World RX. Franciacorta. 1a vittoria Peugeot. The Hansen Family

World RX. Franciacorta. 1a vittoria Peugeot. The Hansen Family
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Kenneth Hansen, ex pilota, è il Team Manager del Peugeot-Hansen Red Bull Team, ed è anche il padre di Timmy, il pilota che si è aggiudicato la vittoria del W-RX d’Italia. Padre + Manager = Soddisfazione doppia | <i>P. Batini</i>
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
30 settembre 2014

Franciacorta, 28 settembre - Con Kenneth Hansen, responsabile “capo” della Famiglia e del Team Red Bull Peugeot-Hansen, è possibile tracciare un bilancio totalmente, super positivo della gara e, richiamando l’enorme esperienza del pilota, prima, e del gestore del suo Team, poi, possiamo cercare di mettere meglio a fuoco il Rally Cross dell’era moderna.

Week end perfetto, dunque?
«Eh sì. Siamo riusciti a ottenere il massimo risultato in un modo eccellente. È l’obiettivo che avevamo sin dal primo giorno, quando abbiamo avviato il progetto. Ci abbiamo lavorato moltissimo, e abbiamo visto che ad ogni occasione eravamo più vicini, che le ultime corse eravamo ancora più prossimi a centrare l’obiettivo. Sapevamo di essere competitivi grazie a una Peugeot che andava sempre meglio, e che ci saremmo arrivati, ma quando il tempo passa non è così facile. Abbiamo affrontato il week end consapevoli che eravamo in gradi di fissare una data importante. Eravamo decisi a farcela, ci abbiamo provato, e penso che con la corsa che abbiamo fatto realmente meritiamo questo successo».


Un week end perfetto, o quasi-perfetto?
«Sì, assolutamente perfetto. Il momento più difficile del week end è quello che… non si è visto, e cioè nella quarta manche di qualificazione. Avevamo bisogno di una verifica e lì abbiamo veramente centrato l’obiettivo primario, arrivare alle semifinali con un dato concreto sulla nostra possibilità e sulla competitività della 208 WRX, soprattutto nel confronto diretto con Petter. Abbiamo dato il massimo, e ottenuto le basi del successo finale».

peugeot wrx 2014 (4)
Il lavoro all'interno dei box della Peugeot a Franciacorta

 

Proprio Solberg è stato il primo a congratularsi con Timmy…
«Certo, è una grande soddisfazione. Conosciamo bene Petter, e abbiamo una solida stima reciproca. Siamo felici, in casi come questi, anche quando è un avversario a vincere, ancor più quando siamo sulla stessa linea di competitività, e Petter lo ha dimostrato».


Questo la dice lunga sul genere di atmosfera che regna nel Rally Cross Mondiale, no?
«Questa è una grande caratteristica del Rally Cross, la vicinanza nel paddock tra tutti i suoi protagonisti. Lo stesso vale con gli spettatori, che possono venire sotto le tende di tutti, parlare e intrattenersi con i piloti. Credo che questa sia una caratteristica chiave della storia del Rally Cross, una qualità che dobbiamo riconoscere e proteggere. Questo è il grande valore del Rally Cross, essere come una grande famiglia è un bonus davvero speciale».


Parliamo della macchina. Non molto competitivi all’inizio del Mondiale, pur in costante crescita. Come mai?
«Abbiamo avviato il progetto con Bruno Famin abbastanza in ritardo rispetto alle date, già imminenti, del nuovo Mondiale, e quasi non abbiamo avuto tempo per effettuare dei test prima del Campionato. Abbiamo impiegato la nostra esperienza precedente per lavorare sul grande potenziale delle innovazioni tecnologiche di Peugeot, ma solo prima del W-RX di Francia abbiamo avuto i primi riscontri veramente positivi dai test, e in questo modo abbiamo potuto imprimere un’accelerazione allo sviluppo della macchina. Non bisogna dimenticare anche che la 208 WRX è una macchina nuova, ed è nata più vicina alle caratteristiche di una vettura World Rally Car. Così, di fatto, abbiamo dovuto svilupparla per orientarla specificamente sul Rally Cross, pensando alle partenze, molto delicate e determinanti, al modo di passare sui salti, e anche sullo sviluppo stesso delle corse, che è molto diverso, senza dimenticare la sicurezza della macchina».

La Francia ha un’atmosfera davvero speciale, soprattutto per la grandissima affluenza di pubblico, ma lo ha anche la pista svedese, molto “genuina” sotto il profilo del Rally Cross, e che è anche la nostra pista di casa, e mi è piaciuta molto anche l’atmosfera italiana, con un tracciato tutto sommato abbastanza diverso e completo


Il Rally Cross Mondiale. Un autentico passo in avanti rispetto alla storia dell’Europeo, si può dire così?
«Sì, è un passo avanti decisivo. Specialmente per il lavoro del Promoter, IMG. Avevamo già delle belle corse e dei bravi organizzatori, ma era difficile mettere insieme dieci organizzatori e dieci gare in un unico, omogeneo contenitore che ne esaltasse le caratteristiche migliori. Avevamo bisogno di un Promoter, e IMG ha fatto un lavoro brillante».


Qual è la pista magica del W-RX? Ancora la Francia?
«La Francia ha un’atmosfera davvero speciale, soprattutto per la grandissima affluenza di pubblico, ma lo ha anche la pista svedese, molto “genuina” sotto il profilo del Rally Cross, e che è anche la nostra pista di casa, e mi è piaciuta molto anche l’atmosfera italiana, con un tracciato tutto sommato abbastanza diverso e completo. È anche il tipo di pista nel quale apparentemente otteniamo le migliori performance, ma questo significa solo che, eventualmente, abbiamo ancora da lavorare sugli altri tipi di tracciato. Di sicuro, se penso alla mia esperienza da pilota, non ci sono brutte piste, tuttalpiù tracciati dove si deve lavorare diversamente o di più per adattarsi alle circostanze.

Sei sempre d’accordo con i tracciatori delle piste?
«Direi di no, non sempre. E ciascuno ha le sue opinioni, noi, gli organizzatori, IMG e i responsabili della sicurezza. Quello che cerchiamo di fare è di coniugare le esperienze di tutti per ottenere come risultante la soluzione migliore per tutti».


E la prima curva della Germania, spettacolare ma insidiosa, e determinante per il risultato della gara, ti piaceva?
«No, quella no, ma sempre per una questione di sicurezza. La prima curva deve essere il più possibile sicura. Niente “muri”, i tracciatori, nel disegnarla, devono sentire il rispetto per chi corre. Alla velocità con cui vi arrivano, e data la delicatezza del frangente, i piloti devono avere uno spazio il più possibile libero, aperto e con vie di fuga».


E la configurazione del Joker Lap ti è congeniale?
«Diciamo che anche in questo caso ne faccio soprattutto una questione di sicurezza, l’importante è che non ci siano barriere di cemento, per esempio».


E la pista cittadina in Canada, allora?
«Per la verità la pista canadese era abbastanza aperta e sicura. Lì, magari, il problema poteva essere la condizione dei tratti di terra, troppo morbidi e quindi facilmente deteriorabili».

 

Foto: Thomas Bressani

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