“Marcello Gandini, Genio Nascosto”, al Mauto la mostra imperdibile

 “Marcello Gandini, Genio Nascosto”, al Mauto la mostra imperdibile
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Al Mauto dal 24 gennaio al 26 maggio la mostra su Marcello Gandini
21 febbraio 2019

Prosegue al Mauto il percorso di mostre dedicate ai più rappresentativi car designers dell'epoca d'oro della carrozzeria italiana.

Quest'anno, dal 24 gennaio al 26 maggio, l'attenzione è stata rivolta alla matita che più al mondo ha saputo trovare l'equilibrio tra concept e produzione di serie: Marcello Gandini.

Anche questa mostra è curata da Giosuè Boetto Cohen.

 

L'epoca di Gandini

Gandini proviene dall'epoca in cui emergono Martin, Giugiaro, Tjaarda, gli anni in cui si spegne il colossale Revelli de Beaumont. A differenza di altri sopravvive alla nascita dei deleteri “ Centri Stile”degli anni '80, traghettando in orbita Renault con il bravissimo Piero Stroppa con cui già lavorò alla Miura e, finita l'epoca dei carrozzieri e dei prodotti magistrali del car design, Gandini si dedica ai sistemi costruttivi industriali dell'automotive, trovando nuova vita. 

Gandini ha una capacità progettuale che travalica lo stile, andando a dimostrare capacità uniche nel saper innovare i processi produttivi della produzione automobilistica. Padroneggia la progettazione automobilistica al punto da architettare rivoluzioni nel ciclo della catena di montaggio. Se abbiamo visto quanto l'abilità e la forza di Giugiaro e Mantovani fu quella di saper progettare nell'interezza il prodotto industriale automobile, Gandini arriva addirittura a rimodellarne l'industria stessa: forse è proprio questa profondissima conoscenza tecnica che gli consente di essere tra i rarissimi progettisti ad esser stato in grado di portare sul mercato una concept come la Lamborghini Countach.

Il maestro in breve

Gandini ha sempre tenuto un metodo di lavoro tale da fare solo “poche” creazioni ai massimi livelli: vengono in mente nel mondo degli artisti personalità come Vermeer o Alma Tadema, pittori eccellenti che hanno prodotto non troppo, ma comunque solo opere sublimi.

I suoi anni sono raccontati musicalmente dall'interpretazione italiana personalissima di musica anglo-americana di svariati artisti, fino alla composizione più pura della nostra canzone, da Battisti a Conte, dalla PFM a Dalla, De Gregori, De Andrè e tanti altri.

Negli anni '80 cala drasticamente il “furor” creativo ed il panorama creativo in generale assume un sapore più leggero, astratto e quasi miope e disinteressato: moto di tregua o rassegnazione derivato anche dagli “anni di piombo”. I valori attribuiti allo stile vengono diluiti “dall'alto” del marketing ed i “mostri sacri” dello stile si trovano non più considerati come prima.

Si impone l'idea della futura meccatronica, mentre del contributo umano non si vuol più sentire molto: è il computer che deve imporsi.

Anche sugli schermi

In tema elettronico, Walter Nebiker fu costretto a telefonare a Gandini perchè la sua cyber-creatura “Automan” si rifiutava con stizza di guidare le squadrate e ormai scadenti auto americane, mentre le sprtive europee si rivelavano troppo classiche per un telefilm così futurista.

Scherzi a parte, sebbene in un innocente telefilm, la Countach fu la prima auto resa ologramma antesignano della storia: oggi ed in un futuro molto prossimo questo fatto non sarà da poco.

Anche i Muse hanno avuto lo stesso problema di cercare un'auto “del futuro” per il loro video del nuovo singolo “Something Human”. Hanno gli stessi problemi di Automan e devono affrontare una realtà olografica con salti dimensionali e temporali: ovviamente salgono a bordo di una Countach (quasi cinquantenne!) per guidare per 10000 miglia verso...”qualcosa di umano”.

Realtà olografica, futuro senza limiti e...cambio manuale: bello questo video, speriamo sia di buon auspicio.

Solo capolavori

Miura, Moto Guzzi V7 Sport, Countach, Alfa Montreal, Lancia Stratos, Espada, Khamshin, la prima BMW Serie 5 , i visionari interni di Renault 25, la Super 5, Bx (scherziamo), Maserati Quattroporte, il camion Magnum, Bugatti EB 110, Lamborghini Diablo...sono tutte meraviglie andate in produzione, di cui parecchie sono diventate icone o pietre miliari del design.

