Bonus-Malus sulle emissioni: dalle aziende un coro di no!

Bonus-Malus sulle emissioni: dalle aziende un coro di no!
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Non piace ad industrie ed agli operatori la norma approvata dalla Commissione Bilancio della Camera che punta a penalizzare con un’imposta i veicoli con emissioni superiori ai 110 g/km di CO2.
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
5 dicembre 2018

Sembrava luna di miele, era un misero bluff: a neppure 24 ore dalla comparsata del premier Giuseppe Conte all’assemblea di Anfia, che sembrava così benedire la nuova presidenza affidata a Paolo Scudieri (vedi qui), si capisce che le belle parole ed i sorrisi erano solo di circostanza, e che l’impegno promesso a favore della filiera automotive nascondeva invece un crudele tranello.

Mentre nei saloni dell’hotel Plaza di via del Corso si consumava l’ennesima sceneggiata all’italiana, infatti, a poche centinaia di metri di distanza una “manina“ scriveva un devastante emendamento al Disegno di Legge di Bilancio 2019 contenente l’articolo “Bonus malus sulle emissioni di CO2 g/km delle nuove autovetture”.

La misura propone di applicare, già dal 1° gennaio 2019 e fino a tutto il 2021, un’imposta crescente – dai 150 ai 3.000 euro! - all’immatricolazione di auto nuove con emissioni di CO2 superiori ai 110 g/km, e parallelamente prevede un incentivo – da 6.000 a 1.500 euro – all’acquisto di veicoli con emissioni tra 0 e 90 g/km di CO2.

Giuseppe Conte durante il suo intervento all'assemblea dell'Anfia: il premier promette sostegno, nel suo Governo decidono all'opposto
Giuseppe Conte durante il suo intervento all'assemblea dell'Anfia: il premier promette sostegno, nel suo Governo decidono all'opposto

La Panda paga fino a 1.000 euro!

Un provvedimento che, come riferisce la stessa Anfia, colpisce la filiera industriale italiana impegnata ad investire nell’elettrificazione e mette in difficoltà gli operatori e il mercato, andando esattamente nella direzione opposta rispetto all’attenzione dichiarata nei confronti di un comparto chiave per il Paese.

La classificazione proposta, inoltre, non tiene conto dell’attuale situazione regolamentare, ovvero della transizione dalla procedura per il rilievo delle emissioni di CO2 NEDC a quella WLTP in vigore dal 1° settembre 2018, che ha l’obiettivo di fornire ai clienti dati che rispecchiano maggiormente l’uso reale del veicolo e presenta valori ben più elevati per il medesimo veicolo.

Ad esempio il modello più venduto in Italia, la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, comunque tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di CO2, con il nuovo sistema pagherebbe un’imposta che varia dai 400 ai 1000 euro!

E anche molte utilitarie a gas e veicoli ad alimentazione alternativa, oltre a non avere nessun bonus, rischierebbero di pagare un malus di 150 euro.

Una misura così strutturata, secondo l’Anfia, oltre a rallentare il rinnovo dell’obsoleto parco circolante, penalizza le classi sociali con minore capacità di acquisto delle nuove tecnologie.
 

Dai concessionari un grido d'allarme

Non meno preoccupata la reazione di Federauto, la Federazione dei concessionari auto, che per bocca del Presidente  Adolfo De Stefani Cosentino ha così dichiarato: «La proposta così come presentata invece di costituire una soluzione peggiorerà il problema dell’inquinamento, delle entrate dello Stato, dell’impatto sul mercato e quindi sui livelli occupazionali delle nostre aziende in cui oggi sono impiegati più di 120.000 addetti. Paradossalmente l’incentivazione di auto nuove più ecologiche prevista dalla proposta sarebbe già nettamente inferiore a quanto il mercato ad oggi ha espresso per le vetture con emissioni di CO2 inferiori a 90 g/km. Di contro, la penalizzazione di vetture Euro 6 porterebbe le seguenti conseguenze: un rallentamento del rinnovo del parco senza eliminare le vetture più inquinanti e un minore gettito di IVA e IPT dovuto ad una riduzione del mercato che non compenserebbe neppure in minima parte il maggior gettito derivante dal ‘malus’. Da ultimo, la riduzione degli addetti delle concessionarie, che negli ultimi anni hanno pagato il prezzo della crisi con una perdita di posti di lavoro già molto elevata, comporterebbe un ulteriore calo stimabile in parecchie decine di migliaia di addetti. In sintesi, questa proposta invece di rappresentare una spinta al rinnovo del parco, alla riduzione dell’inquinamento ed alla diffusione di veicoli a basso impatto ambientale, si tramuterebbe in un boomerang con effetti recessivi sul mercato, sull'occupazione e sulle entrate tributarie».

Ci sarà qualcuno in grado di raccogliere queste obiezioni a Montecitorio?
 

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