In viaggio con Automoto: Citroen Mehari

In viaggio con Automoto: Citroen Mehari
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In viaggio con una Citroen Mehari arancione
16 ottobre 2017

Mehari piace anche perché vuole sembrare un mezzo da lavoro pur essendo invece un allegro giocattolo per bambini grandi, in fragile Abs. Mehari è il nome di un dromedario, mentre sotto il travestimento in abs c'è una 2CV col cambio corto. Discutiamo, il Mehari...la Mehari...Suv sarai tu, è La Mehari...troppo sole in testa... A volte ci prende una certa follia e va a finire che si torna delle vacanze con una Citroen. Perchè? Semplice: da piccoli si leggevano delle prove epiche, stilosissime e a volte folli che il double chevron imponeva alle sue creazioni.

Ripartire con la Traction dopo averla buttata giù da una scarpata, andare in giro con tre ruote, attraversare l'Africa con strani mezzi semicingolati...qualcosa di mitologico, sempre condito da una sprezzante eleganza – mai snob - ed un senso di intelligenza che traspariva da ogni bullone.

Noi quest'ultimo l'abbiamo lasciato a casa e così sotto un telo impolverato abbiamo visto la sagoma di una enorme cassa della frutta. Bastava una spintina per farla rimbalzare  e confermarsi che si trattava di una Mehari. Dell'85, mai restaurata e con appena 25 mila km percorsi. Oggi le Mehari che si trovano o sono marce o sono integralmente ricostruite e sanno tanto, troppo di nuovo. Non questa, che riluce ancora della sua epoca come tutte le auto conservate. Così di nuovo si sale in Citroen, patria di quell'eleganza unica e pulsante perchè semplice, perchè vera e arguta.

Avevamo già portato via dalla Corsica con successo una DS 20 Pallas abbandonata in un campo, eccoci ora dalla Sardegna col cammellino arancione. Come sempre divieto di autostrada per eccesso di lentezza e tanto gusto nel viaggiare. Sappiamo che ci aspetta come sempre la cara vecchia Cisa per raggiungere almeno Parma. Ma questa volta non abbiamo fretta e anzi ci lasceremo distrarre da diversi interessi, a prima vista insensati ma con qualche sorpresa futura.

Il viaggio

La Mehari è allestita sul telaio della 2CV: questo è molto raffinato ed ingegnoso, da qui le sue notevoli doti di tenuta di strada. Il motore è anche lui decisamente elegante: un 2 cilindri contrapposti raffreddato ad aria, progettato dall'italiano Walter Becchia. Anche per queste qualità le 2CV e derivate (seri dubbi sull’Ami 8 berlina) sono auto di valore: sotto il vestito c'è moltissimo.

Ne vedessimo oggi di motori così nelle auto economiche, sotto a quei cofani in cui troviamo altri cofani di plastica simil-metal posticci, a cui va il merito di silenziare la cacofonia dei 4 cilindri diesel attuali. Dopo 2 km si è già fermi.

Non c'è problema, il motore 2CV lo conosciamo a memoria. È la spina della bobina, fissata malissimo come sempre, che si è sfilata. Percorriamo la strada da Castelsardo ad Aggius e la troviamo una delle strade più belle del mondo per i panorami stupendi e la qualità del percorso. Obbligatoria la tappa a Porto Pollo nella speranza di una surfata e alla fine siamo alla nave. Mentre si aspetta un barista con i suoi amici goliardi mi ribattezza “Jack Mehari” e offre da bere gli ultimi due giri di birra della giornata, senza un perchè. Storie e situazioni che solo queste auto sanno attirare. Golfo Aranci e la mattina dopo troviamo un laghetto d'olio sotto il motore. Guarnizioni secche dei coperchi valvole, che rabbia. Pisa, Viareggio...Pietrasanta. Abbandoniamo l'impresa: troppo olio che cola.

A Rosignano c'è la sede di un club 2CV e derivate magnifico, piccolissimo, anni '30. Gran chiacchierate tra Ami Super, Mehari 4x4 e rottami sparsi che si vorrebbe sempre salvare. Si sta a mangiare fichi sotto un albero con 40 gradi. Marcello, gentilissimo ed esperto, ci regala le preziose guarnizioni che possiamo andare a sostituire, forse, perchè non abbiamo alcun attrezzo. Rimanendo nel grossetano ci viene in mente che quest'anno cade il centenario di Aurelio Galeppini, il Galep “padre grafico” di Tex, grandissimo.

Ci prestano la chiave inglese di scorta di una Fiat 1100, con cui riusciamo ad aprire i coperchi valvole in giardino. Tagliamo una bottiglia di plastica a sezione quadrata senza togliere il tappo e senza tagliarle la parte alta: l'olio cola dentro alla bottiglia dalle punterie e poi la sfiliamo da sotto ai cilindri mettendola in verticale. L'olio resta nella parte alta della bottiglia e la stappiamo in un contenitore, pronto ad andare negli olii esausti dove si deve. Non una goccia è finita nel terreno. Lavorare su queste auto lascia ancora grande spazio all'inventiva. C'è sempre da metterci le mani, non c'è un viaggio che non succeda qualcosino.

