Dakar 2018. Decimo Cielo: Il Viaggio - Seconda puntata

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Piero Batini
  • di Piero Batini
Mr. Franco, una Peugeot 3008 “Campione in carica”, tre Paesi da scoprire sulle tracce (e fuori pista) della Dakar. È l’Avventura “parallela”, viaggio sensazionale accanto a una Dakar Perù-Bolivia-Argentina eccellente. L’ultima di Marc Coma Organizzatore
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
5 aprile 2018

Lima, 4 Gennaio. È la 40ma edizione della Dakar, un traguardo importante e storico, e la decima organizzata in Sud America. Il doppio anniversario impone un impegno extra, per dare di più, per non sbagliare. Nel 2009, quando la marcia del Rally riprese in Sud America dopo l’annullamento dell’edizione 2008, c’era chi giurava che sarebbe stato un fatto episodico, un’invenzione per tamponare l’emergenza, e in tal senso giustificata, ma senza futuro. Si pensava che quell’edizione “strana”, peraltro già lungamente studiata per una “diversificazione” dell’offerta ASO, sarebbe passata alla storia della Dakar come un evento eccezionale, come la famosa “trasvolata” sui giganteschi Antonov 124 dell’intera carovana, da Niamey a Sabha, in Libia, per saltare la polveriera dei deserti del Niger minacciata, si disse, dai terroristi. Insomma, la prima Dakar sudamericana era ritenuta da molti niente altro che un’edizione straordinaria, di intervallo tra l’Africa delle origini e quella del ritorno. Invece, dieci anni dopo, la Dakar è rimasta in America Latina e il fatto non smette di stupire. Ma, in fondo, non c’è da meravigliarsi, ci sono ragioni economiche, di tradizione, di calore in una grande eredità di passione che fa da motore al fenomeno. I Paesi del Cono Sur, ma non solo quelli, continuano a volere la Dakar, spesso a “tutti i costi”, e l’Avventura continua a vivere lontanissima dai suoi luoghi d’origine, per certi versi con più fortuna. Poi, è vero, ogni anno si parla di un ritorno della Dakar in Africa. Fa parte della manfrina pubblicitaria, del gioco d’asta che gli Organizzatori, eccellenti imprenditori prima di tutto, mandano in onda con calibrata e micidiale bravura. Appena finita un’edizione, immancabilmente c’è qualcuno che si fa avanti, di solito il giornalista con meno fantasia e più ambizione, e pone la solita domanda, la cui risposta è già lì, pronta: “Perché no? Tornare in Africa è una possibilità.” Poi la trattativa arriva alla sua fase cruciale, le indiscrezioni si orientano su fatti e situazioni meno fantasiosi e più contingenti, il campo delle possibilità si restringe e, per un anno ancora, si può esserne certi, si resterà in America del Sud.

E allora avanti. Via con le operazioni preliminari, le verifiche tecniche, i preparativi per il via alla base aerea di Las Palmas, Sud della Metropoli peruviana. Fervono anche altri preparativi. Tutta la Città è in agitazione per l’imminente visita di Papa Francesco, che tuttavia non arriverà in tempo per assistere al via della Dakar. Per noi le operazioni sono facili. L’esperienza della Dakar 2017 è preziosa, e ci muoviamo con meno inquietudine, senza affanni alla velocità della corrente di attività sudamericana, lenta e implacabile. L’unica accortezza che impariamo in fretta ad avere sempre presente, a Lima, è quella di non dimenticare qualcosa da qualche parte ed essere costretti a tornare indietro. In quel caso si finisce inesorabilmente per fronteggiare un’altra dimensione del tempo, dilatata all’inverosimile. Per questo ogni volta che muoviamo dall’albergo, dal Villaggio della Dakar o anche dal ristorante, facciamo un check completo del bagaglio, delle cose da fare o di quelle fatte. Il traffico ha un incredibile effetto… melassa, invischia il tempo, e questo fa sì che ogni operazione sia considerata come un compartimento stagno, da aprire e chiudere con certezza.

L’esperienza della Dakar 2017 è preziosa, e ci muoviamo con meno inquietudine, senza affanni alla velocità della corrente di attività sudamericana, lenta e implacabile

Ancora non lo sappiamo. Non immaginiamo neanche lontanamente che dopo dodici edizioni in Moto, di cui cinque vinte, Marc Coma è all’ultima Edizione alla guida del Rally. La carriera da Direttore Sportivo dell’ex fuoriclasse motociclistico sta per finire allo scadere del terzo anno di contratto. Anzi, l’accordo è già scaduto e viene tenuto segretamente aperto per consentire a Coma di onorare l’impegno fino al punto chiave, fino alla mèta della Dakar Perù-Bolivia-Argentina 2018. Col senno di poi, in quello che può essere considerato un ripensamento, non c’è niente di strano, ma in quel momento sembra improponibile anche solo pensarci. La verità è che quando si è immersi in una Dakar non c’è tempo, non ce n’è per niente che non abbia carattere strettamente operativo. Del resto la Dakar divora molto della vita di chi vi è “implicato”, ed è macchina organizzativa talmente gigantesca e complessa che non appena finisce un’edizione si è già dentro a quella successiva. Giusto, quindi, che se hai dei ripensamenti, come nel caso del Campione-Direttore in questione, puoi esprimerli prima, d’accordo, ma devi tacerli durante il Rally e renderli esecutivi solo dopo, dopo il traguardo. Subito dopo, e allora diventa una doccia fredda. Tutto questo per dire che già sulla carta, tra motivi evidenti e nascosti, la 40ma edizione della Dakar si annuncia grandiosa, per qualche motivo bella come il “testamento” filosofico di Marc Coma. Sarà effettivamente così, il “lascito” di Marc Coma, una grande, bellissima Dakar.

Verifiche fatte. Macchina a posto. Noi a posto. Meno un giorno, ancora un giorno di grande ozio nella Grande Capitale.

Immagini: Piero Batini – Nikon

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