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Audi alza il sipario su una nuova filosofia di design e, insieme, su una visione che va ben oltre la forma delle vetture. La chiamano “The Radical Next”, ed è la base su cui Massimo Frascella – Chief Creative Officer dal 2024 – intende rimodellare non solo lo stile, ma l’intera esperienza di marca. Una rivoluzione che parte dal linguaggio estetico e si estende a ogni livello organizzativo, con un obiettivo chiaro: restituire ad Audi una distintività forte e riconoscibile.
Frascella, arrivato a Ingolstadt dopo un lungo percorso tra Ford, Kia e Jaguar Land Rover, insiste su un concetto: ridurre all’essenziale. In un mondo sovraccarico, spesso eccessivo, la nuova Audi deve distinguersi per purezza di forme, proporzioni nette, un equilibrio fra emozione e razionalità. "La radicale semplicità è al centro del nostro approccio", spiega il designer, "raggiungiamo la purezza riducendo tutto all’essenziale". Non un minimalismo fine a sé stesso, ma una scelta di coraggio: non gridare per farsi ascoltare, ma puntare sull’essenzialità.
La tecnologia resta un pilastro della marca – quel “Vorsprung durch Technik” che ha segnato la storia Audi dagli anni Ottanta – ma oggi cambia ruolo. Non più protagonista ostentata, bensì compagna silenziosa, capace di integrarsi nell’esperienza del cliente senza diventare invasiva. Per Frascella la vera sfida è questa: coniugare razionale e irrazionale, tecnicità ed emozione, in un’armonia che renda unico “sentirsi Audi”.
La prima concretizzazione della nuova filosofia è l’Audi Concept C, presentata come un manifesto stilistico. Linee scultoree, superfici tese, assenza di distrazioni: un design che vuole trasmettere solidità e chiarezza. "È distintamente Audi", afferma Frascella, "la più pura espressione dell’identità del marchio". Ma, come spesso accade, l’oggetto – l’auto – finisce per essere solo parte di un discorso più ampio.
Alla presentazione, il CEO Gernot Döllner ha fatto qualcosa di inusuale: ha ammesso che alcune scelte recenti del marchio non hanno funzionato. Non ha cercato scuse né colpevoli. Ha semplicemente riconosciuto la necessità di fare meglio. Un gesto raro nell’industria automobilistica, dove il dubbio è visto come incertezza e l’autocritica come debolezza. In realtà, è proprio il contrario: la capacità di rimettersi in discussione è il segno di una leadership autentica.
Ammettere un errore non significa piegarsi, ma rialzarsi con una visione più ampia. In un mondo che idolatra il cambiamento incessante, il vero coraggio è fermarsi e riconoscere la strada sbagliata. Non un’inversione a U, ma la sola via per non perdersi del tutto.