La 24 Ore di Le Mans 2014 dalla A alla Z

La 24 Ore di Le Mans 2014 dalla A alla Z
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Giovanni Bregant
  • di Giovanni Bregant
La 24 Ore di Le Mans riassunta dalla A alla Z come in un dizionario. Le curiosità e le sfaccettature che rappresentano il circuito della Sarthe
  • Giovanni Bregant
  • di Giovanni Bregant
18 giugno 2014

Ci sarebbero tantissime cose da raccontare su un evento come la 24 Ore di Le Mans, anche dopo che è finita da qualche giorno e il risultato sportivo è ormai cosa nota. Pensieri ed emozioni che ti rimangono appiccicati addosso e che abbiamo voluto condividere con voi con alcune considerazioni e curiosità. Da leggere con una sola avvertenza: non abbiamo avuto alcuna pretesa di essere imparziali e oggettivi, men che meno esaustivi.

Audi: qualsiasi commento sull’edizione di quest’anno della 24 Ore di Le Mans, anche il meno serio come quello che state per leggere, non può prescindere dal costruttore tedesco, le cui R18 E-Tron Quattro stavolta non si sono dimostrate né le più veloci in pista né particolarmente affidabili, perché pur avendo ottenuto una storica doppietta entrambe le vetture al traguardo hanno scontato alcuni problemi tecnici. E allora perché ha vinto? Perché ha potuto contare sul mix complessivamente migliore di piloti e su un team d’eccezione come Joest, che sulla pista francese ha un’esperienza senza eguali, e perché ha messo in campo maggiori risorse sotto forma di una terza vettura che in una gara dove la sorte è sempre e comunque importante ha moltiplicato le possibilità di vittoria. E ancora, perché è stata molto più veloce e un po’ più affidabile di Porsche e un po’ più lenta ma molto più affidabile di Toyota. E infine perché la 24 Ore di Le Mans è una gara volitiva, che tante volte sfugge a chi come Toyota pensa di averla già in pugno.

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Tra le grandi protagoniste della classicissima francese c'è anche lei: la baguette, fondamentale per sopravvivere a Le Mans

 

Baguette: il pane francese per eccellenza è naturalmente una presenza fondamentale nel menu giornaliero del tifoso di Le Mans. Generalmente accoglie wurstel o salsicce di dimensioni esagerate e viene servita su un cartoccio con i bordi rialzati, unto come le patatine che la sovrastano.

Corvette: il debutto ufficiale in pista della nuova C7 GT2 ha aggiunto ulteriore interesse alla gara, anche perché almeno inizialmente la vettura americana ha dato l’impressione di poter fare il colpaccio. Poco male: sugli spalti gli appassionati con le effigi del marchio americano erano davvero numerosi e con quel giallo acceso e un suono inconfondibile sono state tra le vetture più ammirate. Bello anche il raduno dei proprietari organizzato all’interno del campeggio.

Dormire: attività ampiamente praticata da tutto il pubblico della gara, una volta tornato a casa.

Elettrici: i sistemi propulsivi di nuova concezione che hanno debuttato quest’anno sulle LMP1 dimostrano che è possibile combinare la ricerca della massima efficienza energetica con la spettacolarità, l’equilibrio nelle prestazioni con la massima libertà progettuale. Jean Todt era presente al via della gara: speriamo che abbia preso appunti.

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Anche il Cavallino Rampante è stato tra i grandi protagonisti di Le Mans, ma per correre alla Sarthe non basta la vocazione racing. Un po' di calore umano alle volte aiuta

 

Ferrari: ha trionfato meritatamente in GT Pro, grazie soprattutto alla bravura del suo equipaggio di punta Bruni-Fisichella-Vilander, però è stata la grande sconfitta a livello di immagine. Tra il pubblico della classicissima francese, tanto numeroso quanto appassionato e competente, i tifosi del Cavallino erano una mosca bianca e anche tra i negozi di merchandising quelli con gli articoli di Maranello erano i meno visitati. Forse un po’ di materiale gratuito in distribuzione ai tifosi, come fanno tutte le altre Case, e un po’ di disponibilità e simpatia in più non guasterebbero.

Gruppo C: una quindicina di vetture da competizione di questa categoria hanno dato spettacolo il sabato prima della partenza. Emozionante vederle girare, per chi all’epoca le aveva viste in azione e per chi invece non ha l’età per poterle ricordare. A Le Mans il pubblico non si annoia mai.

Hunaudières : da diversi anni ormai l’infinito rettilineo dove si passavano agevolmente i 380 km\h, con punte superiori ai 400, è mutilato da due chicane che limitano la velocità massima delle LMP1 a circa 330 (290 per le GT). Osservate da bordo pista le due chicane non sono nemmeno male (le vetture vi si infilano come dei caccia), però rimane il rammarico per un pezzo di storia che non c’è più.

