Dakar 2017. Ufficiale: “È la Dakar della 4a Dimensione!”

Dakar 2017. Ufficiale: “È la Dakar della 4a Dimensione!”
Pubblicità
Piero Batini
  • di Piero Batini
A Parigi per la presentazione ufficiale. Tanti piccoli cambiamenti, alcuni appena percettibili, ma l’impressione di un omogeneo miglioramento che promette di portare la Dakar prossima ventura al salto di un nuovo livello. Anzi, antico!
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
23 novembre 2016

Parigi, 23 Novembre. Sale Etienne Lavigne sul palco del Pavillon d’Armenoville. Il buon Etienne lo abbiamo visto in tutte le salse, non ci impressiona più tanto. Anzi, sì. Ci fa una bella sensazione perché ha un’aria soddisfatta e serena. Altri tempi, definitivamente dietro le spalle, gli auguriamo. Quei tempi in cui, anche questa è storia della Dakar, si presentava pallido e “tirato” in viso, con mezza Corsa da rifare per il forfait di un Perù o per l’improvviso passo indietro di un altro Paese, e un ostentato, determinato ottimismo poggiato su fondamenta ancora d’argilla. È il Lavigne delle grandi occasioni, che inizia dai saluti alla folla che gremisce il salone parigino, ma che traspare pieno di cose da dire, finalmente da comunicare. È il Lavigne per una Dakar delle grandi occasioni, la Dakar delle tre Capitali, Asuncion, La Paz, Buenos Aires, la Dakar Paraguay-Bolivia-Argentina 2017 dei tre Paesi.

Se Lavigne è il “Grande Capo” della Dakar, tuttavia, oggi il Direttore della Prova è Marc Coma, e Etienne lo fa salire sul palco, per la seconda evocando il debutto dello scorso anno, e gli passa la parola. Siamo già alle sceneggiate. Marc non è più emozionato, impacciato come quella volta, dà prova di aver imparato il francese, ma non bene, dice, per cui si riparte con la sua lingua, lo spagnolo. Anche questo è un cambiamento, un miglioramento evidente. Marc ha trovato il suo posto, e dimostra di averlo finalmente occupato. Anche l’ex Pilota che ha vinto 5 volte la “sua” Dakar è sereno, disinvolto e sicuro, senza “pendenze” emotive e, perfettamente in ghingheri come il suo Capo, addirittura una cravatta scura con il logo Dakar, esonda soddisfazione e sciorina gli elementi che compongono la nuova Dakar, la “sua” Dakar. Fa un po’ strano. Marc non ha mai usato la prima persona singolare, ha sempre preferito la prima plurale che gli consentiva di unire alle sue missioni e alle imprese anche la gente che lavorava per lui, la Squadra di cui lui, ovviamente, era il centro e al centro. Poi parlerà solo di Dakar, mettendo l’Evento e la Leggenda al centro della retorica descrittiva, ma forse Marc ci teneva a introdurre la sua posizione ormai “matura”. L’anno scorso è arrivato a cose fatte, si è messo al volante ma non sapeva da dove iniziare, ora ha alle spalle un’intera stagione di lavoro, e questa Dakar è, parola di Marc, quella che voleva.

Così annuncia, con enfasi e orgoglio, la nona Edizione in Sud America della maratona motoristica per definizione: “Questa sarà una Dakar allo stato puro!” “Sarà il Rally secondo Marc Coma, e la Dakar più dura da quando si corre in Sud America!” Bel programma!

E per realizzare questa Dakar, a queste e con queste condizioni, si deve obbligatoriamente passare dall’essenza del Rally, l’essenza dell’Avventura. Ecco come ha pensato che sarà: “La parola d’ordine è “Navigazione”, ma non come l’abbiamo conosciuta oggi. Navigazione con i Waypoint, sì, ma che serviranno solo come punti di controllo, e navigazione al GPS, ma là dove lo strumento servirà solo come mezzo di verifica, di validazione a cose fatte, a rotta decisa da parte del Pilota, o del Navigatore.”

