25 anni di Forza Italia. Nel 1994 Agnelli disse «Berlusconi prenderà il 3%»

25 anni di Forza Italia. Nel 1994 Agnelli disse «Berlusconi prenderà il 3%»
Pubblicità
Daniele Pizzo
Invece andò diversamente per il Cavaliere, che dopo un quarto di secolo dalla “discesa in campo” riparte dalle elezioni europee e dal Monza, con l'obiettivo di portarlo in Serie A
18 gennaio 2019

Correva l'anno 1994 e l'avvocato Giovanni Agnelli, si narra, fece una previsione a Giorgio Napolitano, allora dirigente del PCI: «Berlusconi in politica? Prenderà il 3%». Non andò proprio così, perché il risultato delle urne del marzo di quell'anno decretò la vittoria a sorpresa e con ampio margine di Forza Italia, il partito politico che Silvio Berlusconi ha fondato esattamente 25 anni fa.

L'Italia di allora era stata travolta dalle inchieste “Mani Pulite” del pool di Milano, un giro di tangenti ai partiti da parte di imprenditori che quando fu scoperto provocò un vero e proprio terremoto nelle stanze del potere. Il processo più clamoroso fu quello contro Bettino Craxi, all'epoca segretario del PSI, che si risolse con la sua fuga in Tunisia per sfuggire all'arresto, ma nel mirino dei magistrati milanesi e in cella finirono anche numerosi esponenti dei partiti maggiori ed imprenditori molto conosciuti.

La prima volta da premier: nasce il Berlusconi I

Con lo scandalo battezzato dalla stampa “Tangentopoli”, i partiti che dal dopoguerra ad allora avevano governato l'Italia perdono rovinosamente il consenso dell'opinione pubblica, scandalizzata dalla scoperta di una corruzione diffusa attraverso inchieste che toccano quasi tutte le forze dell'arco costituzionale. Gli italiani esprimono a gran voce la loro voglia di rinnovamento e Silvio Berlusconi, amico personale di Craxi, che nei mesi precedenti aveva lavorato alla fondazione del suo movimento politico, sfrutta il vento della voglia di cambiamento e fonda a Roma il suo partito, che chiama Forza Italia. La data sull'atto di costituzione è quella del 18 gennaio 1994. Un quarto di secolo fa. 

Appena una settimana dopo, è il 26 gennaio, in un videomessaggio inviato a tutte le televisioni Silvio Berlusconi annuncia la sua ormai celebre “discesa in campo”. Forza Italia ha un approccio alla comunicazione molto diverso da quelli che erano i primi protocolli e quel discorso in TV ne rappresenta l'esempio più lampante.

Del resto Berlusconi ha dalla sua parte le sue TV commerciali: fu colui che spezzò il monopolio di Stato in ambito televisivo con i cosiddetti “decreti Berlusconi”, varati proprio dal Governo Craxi, che tra il 1984 ed il 1985 liberalizzarono le trasmissioni TV in ambito nazionale e crearono un regime provvisorio in attesa che la legge Mammì del 1990 eliminasse il monopolio dell'etere su tutto il territorio nazionale da parte della Rai.

Il suo movimento alle elezioni politiche del 26 e 27 marzo ottiene un risultato clamoroso considerando che è nato appena due mesi prima: prende il 21% delle preferenze e insieme agli alleati della Lega Nord e di Alleanza Nazionale, CCD e UDC sale al Colle e riceve l'investitura a premier da Oscar Luigi Scalfaro per dare vita al governo Berlusconi I che però durerà appena otto mesi per il venir meno del sostegno della Lega Nord già in dicembre. Il 22 novembre aveva ricevuto un avviso di garanzia proprio dal pool di Mani Pulite per concorso in corruzione, uno di una lunga serie. 

Berlusconi e la Fiat

Darà la fiducia al suo primo governo anche l'allora Senatore a vita Giovanni Agnelli (nominato nel 1991), il cui voto favorevole fu determinante (soli tre voti di scarto a Palazzo Madama), nonostante poco tempo prima avesse previsto come detto un flop del Cav. «La Fiat è filogovernativa per definizione», sosteneva del resto l'Avvocato con una battuta rimasta nella storia.

