Classic & Historic. 1000 Miglia, l’edizione… da collezione

Classic & Historic. 1000 Miglia, l’edizione… da collezione
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Vesco e Vesco. Roberto e Andrea. Fanno 4 vittorie in totale per la famiglia. E questa vale doppio, erano insieme su quell’Alfa da sogno del 1929. Per la prima volta a Viareggio. Promessa di Versilia per l’anno prossimo? Lasciamo girare le ruote della Leggenda
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
26 ottobre 2020

Viareggio, 25 Ottobre. Dovrei dire Brescia-Brescia, per essere coerente con l’dea geografica iconica della 1000 Miglia. Però il “taste of 1000 Miglia” è un’altra cosa, è “sentirla” al di fuori della sua globalità per quei profumi che genera, come un fiore autoctono la cui fragranza ti colpisce solo in quel luogo e solo in quella stagione. Per estensione, questo vuol dire che la regina della Gare su strada, l’antica Coppa delle 1000 Miglia ora diventata riferimento storico e quintessenza della Regolarità, genera e si arricchisce di nuove sensazioni ad ognuno di quei 1.600 chilometri che delimitano l’arco della breve vita, quattro giorni, del suo fiore. Da Brescia a Brescia, la Leonessa dei figli Aymo Maggi, Franco Mazzotti, Giovanni Canestrini e Renzo Castagneto che l’hanno pensata cent’anni fa, dunque, ma anche attraversando Cervia, Roma, Parma, i quattro finali di tappa, o le piccole città, i paesi, i borghi scelti per il suo passaggio.

Il Trofeo assoluto dell’edizione numero 38 va ancora una volta nelle vetrine della famiglia Vesco, bresciani come la Corsa. Forse dovranno aggiungere un ripiano. Nel 1993 aveva vinto il padre Roberto, nel 2016 e nel 2017 il figlio Andrea, secondo e terzo nelle ultime due edizioni. Quanto vale la quarta vittoria che riunisce padre e figlio nella passione per un primato condiviso e ottenuto in perfetta simbiosi? Probabilmente è una vittoria che non ha prezzo, che fa venire la pelle d’oca a entrambi, una specie di consacrazione di quel buon sangue che non mente versato nel santo Graal dell’Alfa Romeo 6C 1750 GS Zagato, un gioiello rosso del 1929. L’auto vincitrice.

Su un’ottava appena sotto, l’armonia del resto del podio. Sergio Sisti, anch’egli un habitué già che vinse nel 2001, e Anna Gualandi, con una Lancia Lambda Spider Casaro di quello stesso anno, e Gianmaria Fontanella insieme a Anna Maria Covelli, anche loro su Lancia Lambda Casaro VII Serie però più gloriosamente anziana di due anni. Sono le “nonne” dell’eroica stagione del motorismo, automobili tanto improbabili, oggi, quanto affascinanti, testimonianze rumorose di un altro modo di intendere, progettare, costruire. E anche di vivere.

Non per tutti allora, non per tutti oggi. Anzi ancora meno oggi che per essere della partita bisogna avere requisiti e fortuna particolare. Chi può permettersi un’auto per correre oggi la rievocazione storica della 1000 Miglia? Senz’altro, infatti, chi può mettere in fila i requisiti, ma anche chi ha incrociato la fortuna di ritrovare, e poi possedere, una di quelle protagoniste autentiche della Corsa che per 30 anni è stata il delirio sulle strade di mezza Italia.