Ma non basta, a Coma, così come a Lavigne, piace parlare della prossima Dakar come quella della “4a dimensione”, la dimensione “verticale” di un’Edizione che starà per una settimana in alta quota, oltre i 3.500 metri sul livello del mare. Per i poco meno di 500 Partecipanti, 196 Moto, 37 Quad, 75 Auto e 50 Camion, e tra questi circa un quarto che sono al debutto, la prima, grande variabile sono quelle sei tappe in Bolivia, quarto anno di sodalizio riuscito con la Dakar, “tutte più vicino al cielo”. E non basta ancora. L’altitudine, prolungata, che i Concorrenti dovranno gestire nel “cocktail” di benvenuto, è l’ingrediente forte della micidiale formula di altitudine, dune e navigazione, con temperature che possono scendere sotto lo zero. Già sulla carta ce n’è abbastanza per “piegare” più di un superuomo. Ce n’è per minare il fisico, la resistenza e la lucidità. Sono gli elementi di una prova, durissima, articolata nello schema delle tre tappe, tutte con Speciali di oltre 400 chilometri e con difficoltà e criticità crescenti, fino alla giornata di riposo sontuosa di La Paz, magnifica e terribile, che molto vedranno solo di notte, al termine del “trittico”.

Dopo il Paraguay e la Bolivia la Dakar “scenderà” in Argentina, non per una passeggiata nella pampa. Si ricomincia. Altre tre tappe, oltre i 400 chilometri di Prove crono, lo scenario è quello dell’”inferno” delle Dune dell’Ovest, il “catino” arroventato di Fiambala e dintorni con le sue fornaci a oltre 40° all’ombra (ma dov’è l’ombra, a Fiambala? Altre tre tappe in successione per rimettere in discussione tutto, magari per risolvere il rebus da un altro, diametralmente opposto punto di vista. Ecco come si presenta la Dakar del “doppio trittico dei 400!”, in un’ossatura di 14 tappe che, secondo i “tracciatori dell’inferno” avvicineranno la Dakar all’Estremo. È un’operazione difficile, coraggiosa e non priva di rischi. Quando ci si avvicina al fuoco basta un cambio repentino di situazione meteo, per esempio, e l’estremo diventa niente perché la conseguenza è una tappa annullata. Ma il proposito dimostra che Marc Coma e Co. - sapete a chi mi riferisco, vero? – hanno deciso di offrire l’intera gamma dei rispettivi talenti nell’interpretazione senza compromessi della prossima Dakar.

Ma non basta, a Coma, così come a Lavigne, piace parlare della prossima Dakar come quella della “4a dimensione”, la dimensione “verticale” di un’Edizione che starà per una settimana in alta quota, oltre i 3.500 metri sul livello del mare

E come non bastasse, come se fosse solo questione di annunciare che la festa è finita, che ora è il momento dei “duri”, perché la faccenda si sta facendo dura, terribilmente dura, c’è l’arrivo del Paraguay, l’ingresso del 29° Paese che ospiterà un’edizione del Rally inventato da Thierry Sabine. È, come sempre è stato la prima volta, un’edizione di “prova”, di benvenuto, di studio reciproco tra il Paese e l’Organizzatore, ASO, di affiatamento. Dal Paraguay la Dakar 2017 prenderà le mosse, e il piccolo, magnifico Paese delle Arpe incantate si prepara con una festa di una settimana per farsi conoscere dal popolo della Dakar. Poi, promette Marc Coma, si inizierà a lavorare per il futuro della “relazione”. Intanto, una piccola, corta Speciale di presentazione, 40 chilometri il primo giorno, ma il Paraguay è una Terra affascinante e “terribile”, il luogo dove portare la Dakar ancora su un altro livello. Quale? Victor Pecci, indimenticabile tennista paraguajo che oggi è il Ministro del Turismo del suo Paese, non mette fretta. Sappiamo che le regioni “adatte” a una Dakar dantesca non mancano in Paraguay, e Pecci invita i “Dakariani” a conoscere, insieme alla Terra e prima della Terra, anche la sua Gente.

Avremo modo di riparlarne, senz’altro. 14 tappe come queste annunciate a Parigi da Jean-Marc Coma sono un argomento da approfondire con metodo.

Argomenti

Pubblicità