Dakar 2015. Peugeot 2008 DKR. One Step Beyond!

Dakar 2015. Peugeot 2008 DKR. One Step Beyond!
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Contenti e no, una difficile equazione da risolvere se si tiene conto di fattori contrapposti e contraddittori. La Belva nata per vincere non ha vinto, ancora. Impazienza e realtà | <i>P. Batini, Argentina</i>
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
18 gennaio 2015

Buenos Aires, 18 Gennaio 2015. Alla Dakar la maggior parte dei partecipanti desidera, sogna di finire il Rally. Una sfida personale che non contempla un risultato numerico bensì qualitativo. Ma ci sono, naturalmente, anche quelli che partecipano per vincere, e qui la faccenda è più delicata, perché alla fine vince uno solo, e se sei venuto per vincere e arrivi secondo… hai perso.

Peugeot è uscita a primavera con la notizia bomba del rientro alla Dakar dopo un quarto di secolo e con una Macchina totalmente nuova, la 2008 DKR, disegnata e costruita per la Dakar. Per vincere la Dakar. Nell’euforia e nello stile del lancio non vi erano indugi né dubbi, ed è stato immediato risalire la Storia della Dakar e scoprire che, non solo le Peugeot 205 e 405 (misma cosa) Grand Raid di allora erano uscite di scena imbattute nel1990, ma avevano vinto già al debutto, nel 1987 con la 205 T16 di Vatanen.
Tornati a casa con la macchina del tempo, alla vigilia della Dakar 2015, le 2008 DKR di Peterhansel-Cottret, Sainz-Cruz e Despres-Picard non solo avevano raccolto idealmente un testimone delicato, ma continuavano ad essere accompagnate, sull’onda dell’entusiasmo che logicamente avevano generato negli appassionati, dal proclama di primavera. Così si è venuta a creare una situazione “imbarazzante”. Da una parte una piccola onda di critiche e dall’altra l’entusiasmo dilagante, e quando Bruno Famin, Direttore del Progetto, ha cercato di fare tornare tutti con i piedi per terra, lui c’era sempre stato, era troppo tardi, l’oggettività del contesto, unica semplice realtà molto bella, non funzionava più. Mancava di mordente per l’immaginario e sembrava una scusa per i critici, che avevano già “condannato” la 2008 DKR ad una prematura uscita di scena dal Rally.

 

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Dal deserto di Atacama al fango di Rosario, 9.000 km durissimi

 

Tempo al tempo

Ora, bisogna sapere due cose. La prima è che, a memoria, alla Dakar non è mai arrivato con un progetto nuovo e voncente, ci vuole tempo, anche anni e anni (l’ultima impresa analoga lo dimostra ampiamente). La seconda è che, quando nel 1987 Peugeot arrivò e vinse, lo fece con una macchina che era strettissima parente della 205 T16 del Gruppo B bandito dai Rally per l’eccessiva potenza e, quindi, pericolosità. La macchina fu adattata alle specifiche della Dakar, modificando leggermente sospensioni e misure, e “spompando” il motore, ma era già ampiamente collaudata. Non era, in sostanza, una macchina totalmente nuova così come lo è la rivoluzionaria 2008 DKR dei giorni nostri.
Allora, se l’immaginario collettivo più entusiasta e radicale poteva aspettarsi di più, basta un minimo di realismo per comprendere che la 2008 DKR ha fatto una grande Dakar e che, come era nella logica di sviluppo del Progetto, non ha vinto perché… non poteva. La Macchina, uscita da un foglio bianco meno di un anno fa, ha corso la Dakar alla ricerca di risposte e di “suggerimenti”, sul piano delle prestazioni, della competitività e dell’affidabilità. L’ultima voce è quella chiave per capire. Già di per sé, riuscire a finire con due macchine su tre, quella di Sainz fuori per un incidente, è una risposta completa, a quelli che non avevano dato più di due tappe alle macchine di Velizy e per il valore che assume in termini di patrimonio di esperienza e di raccolta di dati per lo sviluppo.

 

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La 2008 DKR ha sopportato senza battere ciglio anche il sale del Salar

 

Non è arrivata la vittoria, ma c'è mancato poco
In questo contesto, e tenendo sempre ben presente l’obiettivo primario della “spedizione”, le Peugeot del debutto non hanno mai avuto “major problems”, tranne un malfunzionamento del turbo di Sainz, e sono entrate nei primi dieci in tutte tranne due tappe, con almeno il doppio di macchine ufficiali e collaudate negli anni. Sainz ha ottenuto il miglior parziale, 4° nella 3° Tappa, e Stephane Peterhansel e Jean-Paul Cottret hanno chiuso 9 volte nei dieci e conquistato due quinti posti.
Ma c’è un altro aspetto da valutar, che conta di più. A cosa servono i Piloti? A vincere, certo, ma anche a riportare in officina impressioni, suggerimenti e richieste per migliorare la macchina. Poi ripartono, e spingono fino a che il feeling è positivo. Sono i Piloti che decidono quando è arrivato il momento di spingere a fondo per cercare il risultato, perché solo loro possono “sentire” che è la giornata buona, che il terreno è adatto e la macchina risponde alle richieste. È un evento, sempre speciale, che porta alla differenza, al passo in avanti.


Almeno in tre occasioni, tempi e riscontri alla mano, “Peter” è stato in corsa per la vittoria di una tappa, e il risultato non è venuto a causa di errori o di rotture causate da impatti con il terreno. Poiché a Peterhansel interessava portare a casa il maggior “peso” di dati possibile per l’evoluzione della 2008 DR, il fatto che abbia potuto forzare verso un risultato significa che ha sentito i primi due step dello sviluppo, affidabilità e competitività. Dunque la 2008 non è ancora vincente, ma ha fatto dei passi avanti nella direzione voluta all’origine.
Questo è un segnale positivo e coerente, un bookmark della storia dello sviluppo della 2008 DKR… vincente.
 

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