Come lavora Gandini

Nelle linee di queste auto esposte al Mauto leggiamo dei lavori per cui dire che Marcello sia solo uno stilista non è sufficiente: nella sua grande riservatezza Gandini pone una padronanza tecnica perfettamente integrata al gusto e all'istinto creativo: ogni auto è anche la sua tecnologia.

Affascinati da questa capacità inavvicinabile di render bella la tecnica, ci addentriamo nella mostra.

Eccellenza, potenza creativa e strategia di mercato

Miura, Countach e Renault Super 5 possono riassumere Marcello Gandini, senza altro aggiungere.

Miura

Provoca sindrome di Stendhal nei cultori del car-design e non solo, per lei rimandiamo al pezzo dedicato al suo cinquantesimo anniversario.

 

Countach

Siamo in un'epoca in cui in Italia, in fin dei conti, durante il boom economico avviene un cambiamento: le strade asfaltate diventano affidabili e fanno parte della consuetudine: si possono evitare gli sterrati, si possono ingentilire ed abbassare le auto. Nell'Agosto '67 Martin scolpisce la Ferrari Modulo in un blocco e fissa l'altezza a cm 93 circa: è la capostipite delle super car/dream car bassissime. L'anno dopo Gandini progetta l'Alfa Carabo in dieci settimane: Carabo funziona ed è realizzata addirittura sul telaio della 33 stradale. Non “contento” del notevole lavoro di Carabo, Gandini abbassa ulteriormente i profili e progetta nel 1970 “Stratos 0”, per il marchio Lancia, andando a definire chiaramente la strada per Countach, di fatto l'unica concept al mondo messa su strada e venduta per decenni.

Stratos 0, oltre ad essere estremamente sexy, ha stilisticamente due “piccoli” pregi: si sdoppia nella versione stradale di serie, Lamborghini Countach, e nella versione feroce del coccodrillo da rally più bello della storia: la Stratos HF. Noi ringraziamo Gandini per aver regalato ai nostri sensi questi due capolavori inimitabili. Stratos 0 tra l'altro strizzò l'occhio a Modulo e scese al di sotto dei 90 cm di altezza. A Stratos 0 si accede aprendo il parabrezza: non ha futuro. O forse si, Renault EZ-GO, cinquant'anni dopo...

Renault “ Supercinque”

Dunque Gandini “gioca” con stile e tecnologia, creando pezzi magistrali dal marchio Lancia motorizzati Ferrari, Alfa su 33 stradale, Maserati, Lamborghini e col medesimo spirito si cimenta inaspettatamente in un'auto umilissima, trattandola con maestria.

Per la Losanga Gandini fa un gesto che nello stile non si è mai visto prima: ridefinisce completamente, ammodernandolo,  uno stesso modello di successo, la Renault 5.

Gandini non si limita ad un restyling ma riesce a leggere perfettamente l'immagine trasmessa da “R5” e a reinventarla uguale con la “Supercinque”. E' il primo remake “percettivo” della storia del car design, in cui il designer riesce a dare una percezione effettiva di evoluzione del modello esistente.

Egli prende l'immagine percepita, il feeling della R5 e li evolve. Non copia pedissequamente solo le forme, ma approfondisce e perfeziona gli stilemi, le tracce stilistiche già presenti in R5, nonché le strutture. Un'operazione di marketing perfetta, ripercorsa poi con successo anche da Golf II su Golf I.

Copiare soltanto la forma innesca un paragone critico per l'appassionato, rendendolo scettico: pensiamo solo alle diafane riproposizione che sono state fatte qualche anno fa su Miura e Stratos. 

Per salutare Renault “lascia lì” il layout di quel lampo di ingegno che fu “La Piccola”, poi divenuta Twingo, già modern classic nelle sue versioni base pastello, con tetto apribile in tela.

Gandini studiò un modo per realizzare quest'automobile assemblando telaio e tecnologia in un modo innovativo, in due parti: si  evitava così di seguire la catena di montaggio tradizionale, in cui si va a “riempire” la scocca finita con quanto ci vada a completare l'auto, con processi molto complessi. Un peccato pensare che questo nome Twingo continui ad esser ripetuto sui modelli che la seguirono: con una R5 che diventa Supecinque nel dna, ci si aspetterebbero da Renault nomi diversi o vere evoluzioni in meglio della capostipite.

