Alla scoperta dei motori turbo: l'intercooler (terza parte)

Alla scoperta dei motori turbo: l'intercooler (terza parte)
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Raffreddare la carica: perché si impiegano, come sono fatti e come funzionano gli intercooler nei motori turbocompressi | <i>M. Clarke</i>
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
7 maggio 2015

In seguito all’aumento di pressione, ottenuto grazie al compressore, la temperatura dell’aria di alimentazione aumenta. Maggiore il grado di sovralimentazione, più elevato il riscaldamento che essa subisce. Per limitare l’incremento di temperatura occorre che il rendimento del compressore sia il più alto possibile. Questo ha una notevole importanza per tre ragioni fondamentali, ovvero per migliorare le prestazioni, per contenere le sollecitazioni termiche e, nel caso dei motori ad accensione per scintilla, per ostacolare l’insorgere della detonazione.

 

A un aumento della temperatura corrisponde una diminuzione della densità. Grazie alla sovralimentazione viene inviata ai cilindri una quantità di aria superiore a quella che essi sarebbero in grado di aspirare da sé. Per fare un esempio, in un motore con una cilindrata unitaria di 500 cm3 adottiamo una pressione di sovralimentazione di 0,5 bar. Ciò significa che, almeno in linea teorica, a ogni ciclo viene inviata a ciascun cilindro una massa di aria eguale a quella che a pressione ambiente occuperebbe un volume di 750 cm3. 

Se è fresca è meglio

L’aria che entra nel motore dovrebbe quindi avere una densità pari a 1,5 volte quella che essa ha nell’ambiente esterno. Il riscaldamento però determina una diminuzione della densità e quindi una riduzione (rispetto a quella teorica) della massa di aria che effettivamente viene introdotta cilindri. L’aumento di potenza che si ottiene non è quindi quello che teoricamente sarebbe possibile conseguire adottando quel grado di sovralimentazione. 

Nelle auto di Formula Uno degli anni Ottanta (la famosa “epoca turbo”) la differenza tra la temperatura di entrata e quella di uscita poteva anche essere di oltre 150 gradi!

 

E’ dunque vantaggioso abbassare per quanto possibile la temperatura dell’aria in pressione che viene fornita al motore. In questo modo si “recupera” parte della potenza perduta in seguito alla diminuzione di densità causata dal riscaldamento dell’aria.

 

Con una stessa pressione di sovralimentazione, più si raffredda l’aria che viene immessa nei cilindri, maggiore è la potenza che il motore eroga! Ciò significa pure che, viceversa, è possibile ottenere una stessa potenza con una pressione di sovralimentazione più bassa semplicemente riducendo la temperatura dell’aria che viene inviata ai cilindri. 

1 Renault V6 Turbo
In questa sezione del motore da competizione Renault V6 turbo dei primi anni Ottanta è ben visibile l’intercooler. Per un certo periodo la Casa francese ha anche impiegato questi scambiatori di calore in versione “mista”


Un altro grande vantaggio che si ottiene raffreddando l’aria di alimentazione è costituito da una diminuzione delle sollecitazioni termiche alle quali sono sottoposti organi come i pistoni e la testa. La temperatura di fine compressione, e così pure quella massima del ciclo, risultano infatti minori.

 

Naturalmente rimane il fatto che a ogni fase di combustione viene liberata una maggiore quantità di energia termica; brucia infatti una maggiore massa di carburante (la cosa è resa possibile dal fatto che a ogni ciclo i cilindri ricevono una superiore quantità di aria). A limitare la massima pressione di sovralimentazione che può essere impiegata sono in genere le sollecitazioni di natura termica, più di quelle meccaniche. 

 

Nel caso dei motori a ciclo Otto ridurre la temperatura dell’aria che viene fornita ai cilindri aria comporta anche un altro fondamentale vantaggio. Come noto, se mentre si svolge la combustione, a un certo punto in seno alla miscela aria-carburante non ancora raggiunta dal fronte di fiamma vengono raggiunti certi valori di pressione e/o di temperatura, essa improvvisamente brucia in modo brusco, rapidissimo e incontrollato. Avviene cioè la detonazione che, se intensa, può causare seri danni meccanici (in particolare, può dar luogo allo sfondamento del cielo del pistone!). Per evitare che questo deleterio fenomeno possa aver luogo, nei motori ad accensione per scintilla quando si adotta la sovralimentazione in genere il rapporto di compressione viene diminuito, anche se ciò è svantaggioso ai fini del rendimento termico. 

2 audi tfsi 2,5 5cil 2011
In molte vetture di serie l’intercooler aria-aria ha una altezza ridotta e viene collocato sotto il radiatore del sistema di raffreddamento del motore. La matrice di scambio è realizzata in lega di alluminio

 

In quanto all’entità del riscaldamento che l’aria subisce in seguito alla compressione, può essere interessante sapere che con una pressione di sovralimentazione dell’ordine di 1 bar la temperatura viene portata dalle parti di 105-120 °C. Ciò, rimanendo nel campo dei rendimenti oggi usuali (le variazioni sono dovute al tipo e alle caratteristiche del compressore impiegato), con una temperatura ambiente di 20 °C. 