Il coperchio valvole ad un unico ancoraggio rimosso e le punterie ad aste e bilanceri in vista. Si scopre che ci sono altri pezzi che potrebbero causare perdite per sovrapressione, come il “Reniflard”, il bulbo dell'olio o le guarnizioni delle fodere delle aste, verso il basamento.Per cambiare questi pezzi ci vogliono 5 minuti per il pezzo e due secoli per rimuovere carter dell'aria, collettori e ammennicoli sempre bloccati da ruggini e fissaggi curiosi.

Bottiglia cattura-olio...

Ma si riparano sempre. e vanno sempre. Risolta la perdita, andiamo d'obbligo a Pietrasanta a vedere la gipsoteca, dove a proposito di auto, vi è una bellissima statua di Senna (stampo in gesso, S.Pierotti). Ha un'espressività toccante e pensiamo alla canzone che Lucio Dalla gli ha dedicato. Non ci piaceva, poi un amico pilota italo-inglese ce l'ha fatta capire e sentire da pilota: bellissima.

“...come una macchina ricavata da un blocco di marmo di Carrara”. Sotto le stupende Alpi Apuane questa frase di Horacio Pagani diventa ancora più incisiva, così decidiamo di approfondirla e di andare a provare la tenuta del lavoro appena fatto, inerpicandoci verso i luoghi sacri del marmo, facendo meta al Lago di Isola Santa. Passiamo dai 40 ai 16 gradi e giunti a destinazione mangiamo a quattro palmenti con la scusa del freddo. Posto splendido e l'olio sta al suo posto. La discesa verso le Grotte del Corchia ha una media dimezzata rispetto alla salita da affrontare con 29 cavalli. Troviamo finalmente una cava di marmo dove attraversiamo un tunnel di marmo scavato nella montagna, terrificante. E' la galleria artificiale che conduce il marmo dalla cava alla strada. A metà galleria ci prende un senso di vertigine inspiegabile ed uscire dall'altra parte diventa un'impresa. Sembra tutto piccolo ed in realtà è enorme. I blocchi della cava sembrano cubetti e sono alti metri...Un posto sinistro quanto incredibilmente affascinate: da vedere, da qui è passata la storia della scultura italiana e mondiale! Visitiamo la Fondazione Bertoux a Seravezza e vediamo lavorazioni, sculture e spazi dedicati al marmo davvero unici. Bellissima tappa.

Tecniche robotizzate innovative per la lavorazione del marmo, fondazione Bertoux
Tecniche robotizzate innovative per la lavorazione del marmo, fondazione Bertoux

Ci avviciniamo al mare un momento e - per “colpa” di Paolo Martin - andiamo a provare un offshore in miniatura radiocomandato, che corre come un dannato. Perchè? Disegnando un'auto piuttosto complessa dalla cabina sostituibile e basculante, Paolo ci disse che solo Fabio Buzzi avrebbe potuto ingegnerizzare alla perfezione un sistema così complicato. Una telefonata il mese prima ed eccoci alla FB Design, sul lago di Como, ammaliati dal mitologico e straordinario quadrimotorico “Cesa”, offshore vincitore di gare e rekord straordinari. Ci è tanto piaciuto da voler provare almeno in piccolo l'emozione della velocità tra le onde ora e da voler tornare dal geniale Buzzi quanto prima. Dalla sua matita è nata “La Gran Argentina”, con la sua saga di vittorie mai viste prima, ottenute dallo straordinario duo Scioli – Buzzi.

Gli interni della Mehari

Sono bellissimi, semplici ma quasi sexy. Quel senso di costume da bagno e poco più...con la schiena appiccicata al sedile di gomma. Due cuori e una capanna, con le ruote. A volte ti senti più libero che in moto, c'è il sole, c'è aria, non hai il casco e ti devi agitare parecchio per affrontare i tornanti.

La panchetta posteriore si adagia sul fondo dell'auto, trasformandola in un pick-up dal pianale complanare. Tutta la Mehari è nervata, ricordando i lavori del bravissimo ed elegante Jean Prouvè, coevo e vicino all'epopea Citroen. Mehari sembra poi un mezzo da lavoro duro e robusto, mentre in realtà la sua agilità, l'eleganza e la...delicatezza rendono invece quello che quest'auto è veramente: un archetipo irreale costruito con un materiale che imita la realtà delle automobili. Ma esiste ed è guidabile!