Sì o no?

Insomma R5 diventa Supercinque. Non contenta si trasforma nel tuttofare Express che ispira Kangoo 1°serie, nell'anima R4, ma dal frontale tutto R Supercinque (a quanto pare lo comprò subito Gordon Murray...). A noi piace questo sistema di evolvere un modello. O forse si preferisce un remake che assomigli nella forma ma non nell'anima? Meglio un nome che resti attaccato ad un nuovo modello totalmente diverso dal precedente o cambiarlo? Chissà...

Espada e Marzal

Gandini ha anche un'altra capacità senza pari: sa disegnare le coupè a quattro posti. Oggi siamo in un'era di auto straordinariamente sicure, ma il cui stile ormai non è degno di nota. Ai bambini non piacciono più le automobiline, ci sarà un perchè? Non esiste spot pubblicitario che usi un'auto moderna. Così ora tocca alle simil coupè quattro porte. Degli autentici, comodissimi, bassotti lunghi, senza coda. Espada è invece la nostra auto per famiglia ideale: non si capisce se sia più bella, brutale, raffinata o ipnotica: la curva verso l'alto del vetro posteriore rende perfettamente integrata la coda “alta”, rispetto al frontale basso e aggressivo. Lamborghini volle scusarsi col pubblico per i soli 240 km/h, che però furono limitati apposta per essere per famiglia.

Che dire poi di “Marzal”: invece che aggiungere una porta ad un coupé, generando linee ambigue tipo Charger, Stinger, e quant'altro di teutonico si veda ora in giro, ecco che semplicemente Gandini allunga la portiera, facendola aprire ad ala di gabbiano. Chapeau! Sempre di Marzal, anche il cruscotto è da brivido, una meraviglia. Ci chiediamo: costerebbe così tanto fare le porte ad ala su auto, che già costano 90.000 euro (senza esser belle)? Noi aggiungeremmo volentieri quei 5 mancanti...

Dalla fuoriserie al prodotto di massa

Stessa abilità nello spaziare dalle coupè alle berline di mercato è dimostrata nel disegnare gli interni di Renault “25”: il cruscotto presenta un quadrante sprofondato, riuscitissimo, che arriva certamente dall'esperienza Countach: anche qui il cruscotto è su due livelli, plancia in alto e consolle stereo in basso, consentendo una superficie utile per i tecnologici molto ampia. E' la prima autoradio al volante, 1984, e purtroppo l'unica con equalizzatore analogico a 5 bande: una consolle da disco. In alto a destra è integrato nel quadro strumenti un computer di bordo che anticipa il monitor del navigatore, all'oggi quasi sempre mal integrato nel cruscotto. L'abitabilità dell'auto è straordinaria, quanto la sua comodità: i gomiti possono appoggiare nell'incavo della portiera, facendo risultare l'auto ( molto più stretta di Megane), decisamente larga e vivibile. L'impianto elettrico bizzarro e inaffidabile, frequente pecca francese, ha affossato la fortuna del modello, tra l'altro disegnato negli esterni dal “discepolo” di Flaminio Bertoni, Robert Opron.

Serie 5 E 12

Non osiamo chiamare prodotto di massa, sebbene diffusa, quel capolavoro che fu la prima Bmw serie 5 E12, disegnata da Gandini con lo spettacolare Paul Bracq a capo dello stile Bmw. Un'abbinata di stile assolutamente straordinaria. Intercettato l'assist del padre spirituale di Bmw, il maestro Giovanni Michelotti, Gandini approfondisce il segno della 1500 con la stessa arte con cui seppe traghettare la Testudo nella Miura. La E12 ha un carattere unico e da guidare – sull'asciutto – è poesia pura, sulle note del suo inimitabile 6 cilindri in linea. Il cofano anteriore è a shell, dando ulteriore classe al frontale, già perfetto nella sua pianta a freccia, con la superficie della calandra rivolta verso la strada.  BMW raggiunse livelli di sviluppo elevatissimi grazie a questi stilisti, come si fa dunque a non dar più credito allo stile nel prodotto di mercato?!

I veicoli industriali

Tornando in Francia Gandini disegna uno dei più bei camion di sempre, il Renault Magnum. Autentico palazzo su ruote, rappresenta l'ultimo capitolo di uno stile tecnologico e futurista legato ad un mezzo da lavoro. Fu di grande sucesso, rimasto sul mercato per ben 23 anni. Bipartito tra telaio meccanico e “cellula abitativa”, pareva un ufficio mobile. Consigliamo ai collezionisti di tenerne almeno uno in box, insieme ad un “Tigrotto” ed un “Esatau”. Probabilmente al posto del bollo vi metteranno l'imu...

