Jessica Hawkins: perché una donna al volante di una F1 suscita ancora fastidio?

Jessica Hawkins: perché una donna al volante di una F1 suscita ancora fastidio?
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Il test svolto da Jessica Hawkins al volante dell'Aston Martin AMR21 di Formula 1 ha suscitato una serie di commenti negativi. Ma perché una donna alla guida di una F1 dà ancora fastidio?
28 settembre 2023

Jessica Hawkins la scorsa settimana all’Hungaroring è diventata la prima donna da cinque anni a questa parte a mettersi al volante di una monoposto di Formula 1, la AMR21 guidata da Sebastian Vettel e Lance Stroll nel 2021. Hawkins, ventottenne driver ambassador di Aston Martin, ha inanellato 26 giri alternandosi con il terzo pilota della scuderia di Silverstone, Felipe Drugovich. L’ultima donna a guidare una F1 era stata Tatiana Calderon, protagonista di un test con la Sauber nel 2018.

Scorrendo all’indietro il nastro della storia della Formula 1, si incontrano altre donne. Susie Wolff, l’ultima impegnata in una sessione ufficiale a Silverstone con la Williams nel 2014. L’italiana Giovanna Amati, schierata dalla Brabham nei primi tre GP della stagione 1992, senza però che riuscisse a qualificarsi. Lella Lombardi, l’unica donna a punti nella storia della F1, in Spagna nel 1975. E ancora Maria Teresa De Filippis, Divina Galica e Desirée Wilson.

A leggere certi commenti al post in cui la F1 annunciava il test di Hawkins, pare di essere ancora ai tempi in cui De Filippis debuttava nel Circus, negli anni Cinquanta. “Torna a lavare i piatti”, scrive qualcuno. “Aston Martin ha perso la mia stima”, sostiene un altro. “Allora ci saranno un sacco di incidemti?”, si chiede un follower. “Che modo veloce di arrivare in cucina”, irride un utente. “le donne non sanno guidare”, l’originale, inedito pensiero di un altro. “L’ha spaccata?”, si domanda qualcun altro.

La prima domanda suscitata dal test di Hawkins, però, è un’altra: “Quali sono stati i tempi sul giro?”. Un quesito, questo, che difficilmente viene posto se alla guida c’è un uomo, anche se si tratta del Mahaveer Raghunathan di turno. Si percepisce una fortissima resistenza all’ingresso, come se la presenza di una donna al volante di una F1 fosse vissuta come un affronto da chi, con tutta probabilità, non riuscirebbe nemmeno a guadagnare la via della pista al suo posto.

A ben vedere, il fatto di considerare un test di una donna in F1 come una stortura si basa sulle stesse convinzioni per cui è difficile che una bambina, ancora oggi, venga messa sui kart da piccola. Finché le corse saranno considerate “una cosa da uomini”, le bimbe resteranno una minoranza. E se su 100 aspiranti Max Verstappen, 95 sono maschi, è molto difficile che tra quelle cinque bimbe ci sia un talento generazionale capace di arrivare in F1.

Serve un cambiamento alla base, che tra qualche anno possa mettere una ragazza nelle condizioni di approfittare dell’eliminazione di un’altra resistenza all’ingresso nelle categorie minori. Le monoposto di Formula 2 dal 2024 avranno una posizione dello sterzo regolabile con maggiore facilità. E, soprattutto, la forza da applicare sul volante, in assenza di servosterzo, sarà minore, grazie a una geometria delle sospensioni che limita la forza fisica sullo sterzo a 10 Nm di coppia per ogni g di accelerazione laterale.

Il test di Hawkins è rilevante per due motivi. Il primo è legato al potere della rappresentazione: come può una bimba voler correre sui kart se non vede donne che le mostrano che è possibile rompere il tetto di cristallo del motorsport? Il secondo è invece legato alla percezione che ancora oggi una nutrita fetta di pubblico ha nei confronti di una pilota donna capace di raggiungere quello che per lei è un traguardo incredibile.

Siccome l’esistenza di Michèle Mouton non è sufficiente, né tantomeno quella di talentuosissime ragazze come Doriane Pin e Lilou Wadoux oggi impegnate nell’Endurance, bisogna reiterare il concetto. Quando ho cominciato ad apparire nei video del nostro canale YouTube, sei anni fa, non era raro che ricevessi il classico commento sulla falsariga di “una donna che parla di F1 non si può sentire”. Oggi, succede meno. Sarà perché, sia sui media che nei paddock, la pattuglia di donne è aumentata parecchio.

Restano ancora degli irriducibili. Come il commentatore che su YouTube applaudiva alla scelta di far realizzare a me un video su una macchina non di suo gradimento dicendo “lasciamo le vere auto agli uomini”. Però l’acqua, piano piano, scalfisce la roccia. C’è da augurarsi che sia così non solo per gli addetti ai lavori di contorno, ma anche per i protagonisti più visibili del motorsport. E per farlo, serve tutta la potenza che l’immagine di una donna al volante di una F1 può avere sulle bimbe di oggi.

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