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Castelnuovo di Garfagnana, 18 Settembre 2024. La tragedia di Luca Salvadori ha scosso un po’ tutti, e sollevato un grande clamore sul tipo di corsa che gli è stato fatale. Abbiamo pensato di sentire Paolo Andreucci, che su strada corre da tutta la vita, ma su 4 ruote nei Rally. Non sappiamo veramente dove si può andare a parare, ma il pensiero di un Campione intelligente e sensibile è sempre prezioso.
Corse su strada, incidenti, drammi. Luca Salvadori… sicurezza.
Paolo Andreucci. “Scusatemi ma non sono ben informato. Ho visto la notizia e sono rimasto molto colpito, ma non conosco i termini della questione. Scatta nella mente la fatalità, da una parte, e immediatamente la questione della sicurezza, certamente, dall’altra. Sai, noi, nei Rally, abbiamo la macchina, il roll-bar, i sedili anatomici, le cinture a 5 punti, casco, HANS (Head And Neck Support). Adesso c’è anche in sistema GPS a interfaccia attiva, per cui se capita un incidente il primo soccorritore è il pilota che arriva dopo. Ha due pulsanti sul GPS, giallo e rosso, bandiera gialla o bandiera rossa, schiacci, l’informazione rimbalza dentro tutti gli abitacoli e la corsa si ferma per tutti, istantaneamente. In più è sempre più d’attualità mettere in protezione i punti pericolosi delle strade normali. Ecco che penso a quelle corse su strada con le moto come a una cosa, come dire, anomala. In moto sei solo, su un circuito ci sono elaborazioni in tema di sicurezza efficaci, come le vie di fuga o i fence. È chiaro che se si corre su strade “normali” per prima cosa bisognerebbe vedere come sono state “protette”. È ovvio che rimane difficile pensare che ci sia una sicurezza paragonabile a quella del circuito. Questa è la prima domanda che mi viene.”
Correre da soli uno alla volta, o tutti insieme in “bagarre”…
“Anche da noi era molto diverso, prima. Non c’erano protezioni, le prove speciali potevano essere lunghe anche 80-90 chilometri, vedi Corsica, Sanremo. Adesso le prove sono ridotte e vengono preparate. Abbiamo introdotto le slow zone nei tratti evidentemente pericolosi. Diciamo che nel nostro settore la direzione in termini di sicurezza è chiara. In più, cosa importante che mi viene in mente pensando all’incidente del povero Luca, noi corriamo da soli, partiamo uno alla volta ben distanziati. Non abbiamo la cosiddetta bagarre. Se fai “guerra” con qualcuno è chiaro che prima o poi lo “scozzo” arriva, e questo crea un problema in più in termini di sicurezza. Questa, se ci atteniamo al tema, è forse la questione più importante. Mi capita a volte di vedere i filmati delle corse all’Isola di Man. Strade, e muri, alberi, pali della luce, marciapiedi, tombini. Porca t**ia se sono fuori di testa quelli lì. E dov’è lo spirito della sicurezza in quei casi?”
Corse su strada oppure no?
“Andare in moto a passeggio, in viaggio, tranquillamente. Ma correre sulle strade, in tutte le forme, sinceramente la vedo come una cosa un po’ troppo estrema. E te lo dice uno che ne ha viste, fatte e passate… moto, discesa libera, “imparare” a correre, ne ho fatte un po’. Ecco, mi sembra che in quel caso ci siamo spostati un po’ troppo in una direzione quanto meno pericolosa. Poi, uno dice: c’è l’Isola di Man, il Tourist Trophy. Lo sai, ci sono centinaia di morti negli anni. Lo sai, è una libertà che ti prendi in un’Isola che lo ammette, decidono loro a casa loro cosa e come fare, e tu sai cos’è, scegli, vuoi rischiare, rischi. Tuttavia, ecco, stare a fare di quelle corse in giro per il mondo, ho dei timori. Che per esempio ci sia una sollevazione delle famiglie, mogli, figli, che ti dicono no, tu la moto la lasci lì perché ci si muore. E questo fa male a tutti. Oppure uno dice: gli piace correre, passione sua, cavoli suoi. Altro polverone. Non so in che direzione si potrebbe andare, ma che l’argomento sia quanto meno un po’ “tirato” lo vedo chiaramente.”
Provare le strade…
“E quanto devi stare su una strada come il TT per "impararla"? Giorni, settimane. E devi provare in tutte le condizioni di meteo, e via altro tempo. Le gare sono più corte? Fino a 5-10 chilometri puoi mandare a memoria i circuiti, come nelle gare in salita, prove libere, crono, eccetera, ma devi provare e riprovare, in ogni caso tanto. Se sono tracciati più lunghi, beh, fai te i calcoli…”
Protezioni delle strade…
“Per esprimermi meglio dovrei sapere in che modo sono protetti questi circuiti. Il fatto che in queste corse si corre tutti insieme è certamente un’aggravante. Non so come è andato l’incidente, ma posso dire che se hai vie di fuga puoi cadere e scivolare via. Non sempre, purtroppo lo sappiamo. Se hai una strada stretta, cadi, rimbalzi sulle balle di paglia, su un muro o un ostacolo, torni lì e tutto diventa enormemente più pericoloso. L’estremo del concetto è il circuito cittadino, senza vie di fuga, due macchine si toccano e i rischi sono N volte più grandi di un circuito vero e proprio. Vedi Montecarlo, Baku, Macau. Se hai una via di fuga tocchi, scarti, sparisci. I concetti essenziali per ragionare di corse: 1. Larghezza delle strade e vie di fuga. 2. Il fatto di correre tutti insieme. 3. Tenere sempre presente le prestazioni della moto da corsa in rapporto con il contesto. Guarda, ho provato una moto abbastanza “vivace” poco tempo fa. Solo per passeggio. Ti dico che sono dei razzi. Figuriamoci una moto da corsa in corsa! Mi viene da dire che i piloti di moto sono veramente bravi. Ma dal punto di vista delle gare su strada, ecco, le vedo un po’ “tirate”.
In fin dei conti?
Paolo Andreucci. “Guarda, è il dilemma di sempre. Purtroppo le corse portano sempre in sé una componente di rischio. Bisogna fare una constatazione, al di là e prima del giudizio. Se uno vuole rischiare… rischia!”
Questo che vi dico adesso Paolo Andreucci me lo disse parecchio tempo fa. Quando ha sviluppato la sua app di navigazione stradale CoDrive, Paolo pensò subito alle moto. Gli era sembrato naturale che, viaggiando in moto su strade sconosciute, avere uno strumento che ti annuncia la natura di una curva, anche se cieca, fosse un vero plus, uno step per il divertimento e per la sicurezza allo stesso tempo.