una vettura equipaggiata con il cambio automatico a quattro rapporti, che si è rivelato davvero una (bella) sorpresa. In salita i passaggi da una marcia all’altra sono sempre molto morbidi e la logica di gestione è apparsa sorprendentemente valida: se si decide di affondare il piede sull’acceleratore il cambio capisce che non è il momento di intromettersi e lascia tranquillamente che il contagiri arrivi in prossimità del limitatore. Come abbiamo visto questo tipo di “tirate” non sono proprio nello spirito della Trevis ma è comunque un’esperienza piacevole guidare senza essere del tutto in balia dei chip… Note positive anche per il comportamento in scalata: il passaggio ai rapporti inferiori è sempre molto morbido e tempestivo.
Insomma, un gran bel cambio automatico che costituisce la soluzione ideale per una vettura come la Trevis, votata soprattutto alla guida in città. E in Daihatsu credono talmente tanto in questa soluzione da proporre un’offerta davvero unica: la trasmissione automatica è offerta infatti senza sovrapprezzo rispetto al cambio manuale. Considerando che non si tratta di un’offerta promozionale limitata nel tempo, non possiamo che applaudire a questa scelta coraggiosa e consigliare di approfittarne.

Quanto costa?
Anche sul fronte delle dotazioni in Daihatsu hanno scelto una strada coraggiosa: in un segmento in cui molti Costruttori propongono entry level ribassati a fronte di dotazioni ridotte quasi all’essenziale con l’unico obiettivo di attirare i potenziali clienti in concessionaria, l’importato italiano del marchio giapponese ha deciso di proporre la Trevis con un unico allestimento particolarmente ricco. Sono di serie infatti ABS con EBD, doppio airbag, antifurto immobilizer, chiusura centralizzata con telecomando, alzacristalli elettrici anteriori, retrovisori elettrici, climatizzatore manuale, sedile posteriore abbattibile frazionato (50/50) e cerchi in lega.
Difficile pretendere di più, considerando il prezzo di 11.300 euro.

Da comprare perché:
- design esterno ricco di personalità
- è perfetta per muoversi nel traffico con agilità
- elevato spazio interno
- costi di gestione contenuti
- dotazioni ricche in rapporto al prezzo di listino

Da rivedere:
- alcuni elementi della plancia non convincono

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