L'intercooler: cos'è

Per raffreddare l’aria di alimentazione si utilizzano degli scambiatori di calore detti intercooler. Per lungo tempo la scena è stata dominata da quelli aria-aria. Tuttora sono i più impiegati ma di recente stanno incontrando una diffusione via via crescente gli intercooler aria-acqua.

 

Ciascuno dei due tipi ha i suoi punti di forza e i suoi punti deboli, il che spiega le preferenze accordate di volta in volta all’uno o all’altro. Gli intercooler aria-aria, che esteriormente hanno un aspetto assai simile ai radiatori, sono dotati di una matrice di scambio tipicamente costituita da una serie di tubi appiattiti (all’interno dei quali passa l’aria in pressione) che viene attraversata da un flusso di aria di raffreddamento, determinato dall’avanzamento del veicolo.

 

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L’immagine mostra lo splendido motore della Porsche 919, un quattro cilindri a V sovralimentato destinato alle gare di endurance, tra le quali spicca la 24 ore di Le Mans. Si nota chiaramente la disposizione dell’intercooler

Per aumentare la superficie di scambio termico si utilizzano dei lamierini, pieghettati a fisarmonica, che vengono inseriti tra i tubi adiacenti, collegandoli. Pure all’interno dei tubi si impiegano sottili nastri in lamiera pieghettati in questo modo o (se i tubi stessi sono ottenuti per estrusione) risalti e nervature sulle pareti. Le vaschette di raccolta e distribuzione dell’aria in pressione possono essere in lamiera o venire ottenute di fusione (in entrambi i casi il materiale è la lega di alluminio, impiegata anche per i tubi e le “alette”); spesso però nelle esecuzioni moderne sono in materiale plastico. Per unire le parti metalliche si fa sovente ricorso alla brasatura. 

 

Di importanza fondamentale è che il passaggio dell’aria in pressione attraverso l’intercooler avvenga senza dare luogo a una considerevole perdita di carico. Una certa resistenza al flusso è inevitabile, ma deve essere ridotta al minimo. Gli intercooler aria-aria devono essere collocati in posizione tale da poter essere direttamente investiti dalla corrente d’aria determinata dall’avanzamento dell’auto.

 

Si piazzano in genere sotto o a lato del radiatore del sistema di raffreddamento del motore. Talvolta possono essere disposti davanti ad esso; questa soluzione, che rende necessario l’impiego di un radiatore più grande, non viene più impiegata diffusamente come in passato. In ogni modo, è chiaro che le tubazioni di collegamento al compressore e ai condotti di aspirazione del motore devono avere inevitabilmente una lunghezza considerevole, il che determina perdite di carico di una certa entità. 

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Di recente stanno conoscendo una certa diffusione, principalmente per via della loro compattezza, gli intercooler aria-acqua. Quello mostrato “serve” un motore Volkswagen a quattro cilindri


Gli intercooler aria-acqua hanno una maggiore compattezza e possono essere collocati anche a ridosso della testa del motore, cosa che riduce la lunghezza delle tubazioni, e quindi il volume d’aria in esse presente, e dà luogo a minori le perdite di carico.

 

In questi scambiatori i tubi non sono alettati internamente, dato che dentro di essi scorre l’acqua di raffreddamento; l’aria in pressione passa nello spazio esistente tra un tubo e l’altro, dove si trovano i consueti lamierini piegati a zig-zag. L’acqua viene fatta circolare da una pompa elettrica all’interno di un proprio circuito, dotato di un radiatore per la cessione del calore all’aria ambiente. Ciò significa una maggiore complessità e può anche tradursi in costi più elevati. 

 

Un efficiente intercooler consente di ottenere una vigorosa refrigerazione dell’aria di alimentazione. Nelle auto di Formula Uno degli anni Ottanta (la famosa “epoca turbo”) la differenza tra la temperatura di entrata e quella di uscita poteva anche essere di oltre 150 gradi! 

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Il percorso dell’aria di alimentazione nel quadricilindrico Volkswagen di 1,4 litri della immagine precedente è qui chiaramente visibile. Dalla scatola filtro l’aria passa al compressore che la invia all’intercooler, attraversato il quale raggiunge i cilindri   

 

In tale periodo hanno trovato impiego, prima che venissero vietati, anche intercooler “misti”, con uno stadio aria-acqua e un altro aria-aria, raggruppati in un unico scambiatore di grandi dimensioni. Nel campo dei veicoli industriali si utilizzano intercooler in grado di determinare abbassamenti di temperatura che spesso superano i 100 °C. 

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