Marchionne: «Il mercato italiano è disastroso, ma non chiudo stabilimenti»

Marchionne: «Il mercato italiano è disastroso, ma non chiudo stabilimenti»
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L'Amministratore Delegato del Gruppo Fiat ha incontrato i giornalisti a Venezia, per parlare dell’attuale stato dell’Azienda e della situazione degli stabilimenti italiani
10 giugno 2013

Sergio Marchionne ha partecipato alla due giorni del Consiglio per le Relazioni Italia-Usa, presieduto peraltro dallo stesso Amministratore Delegato del Gruppo Fiat, andato in scena a Venezia durante lo scorso weekend. Marchionne si è intrattenuto con i giornalisti per parlare dell’attuale stato dell’Azienda e della situazione degli stabilimenti italiani, che, ha confermato, non verranno chiusi.

Non chiudo stabilimenti in Italia

In merito alla situazione del mercato Marchionne ha dichiarato: «Il mercato europeo dell'auto non ha ancora toccato il fondo e ci vorranno tre o quattro anni perché si riprenda. Quello italiano, in particolare, é disastroso, ma nonostante questo gli stabilimenti italiani non chiuderanno». Marchionne non parla però dei prossimi investimenti: «Su Mirafiori quando saremo pronti lo annunceremo. Bisognerà autorizzare la cassa (integrazione, ndr) finché gli investimenti non partono».

 

Non dice se ne ha parlato con il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che nella giornata di venerdì ha incontrato a Venezia. Con il governo italiano i rapporti appaiono distesi. Prima l'incontro nei giorni scorsi con il ministro Flavio Zanonato, poi qui a Venezia l'occasione per parlare con Giovannini e con il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni.

Marchionne spera che si riavvii il tavolo sull'export avviato con il governo Monti.

Non servono incentivi, bisogna facilitare l'export

«Non chiediamo incentivi, ma di facilitare il processo di esportazioni creando tutte le condizioni possibili e immaginabili. Questo governo si è insediato da trenta giorni, non possiamo rompergli le scatole. L'impegno con noi per l'export dovrà tornare sul tavolo, credo che sia un interesse anche di Confindustria, ne ho parlato con Squinzi, perché aiuterebbe non solo noi ma anche tutti gli altri.»

 

Marchionne parla anche della Cina:  «Fiat ha un buon partner (nella Repubblica Popolare, ndr), ma potrebbe trovarne un altro da affiancare per sviluppare la Jeep. Per ora  in ogni caso nessuna trattativa è in corso, ma solo diverse manifestazioni d'interesse».

Fusione Fiat-Chrysler: manca poco

La fusione Fiat-Chrysler resta un tema centrale, su cui il manager del Lingotto sta concentrando gran parte delle sue energie. Secondo Marchio in ogni caso «non avverrà prima del quarto trimestre dell'anno anche se tecnicamente è possibile che Fiat compri, prima che vada in Borsa, la quota di Veba, il fondo sanitario del sindacato americano Uaw, che detiene ancora il 41,5% di Chrysler».

 

La trattativa va avanti e riguarda "solo il prezzo", non ci sono in ballo prodotti o stabilimenti come ha ipotizzato in passato il sindacato italiano legando il futuro produttivo di Mirafiori e Cassino all'andamento del negoziato. Marchionne sta provando a raggiungere un accordo, altrimenti sarà la Corte del Delaware a pronunciarsi entro fine luglio sul valore del 3,3% di Chrysler e, quindi, indirettamente di tutta la partecipazione.

Meglio il sindacato americano

Tutte da vedere ancora le modalità della fusione: «Non dipendono da noi, la discussione è aperta. C'é da lavorare» spiega l'amministratore delegato del Lingotto. Qualcuno chiede se il modello sia quello della fusione tra Fiat Industrial e Cnh: «Questo è il classico esempio di una manovra che è possibile fare e che ha dei vantaggi enormi, poi ci sono alternative. Noi non abbiamo ancora scelto la forma della fusione con Chrysler. Spero che avvenga, prima ci arriviamo poi decidiamo cosa fare. Fate tante ipotesi, una è quella giusta» scherza infine il manager del Lingotto che osserva: «Il grande vantaggio di avere a che fare con il sindacato americano é che ha una fiducia enorme in quello che fa il manager».

 

Fonte: Ansa

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