Con gli Agnelli e la Fiat Berlusconi ha avuto sempre rapporti altalenanti, spesso intervallati da uscite mal digerite a Torino: come nel 2002, quando in piena crisi del Lingotto disse: «Per la Fiat c'è molto da fare. E' stata condotta senza una fiducia nel futuro. Se avesse il management giusto potrebbe superare questa crisi passeggera... Se io fossi libero e non avessi questa responsabilità mi offrirei per prendere in mano la Fiat, me ne occuperei volentieri e saprei cosa fare». La sua ricetta era: «Avendo marchi come Alfa e Ferrari, casomai cancelliamo il nome Fiat; cambiamo anche, magari, con un restyling superficiale tutti modelli della Fiat, li facciamo uscire dagli uffici della Ferrari e li lanciamo nel mondo con un nome prestigioso come quello Ferrari. Una volta prodotte queste Fiat-Ferrari - continua Berlusconi - andiamo a venderne 50-100 mila in paesi che stanno chiedendo alla Fiat dei nuovi stabilimenti».

Berlusconi apprezzava molto Sergio Marchionne. Lo avrebbe voluto leader del centrodestra
Berlusconi apprezzava molto Sergio Marchionne. Lo avrebbe voluto leader del centrodestra

Sergio Marchionne però gli piaceva: «Per il centrodestra punto su Sergio Marchionne. Tra non molto gli scade il contratto negli Stati Uniti, e se ci pensate bene sarebbe l’ideale…», dichiarava nel luglio 2017. «E' il numero uno dei manager italiani», ha detto di Marchionne lo scorso anno quando ha saputo dell'aggravarsi delle sue condizioni, aggiungendo nel giorno della sua morte «Con Sergio Marchionne l'Italia perde non soltanto il più brillante dei suoi manager, ma una delle figure simbolo del nostro Paese. Ha rappresentato l'Italia migliore: quella operosa e concreta, seria e preparata, dotata di visione e capace di guardare al futuro». 

Calcio e motori: coincidenze di ieri e oggi

Sulle origini del suo primo successo elettorale si dibatte ancora. Di sicuro alla base della riuscita nei suoi primi passi in politica c'era un'immagine da uomo d'affari vincente e disinteressato: «è già troppo ricco, non ha bisogno di rubare come quelli di prima», sostenevano molti all'epoca della sua “discesa in campo”. 

A rafforzare l'appeal personale di Berlusconi contribuì in maniera determinante anche la stagione dei successi del Milan, acquistato nel 1986 e trasformato in breve tempo in una macchina da vittorie sotto la conduzione tecnica di Arrigo Sacchi, che proprio nel 1994 lascerà i rossoneri per accomodarsi sulla panchina della Nazionale, per poi tornare a Milanello nel 1996 dopo l'amara esperienza dei Mondiali USA '94 in cui l'Italia perderà la finale ai rigori col Brasile. Quelli del penalty finale sbagliato da Baggio, ma anche dei primi due buttati al vento dai milanisti Baresi e Massaro.

1997: Berlusconi premia il capitano del Milan Franco Baresi. Sulla maglia lo sponsor Opel, che supporterà i rossoneri dal 1994 al 2006
1997: Berlusconi premia il capitano del Milan Franco Baresi. Sulla maglia lo sponsor Opel, che supporterà i rossoneri dal 1994 al 2006

Anche la presa del nome “Forza Italia” su buona parte degli elettori del tempo si deve alle aspettative riposte nella Nazionale di calcio di Sacchi alla vigilia del Mondiale. Disgregata la Prima Repubblica a suon di processi, c'è voglia di ottimismo e, si sa, per l'italiano medio non c'è migliore cura per risollevare il morale che una vittoria della squadra del cuore, o meglio ancora degli Azzurri. Ma non andrà così.

Nel 1994 sulle maglie del Milan campeggia lo sponsor Opel, che all'epoca sponsorizzava alcuni tra i club più forti d'Europa (come Real Madrid e Paris Saint Germain) e che rimarrà legato alla squadra milanese fino al 2006. In quei dodici anni i rossoneri continueranno a fare incetta di trofei, guidati dalla panchina da Fabio Capello e poi Carlo Ancellotti: tre scudetti (1996, 1999, 2004), una Coppa dei Campioni, una Coppa Italia e una Supercoppa europea (2003), oltre ai due Palloni d'Oro di Weah (1995) e Shevchenko (2003).

Lasciata la conduzione del Milan dopo tre governi, decine di processi e battaglie politiche, oggi Silvio Berlusconi a 82 anni suonati riparte dalle elezioni europee del prossimo maggio e dal Monza calcio che, lasciato il Milan, ha acquistato poche settimane fa con l'obiettivo neanche troppo velato di portarlo nel calcio che conta. Grande campagna acquisti, trasformazione in Spa, capitale sociale decuplicato e uno sponsor ancora una volta automobilistico come Kia. Come negli anni '90, anche se stavolta i biancorossi stentano a decollare nel loro volo dalla serie C alla A mentre lui vuole ancora volare, stavolta a Bruxelles.

Argomenti

Pubblicità
Caricamento commenti...