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Per capire davvero cosa le rende così speciali, bisogna andare là dove tutto nasce: a Kosai, nella prefettura di Shizuoka, città natale di Suzuki e sede di una delle fabbriche più efficienti del Paese. Qui, ogni mese, 23.000 kei car prendono vita sulle linee di montaggio, trasformando rotoli d’acciaio in vetture compatte che incarnano la filosofia del “fare di più con meno”.
Le kei car non sono semplicemente automobili piccole: sono un vero e proprio fenomeno culturale. Nate nel dopoguerra per rilanciare l’economia e rendere l’auto accessibile a tutti, rispettano regole precise — lunghezza massima 3,4 metri, larghezza 1,48, motore fino a 660 cc o 65 CV — e continuano ancora oggi a rappresentare quasi il 40% del mercato giapponese, con 1,6 milioni di immatricolazioni nel 2024.
Dietro a questo successo c’è un equilibrio perfetto tra razionalità e ingegno: dimensioni ridotte per muoversi agilmente tra le strade congestionate, abitacoli spaziosi grazie a un design intelligente e, soprattutto, costi di gestione irrisori. Le tasse, l’assicurazione e la revisione costano sensibilmente meno rispetto alle auto “standard”, e persino i pedaggi autostradali godono di sconti dedicati. È questo mix di praticità ed economia che le ha rese le preferite di pendolari, anziani e giovani, in un Paese dove lo spazio è prezioso quanto il tempo.
La fabbrica di Kosai, inaugurata nel 2002, è il cuore pulsante di questa filosofia. È qui che Suzuki costruisce modelli come Hustler, WagonR e Spacia, ma anche la Jimny “kei”, la versione ridotta del celebre fuoristrada, adattata alle rigide normative di categoria.
L’intero processo si sviluppa su una linea lunga 886 metri, con 110 stazioni di montaggio dove 400 dipendenti Suzuki e 500 lavoratori esterni si alternano su due turni. Ogni auto rimane solo 56 secondi in ogni postazione, in una coreografia produttiva che alterna precisione umana e automazione mirata.
I robot vengono impiegati solo dove servono davvero: per installare parabrezza o gestire componenti pesanti. Il resto è opera delle mani esperte degli operatori, che assemblano molle, ammortizzatori e sottotelai con una velocità e una cura che riflettono la tradizione giapponese per la qualità. Il risultato è una produzione ad altissimo volume, ma con costi contenuti e una qualità percepita elevatissima — proprio ciò che ha reso Suzuki un punto di riferimento nel segmento.
Il successo di Kosai non è solo una questione di numeri, ma di filosofia industrialeb e, in un’epoca in cui le grandi Case devono affrontare la transizione elettrica e la complessità normativa, Suzuki dimostra che efficienza e semplicità possono convivere. Le kei car sono nate per rispondere a esigenze di mobilità quotidiana, ma oggi — con la spinta verso la mobilità sostenibile e l’arrivo di piccole elettriche — quel modello potrebbe tornare attuale anche in Europa.
Auto leggere, economiche e agili: ciò che in Giappone è la normalità potrebbe presto diventare, anche per noi, una nuova frontiera dell’efficienza urbana.