Piloti: quattro chiacchiere con Thomas Biagi

Piloti: quattro chiacchiere con Thomas Biagi
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Intervista al pilota Maserati del Team Vitaphone, candidato al titolo 2007 del Fia GT.
20 aprile 2007

Non si vive di sola Formula 1: gli appassionati iniziano a rendersene conto finalmente, e anche i giovani piloti. Si perchè a fronte di una massima formula sempre più elitaria, alla quale è sempre più arduo accedere (soprattutto con le possibilità tecniche di ben figurare...) fortunatamente negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita costante delle gare turismo e GT.
Proprio il Fia GT, per fascino delle vetture partecipanti e spettacolarità delle gare ha ben poco da invidiare alla F1, e fa particolarmente piacere constatare l'Italia è assai ben rappresentata in questa categoria, con la Maserati al top in GT1, la Ferrari grande protagonista in GT2 e più di un pilota italiano con ambizioni di vittoria. Tra questi spicca Thomas Biagi, che corre in coppia con Micheal Bartels su una Maserati MC12 del Team Vitaphone, che ci ha concesso un'intervista ricca di spunti di riflessione, dalla più stretta attualità all'evoluzione della specialità, fino alle basi per costruirsi una carriera da professionista nel mondo delle corse.
Con quali ambizioni guardi al proseguo della stagione dopo l'esordio un po' sfortunato in Cina?
"La sorte, anche nelle gare di automobili, fa parte del gioco. Comunque, in vista delle prossime gare, avrò un atteggiamento positivo in quanto sono consapevole che l’intero pacchetto piloti-vettura-gomme ha dimostrato un grande potenziale: giro veloce durante le prove libere sul bagnato e in gara con pista asciutta, pole position e la prima posizione dopo il 60 per cento della corsa sono solo segnali positivi che mi permettono di stare tranquillo e di guardare con serenità ai prossimi round".
Quali sono i punti di forza della Maserati MC12 e quale stile di guida risulta più redditizio?
"Penso che il punto di forza della Maserati MC12 sia l’ottimo bilanciamento dei pesi che predilige uno stile di guida pulito, che tra l’altro si addice alle mie caratteristiche".
Quest'anno la MC12 sarà orfana del suo creatore, l'ing. Ascanelli, che ha lasciato la Maserati per assumere la direzione tecnica di Toro Rosso in F1. Quali conseguenze avrà la sua partenza sulla competitività delle Maserati durante la stagione?
"La presenza in seno al Team Vitaphone di Ascanelli, considerato il “padre” della MC12, ha portato indubbi vantaggi e soprattutto risultati. Siamo dispiaciuti di aver perso un talento, un grande stratega. Allo stesso tempo desideriamo che possa raggiungere traguardi importanti. Inoltre, Ascanelli ha avuto il merito di formare un’equipe di professionisti intorno a lui. Il suo erede, Maurizio Leschiutta, sono sicuro che farà altrettanto bene e saprà capitalizzare gli insegnamenti dello stesso Giorgio, con il quale ha lavorato e ha condiviso il progetto e lo sviluppo della Maserati MC12 negli ultimi anni".

 

Quest'anno le gare sono più corte, con una durata di sole due ore. Questo ha portato a un cambiamento nella preparazione fisica dei piloti e nella strategia di gara?
"Nessun cambiamento nella preparazione fisica, anche se penso che correre per sole due ore possa essere un vantaggio per quei piloti che sono meno preparati fisicamente. Dal canto mio, ho proseguito i miei allenamenti con lo stesso impegno e spirito di abnegazione seguito dall’equipe di specialisti dell’IsoKinetic di Bologna e dal dottor Riccardo Ceccarelli.
Situazione differente per la strategia di gara: i due pit-stop obbligatori e la regola che impone almeno 35 minuti di guida per ogni pilota permettono di studiare più opzioni, variando la quantità di carburante nei serbatoi e la lunghezza dello stint. Con il precedente regolamento eri quasi obbligato a guidare un’ora ciascuno.
Forse, si potrebbe rivedere l’imposizione dei 35 minuti; a volte può essere troppo penalizzante, come accaduto a noi in Cina quando all’ingresso della safety car, pur non avendo commesso alcun errore, abbiamo perso numerose posizioni perché Bartels non aveva ancora superato, seppur per poco, il tempo minimo regolamentare. In questo modo, a detta delle stesse istituzioni, il GT sta andando più nella direzione dello spettacolo che dello sport…"
Nella prossima gara, a Silverstone, scenderà in pista anche Nigel Mansell, con una Ferrari F430 della Scuderia Ecosse. Cosa rappresenta per il Mondiale FIA GT la sua partecipazione?
"Sono contento del suo ritorno e vorrei ringraziarlo per questo. La sua scelta di mettersi in discussione con piloti molto più giovani è sicuramente coraggiosa e per questo lo stimo. Mi è piaciuta una sua dichiarazione, in cui sosteneva che come ex della Formula 1 “sarà come correre con un bersaglio sulla schiena”, dove tutti i piloti cercheranno di batterlo.
Inoltre la sua partecipazione al GT1 attirerà lo sguardo delle TV e degli spettatori che si ricordano ancora il suo passato con la Ferrari".
Nel 2003 hai conquistato il mondiale FIA GT al primo anno di partecipazione, in coppia con Matteo Bobbi su Ferrari 550 Maranello. Speravi che questo successo riaprisse qualche porta con le ruote scoperte?
"Sinceramente no, perché quando ho deciso di puntate sul GT avevo impostato la mia carriera sulle ruote coperte. Devo ammettere che la vittoria del titolo al primo anno ha facilitato l’ingaggio in Vitaphone, che considero un traguardo prestigioso e importante. E’ il terzo anno che ho l’onore di guidare una Maserati MC12 e piloti al volante per tre anni consecutivi con il Tridente sono merce rara: oltre al sottoscritto, ci sono Bertolini e Bartels. Io lo chiamo il fattore B: è curioso infatti che tutti e tre abbiamo il cognome che inizia con la B".

