Assicurazioni, scatola nera: è davvero vantaggiosa? De Vita: «Coraggioso autolesionismo»

Assicurazioni, scatola nera: è davvero vantaggiosa? De Vita: «Coraggioso autolesionismo»
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Enrico De Vita
  • di Enrico De Vita
A due anni dall'arrivo della scatola nera in Italia il nostro editorialista Enrico De Vita fa il punto della situazione. E' davvero vantaggioso montarla oggi oppure è solo un regalo alle assicurazioni?
  • Enrico De Vita
  • di Enrico De Vita
28 novembre 2014

Da qualche tempo molte assicurazioni propongono ai clienti di installare a bordo dei propri veicoli la scatola nera. Un dispositivo capace di monitorare il comportamento di guida e di registrare in tempo reale diversi parametri dinamici del mezzo.

 

In questo modo permette di ricostruire in maniera certificata la dinamica di un eventuale sinistro e dovrebbe quindi consentire sconti importanti per sui costi della polizza, dal momento che la compagnia assicurativa si sente tutelata da eventuali frodi.


Ma le cose stanno veramente così? Ci spiega tutto il nostro editorialista Enrico De Vita, intervistato da Stefano Mensurati su Radio1 all'interno della trasmissione “Tra poco in Edicola”, dedicata alla rassegna stampa quotidiana.

 

Da qualche tempo in Italia è arrivata la scatola nera. Sono realmente diffuse?
«Ormai è da due anni che le compagnie assicurative propongono ai clienti le scatole nere. Ne sono già state installate oltre 2 milioni sulle automobili italiane. Gli assicurati sono circa 40 milioni, quindi se volessimo scatole nere su ogni veicolo del parco circolante dovremmo installarle in quantità 20 volte superiore rispetto ad oggi, con costi giganteschi».

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Fino ad oggi non si sono visti grossi vantaggi in termini di costi per gli assicurati


Perché tutti dovrebbero montarla?
«Finché tutti non avranno una scatola nera a bordo gli automobilisti viaggeranno in condizioni diseguali. Per esempio, in caso d’incidente avremo l'automobilista con la scatola nera che verrà messo a nudo, sarà trasparente, perché grazie al dispositivo si conosceranno tutti i dettagli legati alla sua vettura e alla dinamica del sinistro. L'altro veicolo invece, sprovvisto di scatola nera, potrà continuare a raccontare tutto quello che vuole sull'incidente».

Quindi qual è la morale? Conviene o no montare la scatola nera?
«Oggi la scatola nera rimane uno strumento di garanzia per le compagnie, ma anche di “coraggioso” autolesionismo, per chi lo monta. Questo spiega perché fino ad ora la maggior parte è stata installata da giovani patentati che non vogliono pagare premi astronomici e si impegnano quindi a guidar bene, perché monitorati dal dispositivo di bordo».

Le compagnie preferiscono alzare indiscriminatamente le tariffe della zona “bonus” (classe 1-14) piuttosto che individuare veramente le frodi e gli indisciplinati


Alle assicurazioni piace?
«Le compagnie di assicurazione hanno verificato che la scatola nera serve. È utile per far guidare meglio gli automobilisti, ma anche per contenere le frodi. E quindi vorrebbero estenderne l'utilizzo».

E allora perché non si estendono a tutti il montaggio di questo dispositivo?
«Estendere in maniera massiccia l'utilizzo delle scatole nere prima di tutto ha un costo molto elevato, perché ciascun dispositivo costa circa 200 euro. E poi le compagnie non hanno interesse a proporre la scatola nera ai clienti che si trovano già in classe di merito uno, ovvero in quella più bassa e favorevole. Sanno che questo tipo di guidatori non ha incidenti da moltissimi anni e non vogliono premiarli ulteriormente, con uno sconto aggiuntivo e col montaggio della scatola nera».

