F1, i 70 anni della Rossa raccontati da Piero Ferrari

F1, i 70 anni della Rossa raccontati da Piero Ferrari
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Paolo Ciccarone
Piero Ferrari ripercorre i primi 70 anni della Rossa di Maranello, con uno sguardo al futuro
9 giugno 2017

Ferrari 70, sembra ieri invece sta quasi passando un secolo fatto di risultati, vittorie, delusioni ma sempre con un punto fermo: il mito consolidato. A Torino, in occasione del Salone del Parco del Valentino, si sono aperti i tributi a un marchio unico al mondo e viene da pensare al ricordo di quel parco, di quella panchina che quasi cento anni fa fu protagonista di un episodio.

Subito dopo la fine della prima guerra mondiale. Un giovane alla ricerca di un lavoro, la Fiat che lo rifiuta, la disperazione di non sapere più che fare, il dover tornare a casa nel paesello in provincia di Modena senza una risposta, senza una certezza. E quello che sarebbe diventato il mito per milioni, anzi miliardi di appassionati, scoppia in lacrime, disperato. Un episodio che Enzo Ferrari ricorderà ciclicamente quando doveva ricordare dei momenti neri della sua storia.

Attorno a quella panchina, mercoledì 7 giugno, a Torino c'è stata una celebrazione, un tributo dedicato alle Ferrari e a Enzo Ferrari, avverrà proprio su quelle strade del parco del Valentino, nella terza edizione del Gran Premio, e sarà un modo per chiudere il cerchio fra le lacrime di un giovane disperato e il trionfo di un marchio come quello Ferrari di oggi.

All'epoca, quando nacque la scuderia, Piero Ferrari era solo un bambino di due anni e quell'uomo burbero era semplicemente il padrone. Le officine sfornavano auto sportive, auto da corsa, gente che andava, gente che veniva. Personaggi importati, politici, attori, cantanti, capi di stato e altro ancora. Maranello era solo un piccolo centro del modenese, dove un vecchio appassionato di motori aveva eletto la sua dimora, aveva costruito auto che la domenica dovevano andare più forte delle altre. Del mito Ferrari, all'epoca, non c'era traccia ma forse qualcosa nell'aria doveva esserci, un sentore di un qualcosa di chi sta scrivendo una pagina di storia.

Se guardo a cosa era la Ferrari a quel tempo e cosa è diventata oggi, mi tremano i polsi. Mi chiedo come sia stato possibile costruire tutto passo dopo passo, diventare quella che è oggi la Ferrari

Dopo 70 anni Piero Ferrari, figlio di Enzo, il fondatore della rossa più famosa del mondo, ricorda quei momenti: "Certo, se guardo a cosa era la Ferrari a quel tempo e cosa è diventata oggi, mi tremano i polsi. Mi chiedo come sia stato possibile costruire tutto passo dopo passo, diventare quella che è oggi la Ferrari. Vado negli Stati Uniti e celebrano il cavallino rampante. Vado negli Emirati e hanno una venerazione, si corre la domenica una gara e ci sono le bandiere che sventolano in tribuna".

"Per fortuna tutte le mattine che entro in azienda, non mi pongo il problema, non mi fermo a pensare a cosa stiamo facendo e dove stiamo andando. Per me è semplicemente casa mia, entro dalla porta, faccio le mie cose, poi torno a casa. Se dovessi pensarci, e qualche volta mi è successo, mi viene il tremore alle mani al solo pensiero". Ferrari come casa propria, un luogo familiare, dove muoversi fra le quattro pareti con la scioltezza di chi fa tutto con naturalezza.

Ma ha mai avuto, da bambino, la percezione che si stesse facendo qualcosa di unico? "no, affatto. C'era la percezione di fare bene per la gara seguente, di battere i rivali, di capire i perché di una sconfitta, ma era tutto un fare quotidiano, non so se mi spiego. Non è che lavorando da mattina a sera uno dice: sto facendo la storia. Capisce cosa intendo?".

Certamente. Il quotidiano, il concludere una giornata pesante magari avara di soddisfazioni. "Per me Enzo Ferrari era l'uomo, il padre, colui con cui confrontarsi tutti i momenti, per gli altri era il mito. Sono due prospettive diverse, due modi differenti di vivere le situazioni. Di sicuro posso dire che la Ferrari di oggi sarebbe piaciuta a mio padre, per lo spirito competitivo, per porsi sempre degli obbiettivi alti, per non arrendersi mai".

Per me Enzo Ferrari era l'uomo, il padre, colui con cui confrontarsi tutti i momenti, per gli altri era il mito

Parlando di Ferrari le riporto il pensiero di Jackie Stewart, tre volte campione del mondo di F.1 che non corse mai con la Ferrari: "Negli anni 50 e 60 le vetture GT più belle e intriganti non erano certo le Ferrari. C'erano le Maserati, le Alfa Romeo, le Bugatti, poi arrivarono altri costruttori. Se Ferrari è diventato un mito assoluto lo deve solo alla F.1, alle corse. Se vi chiedo il nome di chi ha vinto i 100 metri alle olimpiadi e chi ha vinto la maratona, molti risponderanno sul centometrista, segno che chi va veloce lascia il segno".

Signor Piero, lei che conosce Stewart, cosa risponde? "Rispondo con una constatazione semplice: se la domenica vinciamo il Gran Premio, il lunedì mattina non c'è la fila a comprare le nostre auto. Quindi se la Ferrari oggi è quella che è lo si deve sia alla F.1, ma è anche vero che per moltissimi anni non abbiamo vinto niente, ma sopratutto al valore delle nostre auto, che sono apprezzate in tutto il mondo. Questo per rispondere a Stewart, un grandissimo campione che non ha mai corso per la Ferrari e che mio padre avrebbe voluto".

Parlando di suo padre, avrebbe certo apprezzato il mito nel mondo, siete più popolari della Coca Cola o Microsoft..."E' vero e la cosa mi stupisce, perché nel mondo di solito sono i marchi americani, anglosassoni ad imporsi, invece con Ferrari è un marchio italiano, qualcosa che unisce fascino e tecnologia, si tratta di eccellenze come le abbiamo in altri settori, penso alla moda tanto per dirne una, e si va oltre il solito stereotipo di pizza spaghetti e roba simile. Davvero sono stupito, specie se penso al calore della gente quando mi incontra o quando vanno al Ferrari World ad Abu Dhabi o da altre parti".

Mi ha fatto immensamente piacere vincere nel Principato, non capitava da 16 anni e poi in quel modo, davvero incredibile. Ma ogni due settimane abbiamo un esame da superare e tempo per festeggiare ce ne è poco...

Domenica scorsa la Ferrari ha fatto una storica doppietta al GP di Montecarlo, la gara più blasonata del mondiale F.1, ma la mente è già al prossimo Gran Premio in Canada: "fa parte della nostra visione, d'altronde mio padre diceva sempre che la macchina più bella e più veloce sarà la prossima, vale anche per le corse. Mi ha fatto immensamente piacere vincere nel Principato, non capitava da 16 anni e poi in quel modo, davvero incredibile. Ma ogni due settimane abbiamo un esame da superare e tempo per festeggiare ce ne è poco...".

Certo, come da tradizione, ma visto che si celebrano i 70 anni Ferrari, di sicuro lei una mezza idea su come celebrarli mi sa che l'ha in mente..."Guardi, non mi faccia parlare e non mi faccia dire niente. Lo faccio per scaramanzia, ma d'altronde non ci vuole molto a capire come vorrei celebrare a fine anno questa stagione...Ci siamo capiti, vero?" Perfettamente. E incrociamo le dita.

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