Alex Zanardi: “Disabili un giorno in F1”. SciAbile e SpecialMente: BMW oltre le barriere

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A margine della presentazione annuale del progetto SciAbile organizzato dalla propria struttura, SpecialMente, abbiamo parlato con Alex Zanardi di come e quanto possa incidere la disabilità nel nostro settore di appartenenza
15 marzo 2016

Una società si giudica da come tratta i membri più fragili della propria comunità. Sarebbe bello, per quanto utopico – oltre che doveroso – poter assistere un giorno ad un mondo privo di barriere di qualsiasi tipo, che possa consentire a tutti di avere i medesimi accessi alle stesse opportunità.

Anche le grandi aziende non si tirano certo indietro a questo dovere sociale, BMW su tutte. Nell'anno del suo centenario – e dei cinquant'anni dall'ingresso nel nostro territorio nazionale – la casa dell'elica parla di due progetti di tutto rispetto, che vanno ad arricchire il programma etico SpecialMente: il sostegno alla boccia paralimpica ed a SciAbile.

Nel primo caso, l'azienda di Monaco offre il proprio appoggio a Carlotta Visconti, atleta paralimpica affetta da disabilità grave, la quale si è posta l'obiettivo di rappresentare l'Italia alle Paralimpiadi di Rio 2016 nella categoria della boccia paralimpica.

Gli impianti invernali dell'Abetone sono stati teatro del secondo programma di BMW, ovvero SciAbile. Realizzata in collaborazione con Dynamo Camp, l'iniziativa si occupa di portare sulle piste da sci i ragazzi colpiti da disabilità, facendo provar loro le emozioni che solo una discesa sa offrire.

Non poteva mancare, infine, Alex Zanardi, portabandiera BMW e campione che difenderà a Rio l'oro conquistato quattro anni prima. È stata questa l'occasione per una breve intervista, nella quale il due volte vincitore Champ Car ha spaziato a 360° sul settore automotive e non solo.

Partiamo da SciAbile: in che modo un'iniziativa simile può aiutare le persone colpite da disabilità?

«Enormemente, direi! Chi sa prendersi delle responsabilità e farle proprie, come nel caso di BMW Italia, sa anche capire come fornire degli strumenti a persone in situazioni non facili. Le persone che ci vogliono bene e che ci stanno accanto sono fondamentali, ma non bisogna essere troppo protettivi. Quando iniziai ad andare in go-kart, mio padre passava più tempo a darmi del “cretino” che a dirmi se fossi bravo. Una volta entrati in possesso degli strumenti che sono in grado di farci scendere da una montagna, di farci nuotare o di farci scalare una parete artificiale, accresciamo le conoscenze del nostro essere. Sono il nostro modo di dire “parto da qui, e di sicuro non mi fermo”. Se so di essere in grado di scendere da una pista da sci, vuol dire che forse posso arrivare a completare un percorso di studi. Si ritrova enorme fiducia nei propri mezzi.»

Sai che comunque di Alex Zanardi non ce ne sono molti in circolazione, e sei visto anche per questo come una sorta di supereroe...

«Non brillo di certo ogni giorno, come molti credono. Sono un essere umano, ho i miei dubbi, le mie incertezze e le mie debolezze. Noi diventiamo ciò che abbiamo ricevuto con l'educazione e gli stimoli che ci hanno circondato sin da piccoli. Mio padre ha provato in tutti i modi ad indirizzarmi verso una disciplina, sino a quando non scoprii il kart. Ho scoperto una passione che mi ha trasformato, tirando fuori il meglio di me, diventando la miglior persona che potessi essere. Se non ci fosse stato il kart, probabilmente mi sarei perso dietro a qualche pastiglia di ecstasy o in un bicchiere in discoteca. È per questo che le famiglie devono sempre stare vicino ai propri ragazzi.»

Veniamo al mondo delle auto. Si stanno facendo passi da gigante sotto il versante della tecnologia, e BMW ne è un esempio. Pensi che questa spinta tecnologica possa essere uno slancio per vedere persone affette da disabilità gareggiare in monoposto piuttosto che nei campionati turismo?

«Oggi è difficile immaginarlo, ma credo che sia tecnicamente fattibile. Facciamo per un attimo un paragone con il gentil sesso, dato che i numeri delle categorie si equivalgono. Non abbiamo ancora assistito ad una donna campione del mondo di F1 unicamente perché ve ne sono arrivate poche, a fronte di un numero elevatissimo di uomini. Si tratta di un dato puramente statistico, sovrapponibile perfettamente a quello dei disabili. Il percorso che ho fatto con BMW ha reso le persone più possibiliste. Ricordo lo scetticismo che regnava alle nostre prime uscite, quando alcuni giornalisti mi chiedevano come andassero le cose. Io rispondevo loro la verità, ovvero che c'erano ancora dei particolari da affinare, che dovevo trovare un modo diverso di connettermi all'auto. Per dovere di cronaca, scrivevano le mie dichiarazioni, senza però esserne troppo convinti. Dopo qualche gara, la domanda che regnava, invece, era perché mi fossi qualificato solo al quinto posto! Quanto fatto con BMW è importante sopratutto per le generazioni future, perché se dovesse arrivare un ragazzo che sapesse comportarsi bene al volante, nonostante la disabilità, sarebbe sicuramente visto con occhio diverso. Sarà un lungo percorso, ma sono convinto che un giorno potremmo vedere un disabile in Formula 1.»

Mentre invece, per quanto riguarda la guida di tutti i giorni...

«I grandi costruttori sanno fornire risposte molto efficaci, ma bisogna capire com'è indirizzata la domanda. È la domanda giusta, a mio avviso, a non essere ancora stata fatta. Questi interrogativi vanno posti a persone che vivono questa realtà tutti i giorni. Ho fatto il pilota per una vita intera, e una volta rimessomi al volante dopo l'incidente, gli ingegneri mi chiedevano di cosa avessi bisogno. Credevo di dover fare tutto con le mani! Quando mi calai nell'abitacolo della Serie 3, con una mano dovevo azionare la frizione ed il cambio ad acqua, con un pollice dovevo frenare, mentre con il palmo giravo il volante per l'inserimento in curva... Ricordo che dissi “se mi attaccate una scopa al sedere, pulisco anche l'abitacolo”! Si procede per tentativi. Mi auguro che a breve tutti i grandi costruttori possano avere dei supporti a catalogo. Oggi purtroppo non è così: bisogna rivolgersi ad officine specializzate, il che in alcuni casi è un bene, dato che si studia una soluzione ad hoc nei minimi dettagli. Sarebbe bello, però, poter contare su una serie di dispositivi già presenti di default.»

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