La bruttina che piacque

Gandini disegna pure la Citroen Bx, riprendendo il progetto della Volvo Tundra – visibile qui al Mauto e nell'immagine qui sotto - disegnata per Bertone. La Bx ebbe il pregio di essere una delle medie Citroen più semplici ed affidabili mai prodotte, pur conservando il magnifico sistema idropneumatico ed un cruscotto molto originale. Non bella, ma nemmeno triste, presentava inizialmente diverse parti di carrozzeria in resina ed un sistema costruttivo che finalmente scremava una Citroen dagli aggettivi “comlpicata, approssimativa e un po' cervellotica” (entrare nella brava Gs era come tuffarsi in un marshmallow). Economica ma tecnologica, con tanta logica a bordo, Bx risultò tra i migliori modelli Citroen. Aveva una tenuta di strada esemplare.

Bertone non risultò mai troppo allineato, con le sue linee tese, al morbido stile Citroen, ma la Bx finì addirittura nel Gruppo B nei rally e, come R25, fu un'auto che grazie all'attentissimo livello progettuale dava un senso di grande piacevolezza ai suoi proprietari, che ancora la rimpiangono nel suo esser fresca, accogliente e ottima stradista. Già, perchè si deve aggiungere che ogni auto di Gandini ha la delicatezza di entrarti sotto pelle, rimanerti nel cuore.

Maserati

Lo splendido marchio  ha affrontato peripezie gestionali durissime all'epoca di Gandini: nei primi anni settanta è condotto da Citroen, dal cui connubio  tentò di nascere l'idea suicida della Quattroporte a trazione anteriore, idropneumatica. Un'idea valida quanto quella di spendere una fortuna per appiattire e rendere mora Kate Upton.

Quattroporte è commissionata a Bertone e Gandini ripercorre qui i canoni della BMW serie 5 E12, ampliandone la scala. Fu forse il peggior telaio con la più sconclusionata tecnologia che toccò al nostro designer.

Nonostante questo modello, qui vicino ad Sm, Maserati non scomparve, e questo probabilmente solo grazie alle matite di Giugiaro e Gandini. Ecco qui al museo Khamsin, granturismo maestosa, tuttora unica auto ad avere lo specchio di coda interamente in vetro, con fanali inseriti all'interno. I suoi interni sono opulenti e poderosi, davvero magnifici. La trazione torna al suo posto, dietro.

Anni più avanti, sempre in Maserati, a Gandini ritocca il tema Quattroporte, sempre con scarse risorse economiche. In questo caso dovrà vestire un telaio derivato dalla “420”: per questo l'auto è molto compatta e non può sembrare un'ammiraglia, nulla a che vedere con la celeberrima capostipite di Frua, ne con quella di Giugiaro, La Royale. Quest'auto cerca invece spazio tra Serie 5, Classe E e 164. Le prestazioni sono fulminanti e l'immagine è finalmente moderna, soprattutto nella coda e nel taglio del parafango posteriore. Gli interni sono molto piacevoli e per fortuna l'orologio ellittico è collocato e dimensionato in maniera equilibrata.

Erano gli anni in cui si cercò di trasformare una Tipo in un Alfa Romeo, la 155, sperando che bastasse solo la matita di Spada per far digerire a chi si ricordava cosa fosse un'Alfa, che l'erede della 75 fosse un'auto da nulla. I canoni dell'auto italiana erano ormai in crisi.

Si ritorna

La via del ritorno è bianca di neve da Alessandria fino a Milano e siamo a bordo per coincidenza della 4x4  esposta tra i disegni di Gandini affissi nella lunghissima teca all'interno della mostra. Nessun dispositivo elettronico, telaio e motricità perfetta ci fanno procedere al meglio. E' la bellezza dei mezzi ben concepiti, ben proporzionati, quelli che disegnava Marcello: bisognava vincere? Stratos. Vendere? R Supercinque. Correre? Countach. E così via fino al  colossale Magnum. Così oggi aggiungiamo un tassello ai canoni di bellezza, quello solito tramandato dalla Grecia Classica: Bello e Buono, nel nostro caso Splendido e Ben Progettato.

Alessandro Sammartini

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