F1. Non fatevi ingannare dalle circostanze: la Red Bull a Melbourne era su un altro pianeta. Ecco perché

F1. Non fatevi ingannare dalle circostanze: la Red Bull a Melbourne era su un altro pianeta. Ecco perché
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Il caos delle bandiere rosse a Melbourne non deve ingannare: la Red Bull in Australia era su un altro pianeta. Ecco il momento in cui è risultato evidente e il motivo per cui si è nascosta
4 aprile 2023

Le bandiere rosse del Gran Premio d’Australia 2023 di Formula 1 hanno oscurato quanto successo nei primi 55 giri della corsa, ma una cosa è certa. Non fatevi ingannare dall’apparente riduzione del deficit prestazionale dei team che inseguono la Red Bull: la scuderia di Milton Keynes è ancora nettamente superiore alla concorrenza. Per dimostrarlo è servito solo un giro, quello in cui Max Verstappen ha passato Lewis Hamilton senza fare un plissé.

Tanto per cominciare, la manovra di Verstappen nei confronti di Hamilton ha evidenziato la spaventosa efficienza della RB19 con il DRS aperto. Ma forse l’aspetto più sconcertante è quanto successo dopo. Nell’arco di mezzo giro, il campione del mondo in carica ha rifilato due secondi e mezzo al suo avversario. Come a dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno, cosa sia in grado di fare la Red Bull quando è necessario tirare fuori le unghie.

Sono convinto che si stiano nascondendo - ha osservato George Russell in un’intervista concessa a BBC Radio 5 Live -. Sono quasi imbarazzati a mostrare il loro pieno potenziale, perché più veloci sembrano, più cercheranno in qualche modo di fermarli. Probabilmente hanno sette decimi di vantaggio sul resto del gruppo”. “Max non ha alcuna ragione per spingere al momento, così come non la ha nemmeno la Red Bull”, ha aggiunto. 

Russell non ha torto, ma la verità è che, almeno in Australia, Verstappen aveva i suoi buoni motivi per non spingere, al di là delle dietrologie. L’olandese ha gestito la gara in modo tale da salvaguardare le sue gomme hard, che avrebbe dovuto preservare molto a lungo per evitare di effettuare un’altra sosta a fine gara. Una cautela, questa, che alla fine si è rivelata inutile, visto quanto accaduto quando la corsa volgeva al termine.

La gestione delle gomme, a ben vedere, è il motivo per cui la lotta tra Lewis Hamilton e Fernando Alonso non si è mai accesa. Il sette volte campione del mondo è riuscito a mantenere un piccolo vantaggio sul rivale di sempre senza commettere errori, nonostante – come ha osservato lo stesso Alonso ex post – Fernando abbia cercato di metterlo in difficoltà. Alonso, dal canto suo, non ha mostrato che sprazzi di aggressività, proprio per preservare le sue coperture.

In condizioni come queste, non è semplice apprezzare i valori in campo. L’immagine restituita dall’intero weekend di Melbourne racconta di tre team – Mercedes, Aston Martin e Ferrari – molto vicini in termini prestazionali. Abbastanza perché a fare la differenza siano dei dettagli, come, ad esempio, la temperatura dell’asfalto o il compound utilizzato. E la scuderia che lo ha fatto capire meglio in Australia è stata proprio la Mercedes.

Le basse temperature dell’asfalto nelle qualifiche di Melbourne hanno trasformato la Mercedes W14, consentendo a Russell e Hamilton di tirare fuori il massimo dal pacchetto sul giro secco. Può trattarsi delle condizioni dell’asfalto, così come della mescola utilizzata in un determinato momento, o, ancora, del layout delle singole piste. Chi riuscirà ad essere perfetto – e in questa equazione vanno inclusi, ovviamente, i piloti, così come le soste e le strategie – avrà la meglio.

Questa è la fotografia attuale della F1, con una Red Bull dominante e tre pretendenti alle sue spalle, molto ravvicinate tra loro. Ma non è detto che la situazione resti la stessa nel prosieguo della stagione. Il mese di pausa tra il GP d’Australia e quello di Baku consentirà ai team di lavorare sodo, per portare una serie di aggiornamenti che potrebbero cambiare il corso del loro campionato. E nel contesto di uno stop così lungo, noi non possiamo fare a meno di pensare a quanto i team avrebbero potuto beneficiare dei test privati, se fossero ancora consentiti. Ma questa, dopotutto, è un’altra storia.

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