Il fiore 1000 Miglia di quest’anno ha rischiato di appassire prima ancora di sbocciare, e questo fa sì, oggi, che l’edizione numero 38 del 2020 diventi anche un’altra variazione del suo stesso tema. Un’edizione da “collezione”, una rarità assoluta nella convinzione che non ci saranno mai più anni come questo infernale 2020. Doveva essere il sole di metà Maggio, è stata anche la nebbia, la pioggia, il freddo di Metà Ottobre. Un’edizione dura, dicono. E come non crederci nel pensare a quelle torpedo, alle spider, alle “barchette” da Costa Azzurra in piena stagione trasferite e impreparate sulle rigide rotte della Cisa, per esempio, attraverso maltempo e buio? Un gioco da duri, da stoici dello storico. Ancora, non da tutti, se è vero che una sessantina dei circa trecentossessanta ha dovuto alzare bandiera bianca prima di rientrare in Viale Venezia per l’apoteosi. Un’edizione strana e letteralmente straordinaria, se si pensa all’eccezione di una lista d’attesa una tantum aperta per rimpiazzare i tanti improvvisamente impossibilitati a muoversi e, dunque, a partecipare.

Mi fa impressione che per definire un percorso delicato come quello di una rievocazione storica del motorsport siano necessari 600 permessi acquisiti per attraversare 240 Comuni, con la mole di istruttoria che comportano, che si vedano passare 500 auto da sogno, un museo vivente e leggendario che ogni anno che passa vede aumentare il suo valore, insieme a 300 auto che non sono storia ma organizzazione, supporto, tribuna d’onore, che come un tempo di quel tempo, diecine di migliaia di appassionati, di affezionati ma anche di curiosi, si diluiscano lungo le strade del passaggio per respirare una piccola parte di una grande emozione. La 1000 Miglia è anche questo, il lievito della Storia dell’automobilismo, un evento che la rende ogni anno di imprescindibile attualità.

Beh, tutte queste sono riflessioni, anche se largamente emotive. Volevo parlarvi d’altro. Anche d’altro. Di quella Perla del Tirreno che per un giorno ha chiuso il cerchio della sua tradizione geografia e umanistica ospitando il passaggio, e una breve sosta, della 1000 Miglia. Viareggio. La 1000 Miglia in Versilia non era prevista, non qui. Poi un mio amico, bravissimo, ha orchestrato l’evenienza spuntata dalle difficoltà dell’Italia per portarsela a casa. Per offrirla alla gente di qui. Volevate la verità? Ecco come è capitato. Ecco come dalle mura di Lucca le 500 della 1000 Miglia si sono affacciate al mare attraversando lo squarcio di luce apertosi per il passaggio eccezionale. Ci sono luoghi che vivono da soli per la loro Storia. Oggi il triangolo si chiude con un episodio straordinario che unisce il Principe di Piemonte, Galliano e la passerella della Passeggiata. Bello? Di più. Atmosfera e godimento nel luogo giusto. Prima le Ferrari… anzi, prima di tutti un grappolo di “abusivi” in Ferrari e Lamborghini dei giorni nostri, intrufolati passando tra le maglie della rete di candore indulgente delle guardie. Poi le Ferrari, si diceva, e poi le “vere”, le 350 della Storia. Sulla passeggiata tutti vorrebbero averne una, magari non autentica e inarrivabile ma ugualmente affascinante, personalmente emozionante perché vissuta, avuta in giardino o in garage, vista sulle foto dell’album di famiglia o della Versilia.

Ti siedi al bar del Principe con un po’ di amici e vedi passare, poi ti muovi e sbirci, poi ti lasci trascinare da quel soffice e un po’ malinconico entusiasmo che genera l’antico della Storia. Solo che una vecchia miniera, una fabbrica di mattoni abbandonata, un teatro scoperchiato, una villa divorata dalla sua vegetazione o una nave in disarmo generano soprattutto nostalgia e tristezza. Il passaggio della 1000 Miglia, invece, è la potenza del rinnovo del mito, anno dopo anno, della vita che consuma e che si rigenera, di quei pezzi di ferro leggendari che sopravvivono ai loro proprietari e conduttori per restare nell’eternità. Si capisce bene quanto possa valere il ricordo rinnovato, la persistenza della Storia.

Viva la Mille Miglia mille anni!

 

© Immagini 1000Miglia - PB

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