 

Un tempo le ruote coperte erano il rifugio degli ex-formulisti e di pochi specialisti veterani, oggi invece sono sempre più numerosi i giovani che dopo il kart e formule propedeutiche puntano direttamente sulle corse GT e Turismo piuttosto che inseguire la F1 o cercare di entrare a tutti i costi in GP2, magari senza la garanzia di una squadra competitiva. Tu hai in qualche modo anticipato questa tendenza, essendo stato uno dei primi giovani piloti "in carriera" a dedicarsi a tempo pieno alle ruote coperte: ti senti di consigliare questa scelta ai giovani?
"Certo, mi sento di consigliare questa strada a quei giovani che non hanno i mezzi economici per puntare ai team di vertice della GP2 e di conseguenza alla Formula 1. Per arrivare nell’olimpo della Formula 1 ci vuole sicuramente talento, ma anche supporti economici e manageriali non indifferenti. Chi non può disporre di questi mezzi, deve abbandonare il sogno, mettere i piedi per terra e pensare a qualche cosa di più concreto come cercare un futuro nel GT che può offrire un certo spazio, notorietà e regalare comunque forti soddisfazioni".
Quali sono le principali differenze, a livello di guida, tra una monoposto e una vettura del FIA GT? Quanto è stato difficile adattarti alle vetture a ruote coperte?
"N
on ci sono poi macroscopiche differenze. Mi ricordo che all’esordio, appena salito su una GT, sentivo la mancanza del vento contro il casco e il fatto di non vedere più le ruote. In realtà, la frenata delle vetture a ruote coperte, visto l’uso dei freni in carbonio, è molto simile alle monoposto: nelle curve hai meno carico aerodinamico e per contro hai una deriva superiore generata dal peso e quindi più difficile da controllare. Non  a caso un campione della Formula 1 come Schumacher arrivava dal gruppo C con la Mercedes, che è quasi paragonabile al GT1 dei giorni nostri. Appena salito è andato subito fortissimo; questo sta a significare come le categorie delle auto a ruote coperte siano ottime scuole.
Per quanto mi riguarda, l’adattamento è stato più facile di quanto potessi immaginare: al debutto a Barcellona ho segnato la prima vittoria, alla quale ho fatto seguire quattro successi consecutivi. Una striscia di cinque sigilli che sono rimasti un record nell’automobilismo, difficile da battere".

Oggi gli autodromi sono pieni di cosiddette "giovani promesse" con manager al seguito, ma tu sei famoso anche per essere uno dei pochi piloti di alto livello a gestire autonomamente la propria carriera, per quale motivo?
"Mi sono sempre autogestito, convinto che il vero traino per “andare forte” fosse  la passione, l’impegno e il duro lavoro. Non mi sento un vero manager, ma penso che quando c’è entusiasmo, i risultati arrivano per certo. La mia volontà era quella di essere pienamente responsabile delle mie azioni: se sbaglio mi assumo le responsabilità e se invece centro dei risultati positivi, posso assaporarli con maggiore intensità perché frutto di duro lavoro. Infine, mi piace operare in prima persona, espormi; mettere la mia faccia".
Il tuo futuro sarà sempre all'insegna del FIA GT oppure, dopo cinque anni di militanza nel campionato, sei attratto da nuove sfide?
"Devo dire che sono affascinato dalle nuove sfide, ho una mentalità aperta e sono pronto a valutare ogni proposta, anche se mi piace molto correre in questo campionato e mi sento molto legato a Michael Bartels ed il Team Vitaphone".

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