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La scatola nera diventerebbe davvero vantaggiosa solo se tutti i veicoli ne fossero provvisti


Con la liberalizzazione la politica aveva promesso tariffe assicurative più basse. Invece così non è stato. Perché?
«Il sistema assicurativo del nostro Paese vive ormai da decenni un dramma che sembra insanabile. Se si riuscisse realmente ad abbattere le frodi, cancellando i sinistri inventati e riducendo i risarcimenti gonfiati, le compagnie potrebbero abbassare i prezzi delle polizze di almeno il 50%, cioè ai livelli degli altri Paesi europei. Ma è una ipotesi a cui non sembrano molto interessate perché in questo modo dovrebbero dimezzare il loro fatturato e buona parte degli utili. Ma le assicurazioni non sono certo enti di beneficenza».

Perché le tariffe non solo rimangono alte ma continuano persino ad aumentare?
«Se guardiamo come sono posizionati gli italiani sulla scala del sistema “bonus-malus” vedremo che ci sono moltissimi nella zona dei virtuosi, dalla classe di merito 14 (quella d’ingresso) alla 1, per intenderci. Nelle fasce 15, 16 e 17 invece troviamo i pochi che sono incappati nel malus negli ultimi 3 anni. Oltre queste classi non troviamo addirittura più nessuno benché le classi di merito proseguano oltre il numero 20. In pratica le classi della zona “malus” sono occupate da pochissimi assicurati:  questo si verifica perché gli automobilisti indisciplinati cambiano continuamente compagnie di assicurazione, oppure intestano la vettura a prestanome di comodo. Ecco perché le compagnie preferiscono alzare indiscriminatamente le tariffe della zona “bonus” (classe 1-14) piuttosto che individuare veramente le frodi e gli indisciplinati. Così tutti quanti finiamo per pagare di più».

Chi riesce a guidare per cinque anni a Napoli senza fare incidenti andrebbe premiato


E' vero che siamo i più penalizzati d'Europa?
«Purtroppo, sì. In Italia paghiamo le assicurazioni molto di più rispetto ai nostri vicini spagnoli o francesi. Un italiano in classe 1, che dovrebbe avere tariffe assolutamente vantaggiose visto che non commette incidente da diversi anni, si ritrova invece con un costo della polizza addirittura superiore alla media dei prezzi della Francia o della Spagna».

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Le polizze italiane rimangono le più care d'Europa


E poi ci sono differenze enormi a seconda delle regioni. Giusto o sbagliato?
«E’ uno schiaffo al buon senso. Se un assicurato di Napoli non commette e non subisce incidenti è un automobilista, o un motociclista, 100 volte migliore di chi guida a Bolzano, dove c'è molto meno traffico e il rischio di sinistri è esponenzialmente più limitato. Chi riesce a guidare per cinque anni a Napoli senza fare incidenti andrebbe premiato, invece chi immatricola un veicolo in questa città parte da una tariffa base doppia rispetto a quella di Bolzano!»

E quale dovrebbe essere allora il principio per stabilire il merito?
«Le assicurazioni giustificano la loro scelta (di trattare diversamente le singole zone) sostenendo che questo principio rispetta lo spirito comunitario secondo cui le tariffe devono essere proporzionali al rischio. Ma le cose non stanno così. Il rischio, come avviene in tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, dipende essenzialmente da chi guida, e quindi dalla storia personale del guidatore, e dal tipo di vettura utilizzata. La targa, cioè la città di residenza, dovrebbe essere semmai un motivo di merito e non un demerito».

La targa dovrebbe essere semmai un motivo di merito e non un demerito


Si arriverà un giorno ad uno scenario almeno simile?
«C'è una recente proposta parlamentare che chiede una tariffa unica in Italia per chi è nella classe 1 o non è coinvolto in incidenti da almeno cinque anni. Le compagnie di assicurazione naturalmente sono contrarie e minacciano di dover rialzare le polizze alle zone finora privilegiate. La proposta non è stata portata avanti dalle forze politiche nonostante l'esecutivo abbia potenzialmente la facoltà di imporre una norma di questo tipo».

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