Dakar 2017, Il Viaggio. Il Miraggio dell’Acqua - dodicesima puntata

Dakar 2017, Il Viaggio. Il Miraggio dell’Acqua - dodicesima puntata
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Piero Batini
  • di Piero Batini
La dodicesima puntata del racconto della nostra Dakar 2017, un viaggio entusiasmante, unico, con un grande “veliero” e il contagioso timone di fantasia di Mr. Franco
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
21 settembre 2017

San Juan, Argentina, 12 Gennaio 2017. Facciamo strada, ma a ottanta all’ora il tempo passa più veloce dei chilometri. In più, per prima cosa, buchiamo ancora, questa volta riuscendo per fortuna a salvare il pneumatico. Su di nuovo il ruotino. Saltiamo Uyuni dove, sigh, avevamo una camera prenotata in uno dei due ostelli della cittadina, e ci dirigiamo verso Est per riprendere la via del Sud. Mezzanotte, e siamo fermi in una stazione di servizio, chiusa, della Potosi deserta solo per inviare con la stazione satellitare gli ultimi articoli alla Redazione. Volevamo andare a dormire da Jorge Pereira a Tupiza ma, sigh, siamo solo poco oltre metà strada, e per tempo abbiamo telefonato annullando il sogno. Ci passiamo la mattina successiva per colazione dopo aver viaggiato per tutta una notte d’inferno alla ricerca di un boccone da mandar giù, spossati dalla stanchezza e dalla monotonia del viaggio di ritorno. Ripartiamo a mattina inoltrata del 10 dopo aver fatto un breve giro turistico di Tupiza, città gradevole, centro storico caratteristico, e l’ultima occasione per approvvigionarsi di abbigliamento di alpaca boliviana, ponchos, berretti, maglioni, set completo. Un abbraccio a Jorge e Maria e ripartiamo. All’uscita della città un camion di assistenza è adagiato sul fianco fuori strada. Nessun problema per l’Equipaggio e, ragionevolmente, per il mezzo. Solo una mezza giornata buttata via, frutto della distrazione, del parossismo di chilometri e poco sonno, isterismi di una Dakar spietata. La strada scende dalle quote boliviane, e man mano che l’altimetria diminuisce anche la pressione endocranica. Si ha la sensazione di stare meglio, e solo in quella forma di liberazione del respiro ci si rende conto del peso della permanenza alle alte quote boliviane a cui non siamo abituati.

Avanti! Altri 500 chilometri e ci siamo, ci riuniamo alla Carovana a Salta, pensiamo. Ma poco oltre il confine, tra La Quiaca e Abra Pampa raggiungiamo i primi mezzi del convoglio, in trasferimento dopo l’annullamento della frazione conclusiva della tappa precedente. Non è normale, noi siamo molto in ritardo e non dovremmo trovare nessuno per strada. Ben presto la verità, chiara e agghiacciante: la Ruta Nacional 9, unica via asfaltata per raggiungere Salta, è interrotta all’altezza di Volcan, pochi chilometri a Sud di Purmamarca. La pioggia. Forte. Un diluvio. Una parte di un piccolo villaggio è scivolata nel fango fino alla strada, occupandone la carreggiata. Impossibile sapere quando la strada sarà riaperta. Il range delle previsioni è poco verosimile. Si parla di ore, di giorni, addirittura di settimane senza alcuna cognizione di causa, solo in funzione del livello di ottimismo o di disperazione dell’interlocutore. Per noi la differenza è sottile e drastica. Poche ore può andare, giorni e siamo out! Bivacchiamo lungo la strada, incontriamo questo e quello, commentiamo, in qualche modo siamo di nuovo con il grosso della Dakar, ma tutti insieme rischiamo il fuori tempo massimo. Nel tardo pomeriggio la situazione è cambiata di poco. Qualcuno è passato, Moto e 4x4 sono state autorizzati a passare ad Ovest, Purmamarca, il Salar di Salinas Grandes, San Antonio de los Cobres. È il percorso che abbiamo già fatto all’andata, questa volta al contrario e ulteriormente “massacrato” dal passaggio della colonna di veicoli. La Salta-Chilecito viene inevitabilmente annullata e convertita in trasferimento, e così saltano anche le ultime dune della 39ma Dakar e il temibile “catino” di Fiambala.

