Steve McQueen: Una vita spericolata, passione Le Mans

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Il documentario Steve McQueen: Una vita spericolata, nei cinema il 9, 10 e 11 novembre, ripercorre la lavorazione del film Le 24 Ore di Le Mans, interpretato e fortemente voluto da Steve McQueen. Lo abbiamo visto in anteprima
2 novembre 2015

Steve McQueen, il "Re del Cool" nonché l'antieroe di Hollywood per antonomasia, nutriva una grandissima fascinazione per il mondo delle corse, sia su due che su quattro ruote. La sua passione per i motori lo spinse a partecipare a diverse gare, ma correre in prima persona non gli bastava: McQueen voleva portare l'automobilismo sul grande schermo.

 

Nel 1966, John Frankenheimer l'aveva battuto sul tempo, realizzando Grand Prix, ma l'attore, attraverso la sua casa di produzione, la Solar Productions, voleva fare di più: girare il film sulle corse automobilistiche più realistico mai prodotto.

 

E quale gara, se non la 24 Ore di Le Mans, test per eccellenza delle abilità di un pilota, sarebbe stata più adatta per questo scopo? Nacque così il progetto che avrebbe portato alla realizzazione de Le 24 Ore di Le Mans, pellicola dedicata alla storica corsa di durata sul Circuit de la Sarthe uscita nel 1971.

 

Steve McQueen: Una vita spericolata, documentario a firma di Gabriel Clarke e John McKenna che abbiamo potuto vedere in anteprima, ricostruisce proprio la tribolata lavorazione de Le 24 Ore di Le Mans. Attraverso riprese d'archivio del dietro le quinte del film e interviste a membri del cast e della famiglia, Clarke e McKenna restituiscono il ritratto dell'uomo che si cela dietro l'icona senza tempo e delle sue debolezze, nonché della passione che avrebbe finito per cambiare drammaticamente la sua vita.

Steve McQueen Le Mans (3)
La Gulf-Porsche 917K usata da McQueen all'inizio del film Le 24 Ore di Le Mans era stata guidata da Jo Siffert e Brian Redman alla 24 Ore di Le Mans del 1970

 

McQueen si era prefisso un obiettivo decisamente impegnativo: descrivere il mondo dell'automobilismo non attraverso i dialoghi, bensì servendosi delle immagini, per rendere la velocità e l'impagbile sensazione di essere al volante di un'auto da corsa grazie a riprese ravvicinate di vetture al reale passo gara e a veri e propri camera car.

 

Per questo motivo, la Solar Productions non badò a spese per portare alcuni dei migliori piloti dell'epoca, tra cui Jo Siffert Derek Bell, che avrebbe successivamente vinto cinque volte a Le Mans, al Circuit de la Sarthe, per effettuare le riprese più realistiche possibili, al volante di vetture come la Gulf-Porsche 917K e la Ferrari 512.

 

McQueen avrebbe voluto addirittura partecipare alla 24 Ore di Le Mans del 1970 in prima persona, al fianco di Jackie Stewart, ma problemi di natura assicurativa glielo impedirono. Alla gara, però, fu iscritta come camera car la Porsche 908/02 su cui McQueen aveva corso la 12 Ore di Sebring, per effettuare riprese uniche durante la corsa.

 

Steve McQueen: Una vita spericolata - il trailer italiano:

Nel documentario, Clarke e McKenna mostrano come la ricerca della perfezione da parte di McQueen portò la produzione ad allungarsi nel tempo, e la vita, sia privata che professionale, dell'attore a sgretolarsi sotto il peso di un progetto per lui così importante.

 

Di lì a poco, infatti, la moglie dell'attore, Neile Adams, stanca delle sue innumerevoli infedeltà, lo avrebbe lasciato, e McQueen avrebbe finito per inimicarsi nomi importanti di Hollywood, come John Sturges, regista de La grande fuga, che avrebbe dovuto dirigere Le 24 Ore di Le Mans.

Chad McQueen Le Mans
Tra gli intervistati nel documentario, anche Chad McQueen, figlio di Steve e pilota come il padre

 

Dopo Le 24 Ore di Le Mans, McQueen voltò per sempre le spalle alle corse, ma il suo amore per il motorsport è stato trasmesso a suo figlio, Chad, che nel documentario vediamo tornare a Le Mans, dove aveva soggiornato da bambino durante le riprese del film del padre.

 

Così come Steve, anche Chad McQueen ha pagato cara la passione per i motori: nel 2006, l'erede di McQueen fu protagonista di un gravissimo incidente – di cui porta ancora i segni - al Daytona International Speedway, dove si stava preparando per disputare la 24 Ore di Daytona.

 

Nonostante il rifiuto di McQueen, la sua creatura ebbe il successo che l'attore sperava, ma solo dopo la sua morte. Le 24 Ore di Le Mans, infatti, fu un flop al box office, ma negli anni divenne un vero e proprio cult per gli appassionati di motori, che, meglio degli addetti ai lavori hollywoodiani, hanno compreso la visione di McQueen e con lui condividono l'amore per le corse. E proprio i fan del motorsport, in Steve McQueen: Una vita spericolata, hanno la possibiltà di rivedere alcune delle auto più iconiche dell'automobilismo dei primi anni Settanta.

 

Steve McQueen: Una vita spericolata arriverà nelle sale italiane il 9, 10 e 11 novembre, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, per celebrare l'attore nel trentacinquesimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 7 novembre 1980, a causa di un mesotelioma, un tipo di cancro ai polmoni causato dall'amianto, sostanza presente nelle tute dei piloti degli anni Sessanta.

 

Steve McQueen: Una vita spericolata - una clip tratta dal documentario

La carriera da pilota di McQueen

Nel 1961, McQueen fece il suo debutto nel BTCC, il campionato Turismo britannico, giungendo terzo al traguardo a Brands Hatch. Il miglior risultato conseguito da McQueen sulle quattro ruote fu invece il secondo posto colto al volante di una Porsche 908/2 nella 12 Ore di Sebring del 1970 in coppia con Peter Revson. McQueen disputò quella gara con il piede sinistro ingessato a causa di una caduta in moto.

 

L'abilità di McQueen sulle due ruote, invece, gli permise di girare in prima persona parte delle scene in moto de La grande Fuga, in sella ad una Triumph TR6 Trophy. L'attore statunitense partecipò inoltre a diverse gare di motocross, e apparve anche sulla copertina di Sports Illustrated nel 1971, in sella ad una Husqvarna 400.​

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