WRC22. Cos’è ‘sto Powertrain?”. Risponde il “Responsabile”, Julien Moncet

WRC22. Cos’è ‘sto Powertrain?”. Risponde il “Responsabile”, Julien Moncet
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Julien Moncet Ingegnere responsabile del powertrain della nuova Hyundai i20 WRC ’22. È l’occasione speciale per saperne di più. Non tutto (nessuno sa esattamente) ma quanto basta per iniziare a capire come cambia il WRC
  • Piero Batini
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1 novembre 2021

Bra, Cuneo, Ottobre. A Bra c’era anche Yves Matton, Il responsabile della FIA per tutto quanto è materia World Rally Car. Matton risponde solo a Jean Todt, ma deve ascoltare le Fabbriche e, come un sindacalista, deve far andare avanti la baracca senza scontentare nessuno. La sua presenza nelle Officine di BRC l’ho interpretata così: vuol dire che la faccenda dell’ibrido, principale e spettacolare novità delle WRC che verranno (anzi, stanno arrivando), non è del tutto chiara nemmeno al “Boss”. E infatti hanno fatto benissimo Hyundai e Andrea Adamo a far vivere all’intera Squadra un’anticipazione di Rally utilizzando il prototipo della nuova i20 Coupé WRC ’22. Anche sotto questo punto di vista il Rally Simulation Italy è prezioso.

Una macchina da Rally in azione spinta da questo piccolo motore elettrico è tutt’altro che l’immagine dell’azione, però è una forma di educazione che si vuol imporre a tutto il mondo della mobilità. Quindi la faccenda va capita, accettata, strutturata, seguita attentamente negli esempi, anche culturali, che propone. Per poi pensare a quell’altra cosa, non meno importante, che è tutto il resto e di cui si fa grande fatica a parlare: produzione dell’energia, smaltimento delle batterie, coerenza della filiera dall’inizio alla fine. Intanto gli esempi, devo ammetterlo, sono intriganti.

Per iniziare a capire un po’ oltre la teoria, che in ambito di novità spesso tende a semplificare eccessivamente, ci siamo rivolti direttamente al “Responsabile”, Julien Moncet, l’ingegnere che ha in cura il “pacco” che arriva a scatola chiusa e deve essere integrato nella nuova Macchina da Corsa. Moncet, 46 anni, viene da Grasse, la città francese dei profumi. Non sto a farla lunga, quest’uomo con la faccia da ragazzino e lo sguardo da discolo ha un curriculum spaventoso, che normalmente ci vuole il doppio dell’età, aver iniziato dalla Formula 1 a 6 anni, invece che dalle elementari, o rappresentare un’intera équipe. Invece Julien Moncet, ha fatto tutto da solo. Formula 1, un giro quasi completo delle grandi Factory e delle icone mondiali del Motorsport, reparti corse, sviluppi industriali. È approdato alla banchina di Hyundai Motorsport nel 2014 e, fino a ieri, era il responsabile dei motori. Poi è arrivato l’ibrido a scompigliare carte, ritmi e credo vecchi di cent’anni. Così da responsabile dei motori, o “motorista”, ora Moncet è responsabile del “powertrain” delle Hyundai da corsa. Powertrain perché motore, in senso più letterale, c’era già, solo che ora c’è anche quella diavoleria che funziona a corrente. Intanto per dare una mano, ma con un futuro già scritto e garantito da “esclusivista” del power. La parola al Responsabile.

Cominciamo dai conti: cosa si perde e cosa si guadagna con questo sistema?

Julien Moncet. “Bella domanda! Con l’ibrido si ha un sistema di propulsione in più rispetto al motore termico. Vuol dire che nella fase di boost si avrà la potenza del termico, 380 cavalli circa, ai quali si aggiungeranno i 100 KW, 130 cavalli circa, provenienti dalla parte elettrica. Cosa si perde? La vettura sarà un po’ per forza più pesante, poiché il kit pesa appena meno di 100 chili, tutto compreso. In effetti iol kit è fotnito da Compact Dynamics, tutti i costruttori hanno lo stesso kit, in una scatola di carbonio nella quale c’è la batteria, il motore elettrico e l’invertitore. 84 chili più i liquidi per il sistema di raffreddamento.”

