F1, Gasly: «In Red Bull non mi hanno supportato come hanno fatto con altri»

F1, Gasly: «In Red Bull non mi hanno supportato come hanno fatto con altri»
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Pierre Gasly racconta, nero su bianco, il percorso che lo ha fatto diventare il pilota e l'uomo che è ora. E non si risparmia parlando della sua esperienza da incubo con la Red Bull
22 marzo 2021

Nella Formula 1 asettica e patinata di oggi, è difficile che i piloti si sbilancino. E quando qualcuno lo fa, bisogna prestare attenzione. È il caso di Pierre Gasly, che non ha affidato ad altri le sue parole, ma ha scritto di primo pugno, nero su bianco, la sua storia. In un pezzo pubblicato su The Players' Tribune, Gasly si è messo a nudo, a cominciare dalla sua esperienza travagliata con la Red Bull. «Dal momento in cui ho commesso il primo errore al volante - racconta Pierre - ho capito che le persone all'interno del team stavano cominciando lentamente a voltarmi le spalle».

Dopo un incidente nei test, Pierre non riuscì a risalire la china. Con un forte concorso di colpa dei media, che, spiega Gasly, se lo «mangiarono vivo». «Qualsiasi cosa che dicessi alla stampa veniva manipolata, rendendola una scusa per le mie prestazioni, e nessuno mi difese». Complice una macchina di non facile interpretazione, le cose continuarono ad andare male. Ed è qui che Gasly, nel suo racconto, lancia il carico da novanta. «Alla Red Bull non ebbi vita facile perché non ritenevo di essere supportato e trattato nello stesso modo di altri. Ed è una cosa che non posso accettare. Mi facevo un mazzo incredibile ogni giorno, cercando di portare risultati al team, ma non mi venivano dati gli strumenti che mi servivano per riuscire nel mio intento».

«Cercavo di proporre soluzioni, ma la mia voce non veniva ascoltata, o servivano settimane per vedere cambiamenti». «Per qualsiasi ragione fosse, non sarei mai stato adatto a quel sedile, non avrebbe mai funzionato», aggiunge Pierre. Che ci tiene a precisare di essere comunque «grato alla Red Bull per l'opportunità e per tutto ciò che hanno fatto per la mia carriera». Ma Gasly ha voluto raccontare la sua verità, ora che la sua carriera ha trovato nuovo slancio nel caldo abbraccio italiano dell'Alpha Tauri, come se il team di Faenza fosse una mamma accogliente. E a supportarlo, proprio nel momento del bisogno, fu un grande amico che Pierre ha perso troppo presto, Anthoine Hubert.

Il rapporto tra Anthoine e Pierre è il trait d'union del racconto di Gasly. Che ricorda con amara nostalgia i tempi difficili in un collegio a Le Mans da adolescenti, trascorsi insieme ad Anthoine, studioso e diligente. Con lui si creò una sintonia che tirava fuori il meglio da entrambi. Si mettevano costantemente alla prova, uniti dal sogno comune di arrivare in Formula 1. Pierre ci era già riuscito, e Anthoine era molto vicino a farlo, quando quest'ultimo morì a Spa in un tragico incidente in Formula 2. Una perdita durissima, che ha spinto Pierre a dare tutto, a non arrendersi per portare avanti quel sogno che Anthoine non aveva potuto realizzare. 

Pierre dice di aver «chiuso la visiera» per un anno, di aver combattuto come se si fosse ritrovato nel limbo oscuro del castello che ospitava il suo collegio. Poi, il difficile ritorno a Spa, un luogo che Gasly aveva tanto amato prima che si trasformasse nel teatro di un'inaccettabile sofferenza. Decise di portare un mazzo di fiori là dove il percorso di Anthoine si era interrotto per sempre. «Vorrei poter dire che mi diede una sensazione di pace. Ma non c'è pace quando accade qualcosa del genere. Sentii Anthoine accanto a me, però. E sentii anche, per la prima volta dall'incidente, che potevo aprire la visiera e vedere di nuovo. Davvero. Trovai un pezzo di me quel giorno. E lo portai con me a Monza, nella gara successiva». 

Il resto è storia. Pierre il Gran Premio d'Italia lo vinse, ritrovandosi a riflettere sulla sua esistenza su un podio spettrale, senza spettatori. Ma forse era destino che andasse così. Che si ritrovasse, anche nella gioia più straripante, solo, come si era sentito nell'anno precedente. E questo è un momento che Pierre sente di aver condiviso con Anthoine, il ragazzo per cui deve portare avanti un sogno condiviso. Una vittoria alla volta. «Sono fortunato ad essere qui, a fare quello che faccio. E sono molto fortunato ad aver conosciuto Anthoine Hubert. Porterò i suoi sogni, le sue ambizioni, con me, ovunque vada», conclude Gasly. Che, aprendosi come pochi piloti hanno il coraggio di fare, si è fatto conoscere meglio.

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