La Cisa

Da Massa a Carrara il traffico è sempre lentissimo. Massa ci scorre lentissima sotto le ruote, con tutte le sue architetture anni venti che si affacciano sulla strada. Freddine, ma sono il segno dell'interpretazione italiana del razionalismo europeo, interessanti. Molto meglio la scuola sorta attorno ad Adriano Olivetti comunque. A Carrara la mostra “Dopo Canova” illustra marmi di Carrara tornati in patria sotto forma di celebri statue, prestate anche dall'Ermitage. Magnifica idea.

Da Pontremoli la strada acquista pendenza e con la Mehari si avverte tantissimo. Il pavimento dell'auto diventa una specie di bistecchiera dal caldo che sale, insopportabile e qualche tappa è meglio farla. Meglio così: la scomodità della pedaliera della Mehari è esemplare: il freno è rialzatissimo mentre il sedile è basso. In fuoristrada faccio un'inversione di marcia sul ciglio di un dirupo: mi si incastra la gamba tra il volante ed il freno, non piacevole. Partono alcune imprecazioni e si riparte su asfalto. Mehari ha il cambio corto rispetto a 2CV e quindi in salita se la cava meglio. 40 km/h e motore su di giri: è raffreddato ad aria, pertanto sotto sforzo è bene che la ventola giri forte e raffreddi. Una terza al pelo, rispetto ad una seconda piena, a lungo, rischia di far fondere il motore. Due grandi sorpassi nel viaggio: una tartaruga a Porto Cervo ed una panchine sulla Cisa, in salita.

Finalmente la montagna

Prima di salire tra i tornanti vi sono delle manovre da fare: con il telaio 2CV è inutile frenare prima delle curve, la tenuta di strada è esemplare. Quindi, dati i 40 km/h, prima del tornante si fa ondeggiare i pesi della Mehari quel tanto da poter curvare stretti senza decelerare. Altrimenti ti fermi (del tutto).

In cima alla Cisa

c'è...il mercato per strada. Dopo diversi minuti il vigile ci concede di attraversarlo “a passo d'uomo”. In prima la Mehari va' più lenta di un giovinetto di 86 anni, non c'è problema. Abbiamo i vestiti appesi che strofinano contro gli specchietti (si staccheranno?!). Guardiamo le bancarelle di salumi e prodotti ghiotti vari e si sentono tantissimi apprezzamenti arrivare alla Mehari . Ci sentiamo come Jake ed Elwood nel supermercato. Al rallentatore e senza “nuovo modello di Oldsmobile” da vedere, semmai cinghiali. Passato il mercato facciamo pochi tornanti ancora e...ce l'abbiamo fatta, inizia la discesa.

In discesa la Mehari si trasforma, diventa appagante al massimo, soprattutto perchè, come nelle barzellette, devi aspettare la discesa per andare avanti! Poi perchè il telaio 2CV è un'opera d'arte, con le sue sospensioni interconnesse non per assale ma per ciascun lato dell'auto si comporta come un aeroplanino. Si guida col corpo come un sulky o un sidecar. Il volante orizzontale obbliga una virile presa da camionista e in curva devi puntarti con le gambe e sporgerti energicamente dal lato opposto alla celeberrima inclinazione che queste auto raggiungono. No servofreno, no servosterzo: evviva! Siamo attorno ai 6 quintali di peso totale col conducente, circa il peso di una italica pratica burocratica per ottenere un passo carraio. La reazione inerziale data dal peso che ci aspetteremmo in curva non arriva: l'auto va via piatta e sembra di volare. Se invece prendi paura ( dei 43 km/h), freni per principio appena vedi la curva, inclini di colpo l'auto affossandola nell'avantreno ed il motore non ti tira più fuori.

Con i suoi 602 cc e 29 CV potrebbe anche riuscirci, ma se hai frenato non te lo meriti. Ti devi affidare alle gomme, scomposto come uno sciatore principiante mentre curva a “spazza-uovo”. Il suono del motore è originalissimo: sembra di avere un pollaio galvanizzato sotto il cofano, soprattutto nei momenti di freno-motore, quasi difficili da innescare per il contraccolpo a salire.

Un modo di guidare originalissimo dunque, frenare il necessario, guidare con un filo di gas e pennellare le curve. Altro che sgasa, inchioda e strappa. Aggiungiamo che da Massa a Parma sono circa 135 km e vogliamo farli con i 7,5 litri di benzina fatti a Massa. Con il Maggiolino saremmo già fermi da diversi kilometri. Noi arriveremo invece pimpanti e felici nel regno dei prosciutti con un consumo, date le salite, irrisorio. Ovviamente anche questa volta la nostra Citroen elegantissima ci ha portato a casa, come da tradizione. Solo un dubbio ci resta, è più bassa la Mehari col parabrezza abbassato o la Huayra, a cui pensavamo tra i marmi? Beh, già che siamo a Parma andremo presto a vedere.

Alessandro Sammartini

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