Michele Alboreto voleva portare un italiano in F1. Il ricordo

Michele Alboreto voleva portare un italiano in F1. Il ricordo
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Paolo Ciccarone
Il nostro inviato Paolo Ciccarone ricorda l'ultima conversazione con Michele Alboreto, scomparso 15 anni fa in un terribile incidente durante dei test con l'Audi endurance
25 aprile 2016

Sono passati 15 anni ma sembra ieri. E infatti, ieri, passeggiando per il paddock dell’autodromo di Monza, alla vista di una Lamborghini Diablo davanti all’ingresso della loro ospitalità, è tornato in mente l’ultimo dialogo con Michele Alboreto. Era una domenica, ovviamente, e Michele correva con la Diablo per far un piacere agli amici del gruppo Audi coi quali aveva condiviso le gioie della seconda parte della carriera. Seduto sotto al tendone, col sole che cominciava a riscaldare l’ambiente, Michele prende me e il collega Lino Rocca (che all’epoca era al Corriere della Sera) ci fa sedere al tavolino e comincia a parlare della sua visione. «Qua se non ci diamo una mossa rischiamo per una decina d’anni di non avere più un pilota italiano in F.1» cominciò col dire. Obiettai che con Trulli e Fisichella ne avevamo due e pure buoni «Sì, è vero, ma vedi dopo di loro cosa potrebbe esserci? Manca una politica che avvicini i ragazzi alle corse, che li segua e li sviluppi nelle carriere nella loro formazione».

L'idea di Alboreto

«Ora visto che sono alla CSAI, ho preparato un bel dossier e ora vi spiego cosa voglio fare: ho parlato con Piero Ferrari e anche lui è d’accordo anche se ci sono difficoltà da superare. Se la Ferrari per la F.1 spende 400 miliardi di lire per far correre due macchine, non ho capito che differenza fa se invece ne spende 399 e un miliardo lo gira allo sviluppo dell’automobilismo italiano. Lo so, se provi a togliere un centesimo a certa gente gli viene l’itterizia, ma qua mi serve il vostro supporto. Uno come quotidiano nazionale, tu come media diversi. Adesso in settimana vado a fare dei test con l’Audi al Lausir o come cavolo si chiama sto posto, poi appena torno mettiamo a punto la strategia per fare pressione. E’ inutile fare propaganda per lanciare i giovani se poi non hanno i soldi. Ma vi pare normale dare un contributo di 80 milioni a uno che corre in F.3000 quando servono 500 milioni per una stagione?» 

Appena torni dalla Germania ci sentiamo, mettiamo a punto il progetto e via

«Ecco, se con Ferrari, gli sponsor loro e altro mettiamo insieme un bel piatto di quattrini, possiamo seguire un ragazzo dalla F.3 alla F.1 pagandogli le spese e visto che c’è di mezzo Ferrari, Philip Morris e altri che voglio coinvolgere, non è che li buttiamo sti soldi, ma li diamo e li spendiamo come si deve, d’altronde mi è venuto il capello grigio a furia di stare in questo mondo e il grigio, si sa, va su tutto!». Risate, battute, tutto ok, siamo d’accordo. Appena torni dalla Germania ci sentiamo, mettiamo a punto il progetto e via. «Temo resistente dalla Ferrari, sai Todt non è un tenero, è un rompiscatole, a lui poi non frega proprio niente dell’automobilismo italiano, guarda cosa ha fatto con Badoer, Larini e gli altri, per cui se facciamo la giusta pressione stampa, media, col supporto di Piero Ferrari, vedrai che gli faccio tirar fuori i soldi».

L'incidente

Ok, Michele. Ci sentiamo e mi raccomando, vai piano con l’Audi: «Figurati, devo sostituire il collega che ha da fare, la pista non la conosco ancora, mi dicono sia bella, poi ti racconto». Ciao, strette di mano, Lino che dice: «Mi sa che stavolta cambia qualcosa, Michele è uno tosto, ce la facciamo e poi la cosa mi stimola, rompere le palle a Todt!! Sai che libidine». Ci lasciamo che ormai è sera. Passa qualche giorno, chiama un collega: «Michele è morto in Germania nei test con l’Audi, non si può ancora dire perché Nadia e le figlie non sono state avvertite, aspettate a dare la notizia, vi avviso io». Incredulità, stupore, dolore e tante domande nella mente. Poi, al GP successivo, ci troviamo tutti sotto la tenda della Prost GP, c’è Pasticcino, che con Michele aveva lavorato alla Ferrari, Gabriele Pagliarini, suo capo macchina  e i suoi ex Minardi.

Si stanno facendo i funerali a Milano, noi siamo in pista. Ma ci fermiamo tutti sotto al tendone, muti, senza dirci una parola. Pagliarini guarda il fumo della sua sigaretta, ha gli occhi lucidi, Pasticcino spazzola la cucina, non dice nulla. Restiamo una mezz’ora così, poi andiamo via. Passano dei mesi, incontro Piero Ferrari, lo saluto. Gli dico della conversazione con Michele e del progetto: «Ah ti aveva detto tutto? Sì era una bella idea, ci stavo lavorando anche io. Purtroppo è andata così, purtroppo non lo faremo mai. Per ora almeno, poi chissà cosa succederà nella vita». Sono passati 15 anni, non è mai successo nulla di quanto sperato da Alboreto e sono cinque stagioni che non abbiamo un pilota italiano in F.1…

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