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L'Italia rilancia gli incentivi per le auto elettriche con un nuovo piano di rottamazione finanziato attraverso i risparmi ottenuti nel PNRR. Una mossa inaspettata ma strategica: meno investimenti nelle colonnine di ricarica, ma più risorse per spingere gli automobilisti verso veicoli a zero emissioni. Sul piatto ci sono 600 milioni di euro sufficienti, secondo le stime del governo, per rottamare oltre 39 mila veicoli termici e sostituirli con altrettanti elettrici, ma non sarà un’operazione da poco.
Il nuovo schema incentiverà le famiglie a basso ISEE ma si concentrerà sopratutto nelle aree urbane più inquinate, dove il ricambio del parco circolante può generare un impatto ambientale più immediato. Un'attenzione particolare verrà riservata anche alle microimprese, che potranno beneficiare del bonus per acquistare veicoli commerciali elettrici, contribuendo così a un rinnovo green della logistica urbana. Il messaggio è chiaro: meno fondi alle infrastrutture non ancora pronte, più risorse per accelerare la diffusione delle auto elettriche nelle strade, dove il cambiamento può farsi notare da subito.
La decisione di dirottare i fondi dalle colonnine di ricarica alle auto elettriche fa discutere, ma risponde a una logica di realismo: le infrastrutture crescono lentamente, mentre la necessità di ridurre le emissioni è urgente. In questo scenario, premiare l'acquisto di veicoli a zero emissioni, soprattutto in contesti urbani critici, è una scorciatoia per centrare alcuni obiettivi ambientali con maggiore efficacia.
Il governo punta così a una sostituzione rapida ed efficiente delle auto più vecchie, riducendo l'inquinamento atmosferico e dando slancio al mercato elettrico, che in Italia fatica ancora a decollare rispetto ad altri Paesi europei.
Un altro fronte correttivo riguarda le comunità energetiche e l'autoconsumo da fonti rinnovabili. L'iniziale restrizione ai soli Comuni sotto i 5 mila abitanti si è rivelata poco efficace: troppo poche le richieste ammissibili. Ora, con il nuovo decreto, il governo ha ampliato la platea ai Comuni fino a 50 mila abitanti, in modo da includere aree dove il consumo energetico diurno (aziende, attività produttive) può realmente far funzionare il meccanismo dell'autoproduzione.