F1, il congelamento dei motori potrebbe essere il minore dei mali. Ecco perché

F1, il congelamento dei motori potrebbe essere il minore dei mali. Ecco perché
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Congelare lo sviluppo dei motori per tre stagioni è un sacrilegio per i puristi della F1. Ma potrebbe essere un sacrificio necessario per assicurare un futuro più roseo alla categoria in un contesto di grande incertezza
12 febbraio 2021

Lapprovazione da parte della F1 Commission nella giornata di ieri del congelamento dei motori in Formula 1 a partire dalla stagione 2022 ha lasciato costernati molti fan. Non è difficile capire il perché. Una categoria che da sempre si definisce come la vetta più alta della sofisticazione tecnologia applicata al motorsport non può imporre limiti così importanti allo sviluppo senza che questa decisione sia percepita come un controsenso da chi è affascinato dalla tecnica che si nasconde dietro alle prestazioni delle monoposto. E ha stupito anche la decisione della Ferrari di non opporsi a questo provvedimento, approvato all’unanimità.

Ma bisogna guardare al contesto in cui è stata decisa questa misura. I costruttori auto e la stessa Formula 1 stanno affrontando la congiuntura economica negativa dovuta alla pandemia di COVID-19. L’effetto dell’atipica stagione 2020 sui conti della F1 è stato pesante. Senza contare che, nel caso in cui non si fosse disposto il congelamento di molte componenti per il 2021, diversi team sarebbero stati fortemente a rischio. E la F1, con dieci scuderie in griglia, non può permettersi alcuna defezione, nemmeno tra le scuderie di bassa fascia.

In questo contesto si capisce come un possibile addio di uno dei top team, la Red Bull – e, di conseguenza, forse anche di Alpha Tauri – dovesse essere evitato a tutti i costi. Con l’uscita di Honda a fine 2021, i bibitari si sono ritrovati con una gatta da pelare non da poco. Scartata l’opzione di rivolgersi agli altri motoristi, visto che l’unica strada percorribile sarebbe stata quella dell’odiata Renault, la Red Bull non poteva fare altro che cercare di portare avanti il progetto Honda. Ma un conto è gestire le power unit attuali, un altro è svilupparle. Costi troppo elevati, che la Red Bull non avrebbe potuto sostenere.

E così, minacciando neanche troppo velatamente di andarsene nel caso in cui la richiesta non fosse stata accolta, la Red Bull ha proposto di anticipare il congelamento dei motori, previsto per il 2023, al 2022. Ieri è arrivato l’ok da parte di tutti i team. Una decisione a sorpresa? Fino a un certo punto, guardando alle parole del CEO della F1, Stefano Domenicali, che una settimana fa aveva spiegato perché il congelamento dei motori fosse una scelta sensata per tutti i team, non solo per la Red Bull. Per quanto possa essere avvilente non vedere uno sviluppo tecnologico dei motori per tre stagioni, è il minore dei mali per avere un futuro solido.

Domenicali ha spiegato che il congelamento, con la conseguente inferiore allocazione di risorse da parte dei team, consentirà alle scuderie di risparmiare in vista della nuova generazione di motori, la cui introduzione è prevista nel 2025. Un nodo cruciale per il futuro a medio termine della F1. Che dovrebbe comportare l’avvento di motori sì ibridi come quelli della generazione attuale, ma più coinvolgenti per gli spettatori. A cominciare dal sound, che aveva deluso sin dagli albori dell’era dell’ibrido perché non dirompente come la poderosa melodia di una volta.

Un risultato che si potrebbe ottenere, tanto per fare un’ipotesi, eliminando la MGU-H, che strozza il sound in uscita dallo scarico. Al di là delle suggestioni, a pensare nel concreto a come far diventare realtà questo motore “emozionante” sarà un gruppo di lavoro formato da attuali e potenziali motoristi, che dovranno trovare una soluzione dai costi non esorbitanti e, soprattutto, attrattiva per case che al momento non sono coinvolte in F1. Esattamente quello che non sono i motori odierni, assai difficili da interpretare per chi, come Honda, è arrivato in corsa.

Vista la crisi attuale, nessun nuovo costruttore si sarebbe mai preso la briga di mettere in piedi un’operazione titanica di ricerca e sviluppo per mettere a punto un motore destinato a diventare desueto nell’arco di un biennio o poco più. Tanto valeva, allora bloccare tutto, cercando di fare come la proverbiale formica, risparmiando oggi per un futuro più roseo domani. O, quantomeno, questa è la speranza di Stefano Domenicali, impegnato nel delicato ruolo di traghettatore del Circus verso il suo avvenire. Un compito, il suo, che passerà inevitabilmente anche da scelte impopolari per i puristi, che potrebbero però salvare il futuro della categoria. Perché per sopravvivere, la F1 dovrà necessariamente evolversi.

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