Italiani: ce n’erano pochini tra il pubblico rispetto a inglesi e tedeschi, tralasciando ovviamente i padroni di casa. Peccato, ma del resto noi italiani non andavamo a vedere il mondiale endurance nemmeno quando ce l’avevamo sotto casa, lasciando desolatamente vuoti gli spalti di una gara carica di storia come la 1.000 km di Monza, che infatti - purtroppo ma giustamente perché non ce la meritavamo - non si corre più.

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Patrick Dempsey, l'attore americano che ha, insieme con Del Piero, fondato un team che corre a Le Mans, non si è dimostrato esattamente il ritratto della disponibilità in occasione della corsa francese


Jota Sport: con una Zytek motorizzata Nissan e l'equipaggio Dolan-Tincknell-Turvey (quest'ultimo aveva sostituito all'ultimo momento Marc Genè richiamato in Audi al posto di Duval) la scuderia inglese ha ottenuto la vittoria tra le LMP2 dopo una lunga battaglia con le Ligier. Senza l'impegno ufficiale  dei grandi costruttori, questa classe è forse quella che ottiene meno attenzione da parte dei media, ma è un peccato perchè da vedere in pista queste vetture sono molto spettacolari e l'edizione di quest'anno ha visto confrontarsi ben 5 costruttori diversi (Oreca, Morgan, Ligier, Alpine e Zytek).

Luci: ci sono quelle colorate che indicano agli altri piloti la categoria dell’auto che sta sopraggiungendo alle loro spalle (blu le LMP1, rosso le LMP2, verde le GT Pro, arancio le Pro Am); quelle un po’ anni Settanta dei fari delle GT e quelle sofisticatissime a tecnologia laser dell’Audi. Quelle della ruota panoramica. Quella del tramonto, carica di ansia per la lunga notte che sta arrivando, e quella dell’alba che porta sollievo, annuncio che la lunga notte è ormai finita. Noi, per la cronaca, ci siamo emozionati per tutte.

Mark Webber: ha accarezzato l’idea di vincere a Le Mans al primo anno con la Porsche, ma la sorte avversa che lo perseguitava in F1 sembra essersi appassionata alle gare endurance…. In effetti, pensando ai suoi anni in Red Bull, viene da pensare che l’australiano non fosse esattamente il pilota più adatto per correre a Le Mans, vista la sua capacità di attirare come una calamita inconvenienti tecnici di qualsiasi tipo…

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La notte è l'elemento che rende magica Le Mans. Da assaporare fino in fondo in ogni piccola sfaccettatura: vietato dormire

 

Notte: la parte più difficile ma anche la più bella della 24 Ore, dove i piloti possono davvero fare la differenza in termini di capacità di adattamento alle mutate condizioni di luce, coraggio di correre qualche rischio in più nei doppiaggi e resistenza alla stanchezza. Sicuramente il momento più spettacolare anche per il pubblico sulle tribune e il più divertente per le attrazioni che si sviluppano a pochi metri dalla pista, tra luna park, negozi, concerti dal vivo, locali di ogni genere e molto altro. Al punto che fin dopo le tre del mattino c’è ancora un fiume di persone in giro. La folla inizia a diradarsi solo dopo le quattro, ma se proprio non riuscite a dormire non preoccupatevi: qualcuno in tribuna con cui parlare della gara o con cui bere una birra nel “villaggio” lo troverete sempre, perché nella notte di Le Mans nessuno vuole davvero andare a dormire, consapevoli che al risveglio, con la luce del sole ormai sorto, quell’atmosfera magica non ci sarà più.

Omaggi: quelli che i team ufficiali (ma non solo) distribuiscono ai tifosi. Durante la parata del venerdì i piloti, dalle auto scoperte su cui sfilano, lanciano gadget di varia natura (per lo più braccialini di plastica colorati, ma abbiamo visto anche palline di plastica, t-shirt, caramelle e cappellini) e cartoncini con le foto loro e della loro vettura, da far autografare magari nella passeggiata lungo la pit lane del sabato mattina. Nei pressi del paddock invece le hostess dei team ufficiali distribuiscono bandierine con cui fare il tifo sugli spalti. Un bel modo di coinvolgere il pubblico e farlo sentire co-protagonista dell’evento. Perché è tanto difficile fare qualcosa del genere ai gran premi di F1?

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Ecco cosa succede a chi dorme a Le Mans. I colleghi meccanici a volte sanno essere dei veri filibusieri...