Passare per il fuoristrada significa guidare tutta la notte, e segretamente speriamo che riaprano la strada. Così decidiamo di fermarci a Purmamarca, almeno per ricaricare le batterie. Mr. Franco passa lentamente per le strette via dell’incantevole villaggio, e chiede al volo a una signora affacciata al portone di un piccolo albergo se ha una camera. Sì. Presa! Si ferma, prediamo possesso della camera all’Hotel Posta, e la bella signora è di origine italiana. Doccia e ci mettiamo al lavoro. Non c’è corrente, trasmettiamo con la stazione satellitare e non è finita. Siamo sul ruotino di scorta che si consuma a vista d’occhio sull’asfalto. Portare la macchina sullo sterrato e sulla tole ondulé equivale a una condanna per la ruota e per il nostro viaggio. Ci penseremo la mattina successiva, quando finalmente troviamo un gommista. Naturalmente è disposto a intervenire su quello che resta del pneumatico salvato dalla distruzione, il primo era irrimediabilmente andato. Dopo un lungo lavoro di ricostruzione il “chirurgo” è soddisfatto del suo lavoro, e noi del suo!

C’è anche un problema di carburante. Il convoglio della Dakar ha “saccheggiato” fino all’ultima goccia il gasolio alle poche pompe lungo la strada. Noi abbiamo ancora carburante, ma già all’andata abbiamo viaggiato con il patema d’animo. La macchina consuma poco, pochissimo, ma i chilometri sono tanti. Per questo motivo, e per evitare la parte più brutta degli sterrati verso Salta, decidiamo di allungare ulteriormente e di andare a prendere un’altra direttrice, ancora sterrata, a Susques. Lì c’è una pompa di carburante. Se c’è gasolio siamo salvi, altrimenti non ci resta che… scendere in folle fino al Deserto di Atacama, in Cile.

Prendiamo una stanza in un hotel campeggio. Finalmente caldo, di nuovo l’estate argentina. Non riusciamo ad uscire da sotto la doccia. 2.500 chilometri, dal 9 sera di Salinas de Garci Mendoza, Bolivia, al 12 pomeriggio di San Juan, Provincia di San Juan, Argentina. Lontani alla rincorsa della Dakar, lontani dal Mondo in un altro Mondo, a correre piano un’altra forma di Avventura. Meravigliosa

Invece di contornarlo, la strada che abbiamo scelto passa in mezzo al Salar. È asciutto, stupendo e ci fermiamo per una lunga visita di cortesia. Trattiamo con i funzionari della salina per fare qualche foto sulla crosta abbagliante, non otteniamo soddisfazione così le foto le facciamo lo stesso, un po’ innocentemente di rapina, mangiamo al chiosco e finalmente, abbonati al calar del sole, ripartiamo. O meglio, partiamo. La strada è tutta davanti a noi. A Susques c’è gasolio, una buona merenda e la conferma che la strada è bellissima, sì, ma attraversata da numerosi guadi. E con la pioggia che è venuta giù… Andiamo avanti, certo, ma telefoniamo con il satellitare alla Estancia House of Jasmines per avvertire che non arriveremo mai in tempo, sigh, per passare un’altra notte da loro. Un po’ di groppo alla gola. La 3008 passa come niente fosse con l’acqua che corre impetuosa all’altezza delle portiere. È alta da terra, e la famosa trazione controllata è impeccabile. La gomma tiene, abbiamo carburante e provviste, un’altra notte e un altro giorno davanti a noi per raggiungere Salta, Chilecito, e poi San Juan. La Dakar scema, il nostro viaggio cresce di intensità ad ogni ora che passa. Il paesaggio è stupendo, diventa lunare con il disco pieno e quasi abbagliante che si staglia oltre le montagne e scontorna le valli circostanti. Si sale, si attraversano i binari della ferrovia e si passa sotto i ponti di acciaio che la sorreggono sulla nostra testa. La pista è per lunghi tratti liscia, levigata e veloce, poi all’improvviso diventa un piccolo inferno di fesh fesh, di buche e di sassi sui quali bisogna “staccare” con prontezza. Le gomme ben gonfie per evitare il maleficio dei sassi che tagliano i fianchi impongono un ulteriore peso di sollecitazioni sulle sospensioni, forse non disegnate per questo genere di torture, ma l’insieme è a prova di bomba e non fa una piega. Il motore, potente e piacevole, spinge all’infinito. San Antonio di notte, la città arroccata sulle Ande è ancora più suggestiva. Siamo soli, nessun altro ha scelto questa strada. Non sanno cosa si sono persi! Salta di striscio, via verso Chilecito, saltata a pie’ pari, e finalmente San Juan. Ci arriviamo il pomeriggio del 12 insieme alla Dakar, finalmente riagguantata, che nel frattempo è ripartita giusto per confermare un risultato ormai acquisito. Prendiamo una stanza in un hotel campeggio. Finalmente caldo, di nuovo l’estate argentina. Non riusciamo ad uscire da sotto la doccia. 2.500 chilometri, dal 9 sera di Salinas de Garci Mendoza, Bolivia, al 12 pomeriggio di San Juan, Provincia di San Juan, Argentina. Lontani alla rincorsa della Dakar, lontani dal Mondo in un altro Mondo, a correre piano un’altra forma di Avventura. Meravigliosa.

Foto: Piero Batini, Nikon

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