Tecnica: riparare o sostituire? (Prima parte)

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Il progresso dà molto, ma cambia le carte in tavola…
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
23 luglio 2018

Levoluzione della tecnica ha portato da tempo alla realizzazione di motori non solo assai più performanti ed efficienti rispetto al passato, ma anche caratterizzati da una affidabilità e da una durata enormemente superiori. Ancora nei primi anni Sessanta spesso si “rifaceva” la testa dopo 60.000 km o giù di lì e raggiungere i 100.000 chilometri senza sottoporre il motore a interventi meccanici era un eccellente traguardo. Poi la situazione è cambiata e la vita utile dei motori è aumentata in misura assai ragguardevole. Questo grazie a oli dalle caratteristiche nettamente superiori e a grandi miglioramenti che hanno interessato vari settori, a cominciare dal disegno e dal dimensionamento dei vari componenti e dalle lavorazioni (con tolleranze più ristrette). Sono migliorati anche i materiali (in particolare per quanto riguarda le bronzine), i trattamenti e i riporti superficiali (soprattutto se destinati ai segmenti), oltre ai sistemi di lubrificazione. Pure i dispositivi di filtraggio dell’aria e dell’olio hanno subito una notevole evoluzione. Inoltre si sono evoluti i circuiti di raffreddamento, con più rapido raggiungimento della temperatura di regime e più accurato controllo termico complessivo. Fondamentale è stato anche lo sviluppo di sistemi di controllo della qualità sempre più accurati.

Oggi la durata di molti motori a benzina per autovetture, se trattati come si deve e oggetto della prevista manutenzione, non è inferiore a 250.000 km. In effetti se non molte auto raggiungono percorrenze di questo genere è perché vengono rottamate prima, con la parte meccanica ancora “sana”. O perché da una certa data in poi non possono circolare in quanto non più in regola con i nuovi limiti di emissione.

In molti casi l’auto viene sostituita quando iniziano a dare problemi componenti diversi da quelli del gruppo motore-cambio: la marmitta, gli ammortizzatori o alcuni accessori elettrici. Guai di non considerevole entità, in genere, ma fastidiosi perché magari cominciano a verificarsi con una certa frequenza. E poi i modelli nuovi sono un’altra cosa per l’estetica, più moderna e accattivante, per le prestazioni superiori, i consumi minori e via dicendo…

L’aumento della durata dei vari componenti ha fatto diminuire la richiesta di ricambi. Per lungo tempo i costruttori hanno previsto la rettifica dei cilindri (in ghisa) e degli alberi a gomiti; per questa ragione fornivano pistoni maggiorati sul diametro e bronzine aventi spessori superiori a quello originale.

I componenti duravano meno, ma si potevano recuperare più volte e con un esborso ragionevole. L’usura causava un aumento del diametro delle canne e modificava la loro forma, facendole diventare leggermente coniche (maggiore usura in alto!). Si verificava anche una ovalizzazione dovuta al fatto che le spinte dovute alla inclinazione della biella avevano luogo sempre sullo stesso piano, perpendicolare all’asse di rotazione dell’albero.

Il gioco del pistone aumentava e le condizioni di lavoro dei segmenti peggioravano. Per quanto riguarda gli alberi, avveniva qualcosa di analogo. Le bronzine e/o i perni di banco e di biella si usuravano. Di conseguenza il gioco aumentava (cosa che causava anche una diminuzione della pressione dell’olio).

A un certo punto l’aumento del consumo d’olio e/o il peggioramento delle prestazioni diventavano tali che si rendeva necessario procedere alla revisione del motore.

In genere i pistoni di ricambio erano disponibili in quattro maggiorazioni, ovvero con quattro diametri differenti (+0,25 mm rispetto all’originale; +0,50; +0,75 e +1,0 mm). Il meccanico portava il basamento, nel quale era integrato il blocco dei cilindri, in un’officina di rettifica che provvedeva alle necessarie lavorazioni. Le canne venivano prima alesate con una macchina utensile dotata di un utensile rotante, in modo da impartire loro la corretta geometria e da portarle a un diametro molto vicino a quello previsto. Si lasciava un poco di materiale che veniva asportato dalla seguente levigatura, effettuata mediante pietre abrasive rotanti e traslanti. In questo modo si impartiva alla superficie di lavoro una morfologia atta a trattenere e distribuire l’olio e a ottenere un rapido assestamento dei segmenti; al termine dell’operazione la canna aveva il diametro previsto e si poteva procedere alla installazione del pistone maggiorato.

Sugli alberi si interveniva mediante rettifica (effettuata su una macchina dotata di mola abrasiva rotante). I perni assumevano così la corretta geometria e venivano portati al diametro corretto; la finitura superficiale, già elevata, veniva poi migliorata mediante lucidatura. Il montaggio di bronzine con spessore maggiorato assicurava l’ottenimento del gioco prescritto.

Oggi queste operazioni si effettuato relativamente di rado. Viste la grande durata dei motori e la ridotta richiesta dei relativi ricambi, i costruttori in genere non prevedono più quattro maggiorazioni. Spesso una soltanto e talvolta neanche quella. E poi in svariati casi non è neanche possibile procedere alle operazioni di recupero delle quali abbiamo parlato. Alcuni trattamenti termochimici lasciano sui perni degli alberi uno strato superficiale indurito che ha una profondità ridottissima e verrebbe sicuramente asportato se si procedesse a riparazione mediante rettifica. In diversi motori le canne dei cilindri sono dotate di riporti che non consentono un aumento di diametro mediante alesatura e successiva levigatura. E, per contenere l’ingombro e quindi il peso, in molti casi la parete che separa le canne contigue ha uno spessore estremamente ridotto (talvolta è dell’ordine di 5 mm soltanto). È interessante anche segnalare che la situazione per i motori agricoli e industriali, è completamente diversa. Di questi argomenti parleremo nel prossimo servizio.

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