 

Patrick Dempsey: qualche anno fa l’attore protagonista di Grey’s Anatomy partecipò per gioco a un corso di guida sportiva e da allora è diventato un grande appassionato di motori, nonché un pilota dilettante di buon livello. Ha anche fondato con Alessandro Del Piero un team, presente a Le Mans con una 911 guidata dallo stesso Dempsey, ormai alla terza partecipazione alla classicissima francese. L’attore e i suoi compagni di squadra hanno conquistato un onorevole 5° posto nella classe GT\Am e Dempsey è stato applauditissimo alla tradizionale parata dei piloti in centro a Le Mans il venerdì. Peccato che non abbia dimostrato di gradire molto tanta attenzione, rispondendo a monosillabi alle domande dello speaker e sottoponendosi sul palco alle foto con alcune fan adolescenti con la stessa espressione di chi sta per farsi curare una carie. Probabilmente il buon Patrick, quando è a Le Mans, vorrebbe essere considerato solo un pilota e godersi il suo week end di svago. Solo che siccome può permettersi questo hobby proprio per l’attenzione che riceve dal pubblico, un po’ di disponibilità e qualche sorriso in più non guasterebbero per il prossimo anno…

Quadri, naturalmente con soggetti automobilistici: ai mercatini ce n’erano di ogni dimensione, tema e stile pittorico. Il nostro artista preferito però era quello che durante il w-e di gara ha dipinto all’interno della hospitality Michelin, utilizzando come pennelli le ruote di automobiline radiocomandate. Più in tema di così…

Ritorno: quello di Porsche è stato la grande novità di questa edizione e si è visto molto, in pista dove il costruttore tedesco ha sfiorato l’impresa, e al paddock con due hospitality immense, ma anche negli spazi promozionali dedicati ai tifosi. Molto bella anche la retrospettiva di alcuni modelli storici Porsche che hanno fatto la storia di Le Mans. Per scriverne un’altra pagina però dovrà aspettare il prossimo anno.

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Il grande ritorno della Porsche a Le Mans ha portato il team tedesco ad avvicinare molto il pubblico intorno a questa impresa


Souvenir: i negozietti all’interno della pista sono decine, con oggetti davvero di ogni genere. Oltre ad articoli abbastanza consueti come modellini, libri, dvd, capi di abbigliamento e poster, abbiamo visto fermacarte con riprodotte le firme dei grandi campioni di oggi e di ieri, calamite da frigorifero e quattro porte di altrettante Ford GT40 autografate dai piloti che le avevano guidate in gara. Confessiamo che non abbiamo osato chiedere il prezzo…

Toyota: quest’anno pareva davvero l’anno buono per la squadra giapponese, che disponeva della vettura più veloce in pista, di una squadra ormai rodata e di equipaggi di alto livello, senza dimenticare i buoni presagi dati dalle vittorie ottenute nelle prime due tappe del WEC. Le Mans però rimane una gara imprevedibile, che può darti e toglierti tutto senza preavviso alcuno. Rimane un mistero del perché non abbia messo in pista una terza vettura, per avere maggiori possibilità e pareggiare anche numericamente le forze in campo rispetto ad Audi.

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L'Audi R18 e-tron quattro. Nonostante svariati inconvenienti è ancora lei la padrona di casa alla celeberrima endurance francese

 

Ubbidire agli ordini di scuderia: a Le Mans tocca anche questo a volte ai piloti delle squadre di punta, magari a costo di rinunciare a una vittoria che vale una carriera, perché alla Sarthe i piloti sono gli eroi, ma il risultato della squadra viene prima di tutto. Stavolta però non è stato necessario, perché l’Audi di Di Grassi-Duval-Kristensen giunta seconda era staccata di 3 giri. L’arrivo in parata quindi è stata solo un’illusione ottica buona per le foto ricordo e le pubblicità.

Vittoria: per i team ufficiali è l’unico risultato ammesso, al di là delle belle chiacchiere di circostanza che usano tutti in conferenza stampa. Parola di Allan Mcnish, con cui abbiamo avuto la fortuna di guardare un pezzo della gara. Come è facile immagine la pressione per i piloti è enorme, ci ha raccontato l’asso scozzese che a Le Mans ha vinto tre volte, ma non tanto quando si è in macchina («è il tuo ufficio, guidare è ciò per cui ti sei preparato e allenato a lungo, sai sempre quello che devi fare»), bensì per i piloti fermi ai box, che incrociano lo sguardo di tutti i membri della squadra leggendo nei loro occhi le aspettative del team.

Zeod RC: è il nome del prototipo ibrido con cui Nissan ha corso anche quest’anno a Le Mans, fuori classifica perché non conforme al regolamento, ma molto ambizioso sul piano tecnologico, essendo la prima auto in grado di coprire un giro di pista a Le Mans completamente in modalità elettrica, e toccando i 300 km/h... La vettura si è ritirata dopo soli 5 giri per un problema al cambio, ma l’anno prossimo il costruttore giapponese darà battaglia in LMP1 con una vettura che - promette - sarà quasi altrettanto rivoluzionaria. Nel frattempo la casa giapponese si è comunque vista moltissimo quest’anno a Le Mans, con una presenza massiccia di GT-R alla parata dei piloti (con la scusa delle motorizzazioni Nissan di alcuni prototipi LMP2), un’esibizione di GT-R e 370Z in pista il sabato e un grande stand nel “villaggio” dedicato al pubblico. Ma tutto questo era solo un gustoso antipasto in previsione della grande sfida del prossimo anno: l'attesa per l'edizione 2015 della corsa più importante del mondo è già cominciata, e non solo per Nissan.

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