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Per capire come si fa a rovinare un'industria automobilistica all'avanguardia e invidiata in tutto il mondo, con strategie sbagliate e scelte anacronistiche, può essere utile prendere un mappamondo e guardare verso Oriente. Nel corso degli ultimi decenni il Giappone ha incantato i consumatori occidentali sfornando veicoli dai design futuristici, efficienti nelle prestazioni, economici nel prezzo e imperniati di soft power made in Japan. Fino a poco tempo fa i modelli realizzati da Toyota, Nissan e Mitsubishi incarnavano l'identità di un Paese hi-tech, fiore all'occhiello per chiunque aspirasse all'armonia, alle massime prestazioni e all'eccellenza. Oggi, tranne rari casi, la maggior parte delle auto vendute dai costruttori nipponici non sembra più aver molto da dire. Il loro posto, nell'immaginario occidentale e non solo, è stato preso dalle quattro ruote cinesi, rigorosamente elettriche, e nuove anticipatrici del futuro. Cosa è successo ai colossi di Tokyo? Da un lato le acque sono state intorbidite da scandali ed errori tecnici che hanno gradualmente macchiato l'immagine di marchi che erano riusciti a guadagnare la cresta dell'onda planetaria. Dall'altro non sono mancate crisi economiche a spingere verso il basso le aziende, o a fondersi tra loro, così da mantenere la competitività in un mercato globalizzato sempre più affollato di rivali. Arriviamo così, a proposito di rivali, al competitor numero uno di tutti (non solo quelle giapponesi): l'ascesa della Cina ha mescolato tutte le carte in tavola, sia dal punto di vista economico che da quello tecnologico. Last but not least, le scelte del governo giapponese di non stimolare il dossier Ev, in concerto con le strategie delle suddette case automobilistiche nazionali che hanno preferito puntare su altre forme di sostenibilità, hanno visto l'automotive nipponica farsi superare dagli eventi.
Prendiamo l'anno 2022. Il Giappone e le sue case automobilistiche erano in chiaro ritardo nella corsa verso gli Ev, il segmento all'epoca in più rapida crescita del settore delle quattro ruote. In quell'anno, potremmo definirlo quasi spartiacque, i veicoli elettrici a batteria e gli ibridi plug-in rappresentavano circa il 13% di tutte le auto vendute a livello globale nel 2022, rispetto al 2,6% del 2019. In alcuni mercati, tra cui la Cina, la quota era di circa il 20% a fronte del 2% di Tokyo. Le aziende in prima fila nella corsa all'elettrico comprendevano nuovi player, come Byd e Tesla, e giganti europei come Volkswagen. Non le case automobilistiche giapponesi, nessuna delle quali, sempre nel 2020, compariva tra le prime 20 per vendite globali di Ev (nonostante Nissan e Mitsubishi avessero lanciato alcuni dei primi veicoli elettrici al mondo più di un decennio prima). Toyota, la più grande casa automobilistica al mondo, aveva venduto appena 24mila veicoli elettrici su un totale di 10,5 milioni di unità piazzate (Tesla, per fare un confronto, ne aveva vendute 1,3 milioni). Risultato: oggi, e cioè qualche anno dopo, l'intero automotive giapponese è stato travolto dalla rivoluzione elettrica della mobilità.
C'è chi teme che il treno perso sugli Ev possa causare, nel medio-lungo periodo, la caduta dell'industria automobilistica giapponese nella sua interezza. E c'è persino chi vede preoccupanti parallelismi tra le quattro ruote nipponiche e quanto accaduto con i semiconduttori e l'elettronica di consumo made in Japan: settori in cui le aziende di Tokyo erano inizialmente dominanti, salvo poi venir dominate da concorrenti più agili. Un declino simile nelle quattro ruote, una categoria che rappresenta quasi il 20% delle esportazioni giapponesi e circa l'8% dei posti di lavoro del Paese, avrebbe enormi implicazioni economiche e sociali. Per il Giappone e non solo. In ogni caso, il fatto che le Ev non abbiano attecchito in questo Paese deriva, almeno in parte, dai precedenti (ed eccellenti) successi rimediati dai player delle quattro ruote nipponiche. Siamo di fronte, in sostanza, ad una sorta di “dilemma dell'innovatore”: i leader del settore automobilistico hanno esitato ad abbracciare una nuova tecnologia, come quella elettrica, che
avrebbe potuto minare aree nelle quali la loro nazione era già leader, come nella realizzazione dei veicoli ibridi standard che fanno dal 1997. Poi c'è stato l'innamoramento tra il Giappone e l'idrogeno, un'altra tecnologia automobilistica emergente, con il potenziale di essere priva di emissioni nocive, ma che non ha fin qui dato frutti sperati. Peccato che Toyota, la più grande e influente casa automobilistica del Paese, avesse a lungo scommesso sulle celle a combustibile a idrogeno come metodo principale per elettrificare le auto. Abe Shinzo, il defunto premier giapponese in carica dal 2012 al 2020, ha sbandierato politiche per rendere il Giappone una società dell'idrogeno. Nel 2015 la Toyota consegnava la sua prima berlina a celle a combustibile a idrogeno, la Mirai, proprio ad Abe. L'azienda avrebbe venduto appena 7.500 auto del genere, mentre le autorità di Cina, Europa e, in parte Stati Uniti, stavano iniziando a sovvenzionare gli Ev come parte delle loro politiche climatiche.
Vale la pena infine soffermarsi su un'altra caratteristica che potrebbe aver frenato la corsa giapponese sulle Ev. A Tokyo e dintorni i consumatori preferiscono acquistare piccole city car economiche, le cosiddette kei car, anziché le costose family-hauler preferite dagli statunitensi. E mentre la metà delle vendite di Ev in Usa è dominata da Tesla, all'ombra del Monte Fuji metà del mercato dei veicoli elettrici è occupato dalla minuscola Nissan Sakura: un'auto che costa circa 13.300 dollari e che ha un'autonomia di 180 chilometri. Come ha scritto il Japan Times, è impossibile che le case automobilistiche possano ricavare grandi profitti da veicoli del genere. Senza contare che in Giappone, dove troviamo una discreta quantità di infrastrutture di rifornimento di idrogeno, ci sono appena 30 mila connettori di ricarica per gli Ev, più o meno uno ogni 5 mila veicoli elettrici. A conti fatti si tratta di meno di un sesto della densità presente negli Stati Uniti e in Europa. Persino l'Italia ne ha di più...