Dakar 2017, Il Viaggio. Il Miraggio dell’Acqua - ottava puntata

Dakar 2017, Il Viaggio. Il Miraggio dell’Acqua - ottava puntata
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Piero Batini
  • di Piero Batini
La ottava puntata del racconto della nostra Dakar 2017, un viaggio entusiasmante, unico, con un grande “veliero” e il contagioso timone di fantasia di Mr. Franco!
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
17 agosto 2017

San Miguel de Tucuman, Argentina, 3 Gennaio 2017. Resistencia, il Chaco argentino dopo appena un’idea del Chaco paraguayano. Città abbandonata nel 18° secolo, ricostruita come avamposto durante la guerra tra i due Paesi, ecco il nome, e finalmente rinata ufficialmente come colonia di una prima ondata di emigranti friulani. Nient’altro da sapere, e niente o quasi da vedere, se non la persistente influenza italiana, politica e alla gelateria, e il magnifico bivacco della Dakar, il primo vero. Poi è la volta di San Miguel de Tucuman, città fondata dagli spagnoli e centro di notevole influenza culturale del Paese. 500 mila abitanti, un terminal bus tra i più grandi e trafficati del Sud America, vestigia e architetture d’una certa importanza ma anche un gran caos, di quelli che invitano a tirare diritto o girare al largo. Il fatto è che, pur nella sua ripetitiva monotonia di paesaggi, la campagna argentina è assai più ospitale delle sue città incasinate, più bella. Il caldo è atroce a talvolta si ha l’impressione di essere a cuocere in mezzo al deserto, di attraversare villaggi e paesi fantasma e di essere soli. Il che non dispiace perché da l’idea essenziale del viaggiare. Poi basta fermarsi, per il pieno o per una cartata di empanadas, e il luogo si risveglia come per incanto. Se poi la sveglia è data dalla Dakar, si passa dalla siesta alla fiesta.

Cominciamo a macinare quotidianamente un numero cospicuo di chilometri, sempre guidati e controllati dal Tripy, la ormai “famosa” scatola gialla che ci fornisce le indicazioni stradali codificate per noi dagli organizzatori e che tiene a bada la nostra media oraria. I limiti sono severi, 90 chilometri all’ora in Argentina e Paraguay, 80 in Bolivia, poche deroghe rimandate però ai tratti autostradali di fine Dakar. Gli eccessi di velocità corrispondono a una sanzione, ovviamente economica, cosicché anche noi rischiamo di mantenere in bolla le povere casse di ASO. Il rispetto dei limiti, anche talvolta eccessivi, ha una sua logica di sicurezza, ma la sua applicazione vessatoria è un sopruso, e comunque, come ho già detto altre volte, pagare per essere controllati da ai nervi e sfinisce. Siamo Uomini Liberi! Stiamo dentro ai limiti, ma di essere imbavagliati nel road book ufficiale delle Assistenze non se ne parla nemmeno.

A San Miguel de Tucuman e Salvador de Jujui vincono Price e Barreda, KTM e Honda tra le Moto, Loeb e Peterhansel, sempre Peugeot tra le Auto. Poi il Rally si sposta in Bolivia, a Tupiza, Barreda è penalizzato di un’ora, il famoso rifornimento fuori luogo che farà discutere ben oltre l’epilogo del Rally, Sainz e Al Attiyah sono fuori, incidente e guasto, e in testa salgono Pablo Quintanilla, Husqvarna, e Cyril Despres, Peugeot. Siamo solo all’inizio dei colpi di scena, la carovana si proietta a sua insaputa su due giorni di fortunale, la Tappa di Oruro viene accorciata e quella che porta a La Paz addirittura annullata, cosicché le giornate di riposo diventano due, e al giro di boa della Corsa in testa ci saranno già Sam Sunderland e Stephane Peterhansel. Il scenario agonistico finale è già dipinto, ma l’evoluzione della Dakar più bagnata, forse, della storia è tutt’altro che scontata. E anche noi sconteremo come Pinocchio e Lucignolo i peccati del “divertimento” al parco acquatico. Mentre saliamo verso Nord e la Bolivia il cielo diventa sempre più grigio, venato di nero e affollato di pesanti nubi. Lo spettacolo è suggestivo e ridicolo, i colori diventano più intensamente cupi e la stagione d’ingresso in Sud America si defila per far rientrare l’autunno, invece del caldo torrido si inizia a temere la brezza, dapprima frizzante, poi sempre più sferzante, inquieta.

Con il “salvacondotto” della Dakar, passare confine tra Argentina e Bolivia è come entrare al cinema. Basta pagare il biglietto. Al bivacco di San Salvador de Jujui timbro di uscita dall’Argentina e a quello di Tupiza timbro di entrata in Bolivia, il passaggio  di frontiera è una fucilata. Tutto qui. A Jujui dormiremo pochissimo e da cani in un posto raccapricciante, il gratta e… perdi di Booking, e al bivacco passeremo solo per le formalità e gli aggiornamenti. Ricordo labile e quasi del tutto rimosso di una brutta giornata.

Al fine tappa di San Miguel de Tucuman, invece, arriviamo presto, un miracolo, e corriamo come dannati per chiudere la giornata lavorativa clamorosamente in anticipo sulla media “storica”, che ci tiene alzati fino a tarda notte. Quindi andiamo in città con l’obiettivo di fermarci in un posto dove: a, lavorare, b, mangiare, c, organizzare il prosieguo del viaggio. Pieno e controllo sommario della 3008 sono quotidiani. Visto che siamo miracolosamente in anticipo e che ne abbiamo le tasche piene del road book della Dakar, pensiamo che potremmo andare un po’ più avanti e incrociare la “carovana multicolor”, definizione coniata dal mitico Eric Duran Duran, sulle montagne tra Argentina e Bolivia a Ovest di Salta. È il 3 sera, ma la giornata non è ancora finita.

Foto: Piero Batini - Nikon

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