 

È qualcosa che disturba i Piloti, in questa fase almeno?

JM. “Al momento la più grossa difficoltà è la gestione dell’ibrido. In questo step di del sistema adottato si hanno due fasi, la fase di rigenerazione e la fase di boost, di accelerazione. Per ciascuna di esse dovremo definire tre mappe di software che saranno “blindate” in una eprom, e dunque non modificabili, da utilizzare su tutte le macchine e da tutti i Piloti del Team. Rigenerazione è sulle fasi di frenata. Si recupererà dell’energia, che sarà trasferita alla batteria, che sarà successivamente utilizzata nelle fasi di accelerazione. La difficoltà sta nel fatto che questa fase di rigenerazione deve raggiungere un livello di energia definito. Se non lo si raggiunge non si avrà alcun contributo di accelerazione nella fase successiva. Bisognerà che il Pilota decida di frenare, o di non frenare (relativamente, è ovvio) per evitare di entrare in una fase di decelerazione nella quale non avrà abbastanza tempo per ricreare l’energia necessaria. Questa è una grossa difficoltà, ed è là che io Pilota deve adattarsi, con l’aiuto degli ingegneri e delle eventuali simulazioni, perché in certi casi, a seconda che freni oppure no, avrà oppure no il contributo di boost nella successiva accelerazione.”

In più si avrà una certa “economia” negli attraversamenti dei centri abitati.

JM. “Sì, negli attraversamenti e nei service park. In questi casi ci sarà l’obbligo di passare alla modalità full electric. In questi casi, quindi, gli Equipaggi dovranno fare dei calcoli per essere sicuri di avere a disposizione l’energia elettrica necessaria in quantità sufficiente.”

 

Quindi bisognerà rinunciare a un po’ di booster?

JM. “No, sarà piuttosto una questione di adattamento, perché non dovrebbero esserci problemi di capacità della batteria. Evidentemente le zone full electric saranno limitate a una portata di 10, 15 chilometri al massimo.”

 

Avete un rapporto diretto e rapido con il fornitore del kit, in modo da gestire al meglio l’evoluzione del sistema elettrico?

JM. “Sicuramente come per tutte le nuove parti c’è bisogno di sviluppo, per questo lavoriamo in sintonia con la FIA e con il fornitore per arrivare ad avere un sistema affidabile e performante.”

 

Possiamo ritenere definitivi i regolamenti o potremo avere, per così dire, dei “super jolly” per superare eventuali impasse da problemi di fondo? Quale livello di affidabilità si è raggiunto oggi nell’imminenza del Monte-Carlo?

JM. “Al momento penso che il livello di affidabilità sia sufficiente, non abbiamo avuto dei veri problemi, ma penso che l’anno prossimo sarà per tutti una fase di apprendistato, per il fornitore, per la FIA e per noi costruttori, e non è impossibile che a un certo punto della stagione si decida di riunisci per valutare l’opportunità di migliorare, cambiare qualcosa. È veramente una fase di apprendimento per tutti.”

E dunque potrebbe essere considerata una stagione “zero”, nella quale avere il diritto di cambiare qualcosa?

JM. “Certe cose, come per esempio quelle legate alle strategie di utilizzazione, potrebbero cambiare.”

 

Contento di questo “plus” di impegno e responsabilità?

JM. “Da ingegneri si è sempre contenti di una nuova sfida. Io sono uno che ha sempre lavorato sui motori termici, e dunque passare ad occuparmi di un motore elettrico, con tutte le implicazioni del caso, è qualcosa che richiede anche a me una parte di adattamento. Si parla di Watt e di Joule e non più di cavalli, per esempio, però la cosa è assai appassionante, e allo stesso tempo inquietante perché si tratta di qualcosa si completamente nuovo. Faremo in ogni caso del nostro meglio.”

 

È il momento dell’ingegnere, dunque. Un cambiamento professionale importante?

JM. “Evidentemente. Siamo ripartiti dopo cent’anni di motore termico a scrivere un nuovo capitolo su un foglio completamente bianco. Grossa sfida!”

 

Grazie mille e Buon Lavoro!

 

© Immagini - PB - Hyundai Motorsport

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